Lega presenta legge anti-maranza: non devono diventare ‘italiani’
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# La Legge Anti-Maranza della Lega: Un Primo Passo Drammatico Contro l’Invincibile Invasione – Ma Basta Mezze Misure, Azzeriamo Ricongiungimenti e Torniamo allo Ius Sanguinis per Salvare l’Italia!
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Immaginate un’Italia dove i figli di immigrati, nati e cresciuti qui con i nostri soldi, i nostri insegnanti e i nostri sussidi, non si sentono italiani ma lo sono sulla carta: si proclamano “maranza”, comandano quartieri con pugni e coltelli, umiliano maestri in video virali e ridono della nostra legge, perché sanno che il passaporto italiano è un regalo che non devono meritare. È questo l’incubo che la Lega sta cercando di spezzare con la sua proposta di legge “anti-maranza”, depositata in Parlamento da Jacopo Morrone e Silvia Sardone: un disegno che impone requisiti ferrei per la cittadinanza, raddoppiando i tempi di residenza, esigendo test di lingua B1 e conoscenza delle norme italiane, e revocandola senza pietà per chi delinque con pene superiori ai cinque anni o per violenze di genere. “La cittadinanza non si regala, si deve meritare”, tuona Morrone, e ha ragione: in un Paese dove un 24enne come “Don Alì” molesta le bambine di tre anni senza che lo Stato muova un dito, questa legge è un grido di allarme. Ma è solo l’inizio: per fermare la marea di seconde generazioni che ci sta colonizzando dall’interno, dobbiamo andare oltre, azzerare i ricongiungimenti familiari e tornare puro allo ius sanguinis, prima che l’Italia diventi un califfato di branchi minorenni.
Ci si chiede perché il governo non faccia propria questa proposta con un decreto legge.
La legge deve rispondere ad un quadro apocalittico, e non esageriamo: la proposta leghista modifica la legge 91/1992 sulla cittadinanza e il Testo Unico sull’Immigrazione, estendendo i periodi di residenza legale per i minori da due a quattro anni, per gli adulti con ascendenze italiane da due a quattro, e arrivando a dieci anni per i nati in Italia o apolidi – un muro che dovrebbe scoraggiare chi arriva non per contribuire, ma per sfruttare. Sardone lo spiega con crudezza: “Anche in un cantiere, un lavoratore che non conosce l’italiano non può leggere le regole di sicurezza – dunque, se non sai la lingua, non puoi diventare cittadino”. E sulla revoca, il colpo di grazia: basta con i cinque o dieci anni di attesa; ora, anche senza un’altra cittadinanza, via l’italiana per chi finisce in galera per terrorismo, violenza o reati gravi, in soli due anni. È un messaggio inequivocabile: l’Italia non è un hotel per delinquenti globali. Ma il dramma è che questa è solo una toppa su una ferita aperta da decenni: mentre la Lega combatte per rendere la cittadinanza “meritata”, i ricongiungimenti familiari continuano a importare interi clan – madri, figli, zii – che generano generazioni di non integrati, pronti a sovvertire le nostre regole come “Don Alì” a Torino, che umilia un maestro e la sua bimba in un video da gogna, o i maranza di Milano che comandano con il sangue e i like su TikTok.
Pensateci: dal 1992, la legge 91 ha aperto le porte a un ius soli temperato che premia chi resta, ma senza filtri veri, ha creato mostri. Un immigrato irregolare sbarcato a Lampedusa ottiene un permesso umanitario, poi ricongiunge la famiglia – moglie, tre figli, i genitori – e in dieci anni ha un piccolo esercito di “italiani” sulla carta, ma fedeli a codici di violenza importati. Risultato? Branchi di seconde generazioni che alle 5 del mattino picchiano un 29enne a Civitanova, o che a Modena palpeggiano bambine di 11 anni in un negozietto etnico, o che a Torino accusano maestri di pedofilia per un video virale. La Lega ha ragione a irrigidire i requisiti – raddoppiare i tempi per i minori, imporre test linguistici e civici per i nati qui – e a revocare la cittadinanza per i criminali, eliminando il cavillo che blocca l’espulsione se non c’è un altro passaporto. “Oggi non importa più nulla: anche se non hai un’altra cittadinanza, ti revochiamo lo stesso quella italiana”, dice Morrone, e è musica per le orecchie di chi vede l’Italia dissanguarsi.
Per quanto riguarda il testo unico per l’immigrazione è prevista una stretta sulla disciplina dei ricongiungimenti, «escludendo, si legge nella testo – persone che nella loro vita attiva non hanno contribuito al progresso della comunità nazionale italiana e che, ragionevolmente, possono costituire in termini di prestazioni sociali assai più un onere che non un sostegno per la nostra collettività». Aumentato di tre volte anche l’importo minimo di reddito annuo per il ricongiungimento e ampliato l’obbligo di un’assicurazione sanitaria per ogni familiare da ricongiungere.
Ma è solo l’inizio: questa proposta deve essere il trampolino per un cambiamento radicale, perché senza azzerare i ricongiungimenti familiari – quella macchina infernale che ha moltiplicato i Don Alì e i maranza – e tornando allo ius sanguinis, dove la cittadinanza si eredita dal sangue italiano e non si regala a chi resta per vent’anni – non salveremo un bel niente.
Il dramma è palpabile: mentre Forza Italia flirta con l’ius scholae – quella follia che darebbe la cittadinanza dopo pochi anni di scuola, premiando chi arriva bambino e cresce come un maranza – la Lega combatte da sola contro un sistema che ha fallito il referendum sulla cittadinanza di giugno 2025, lasciando milioni di seconde generazioni a comandare i nostri quartieri. Immaginate: un ragazzo nato da genitori tunisini ricongiunti negli anni ’90, cresciuto a pane e welfare italiano, che oggi guida un branco e umilia un maestro per like. O le bambine di Modena toccate da un bangladese “umanitario”, o la 16enne di Anzio perseguitata per un mese da un marocchino libero con permesso scaduto. Questi non sono “casi”: sono l’Italia di oggi, un Paese dove i figli degli immigrati non si sentono ospiti, ma padroni, e lo dimostrano con pugni, coltelli e video di gogna. La proposta leghista è un baluardo: test B1 per chi nasce qui e resta fino a 18 anni, revoca in due anni per chi delinque, triplicare il reddito minimo per i ricongiungimenti nell’immigrazione – misure che urlano “merito”, non “regalo”. Ma senza abrogare i ricongiungimenti – quella norma del 1998 che ha creato i ghetti e i maranza – e senza tornare allo ius sanguinis puro, dove solo il sangue italiano genera italiani, questa legge resterà un cerotto su un’amputazione.
L’Italia è sull’orlo del baratro: da Torino a Modena, da Anzio a Civitanova, le seconde generazioni – figlie di ricongiungimenti familiari incontrollati – non integrano, dominano. Comandano con video di sangue, accusano innocenti di pedofilia, picchiano per un “sguardo”, palpeggiano bambine per “curiosità”. E lo Stato? Li protegge con “nato qui”, con processi lenti, con permessi rinnovati. La Lega ha il coraggio di dire “basta”: cittadinanza meritata, revocata per i criminali, integrazione vera o via. Ma per salvare l’Italia dobbiamo fare di più: abrogare i ricongiungimenti familiari, quella trappola che ha importato clan interi senza filtri, creando generazioni che odiano chi li ha accolti. Torniamo allo ius sanguinis puro: la cittadinanza è sangue italiano, eredità di avi che hanno costruito questa Nazione, non un premio per chi resta vent’anni a rubare il nostro futuro. Solo così fermeremo i Don Alì, i maranza, i palpeggiatori: rimandiamoli dalle famiglie che li hanno generati, con i genitori al seguito, su aerei one-way. Altrimenti, l’Italia non sarà più nostra: sarà un suk di pugni e video, dove i nostri figli nasceranno stranieri in casa propria. La Lega ha iniziato: ora completiamo l’opera, o il prossimo video virale sarà il funerale della nostra identità.
(Parole: 812)



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