Pestato da 8 nordafricani perché italiano: ragazzo massacrato all’alba

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By V novembre 20, 2025 19:06

Pestato da 8 nordafricani perché italiano: ragazzo massacrato all’alba

# Civitanova, alba di sangue in pieno centro: branco di 7-8 nordafricani di seconda generazione massacra a pugni un 29enne italiano – e svanisce come fumo

Ore 5.45, Civitanova Marche.
Il cielo è ancora nero, le serrande dei negozi abbassate, l’aria fredda di novembre.
Un ragazzo italiano di 29 anni cammina tranquillo in via Zara, a pochi metri da corso Umberto I, il cuore commerciale della città.
Forse torna da un turno di notte, forse va a prendere il caffè prima di aprire il negozio, forse semplicemente rientra a casa.
È solo.

Arriva il branco.
Sette, otto figure.
Magri, felpe nere, cappucci, grugniti in arabo.
Non sono appena sbarcati.
Sono nati qui.
Sono cresciuti qui.
Sono la seconda generazione che l’Italia ha fabbricato con le sue stesse mani: figli di immigrati maghrebini arrivati vent’anni fa, accolti, regolarizzati, ricongiunti familiari su familiari, mantenuti, scolarizzati, dotati di documenti italiani.
Hanno 18-20 anni, parlano italiano meglio dell’arabo, ma pensano come se fossero ancora a Tunisi, Casablanca o Rabat. Perché è il sangue l’unica cosa che conta, non un documento.

Lo circondano.
Lo insultano.
Poi lo massacrano.
Pugni in faccia, calci, una raffica di colpi che lo manda a terra in pochi secondi.
Quando qualcuno, svegliato dalle urla, chiama il 112, loro sono già spariti, dissolti nei vicoli che conoscono meglio di qualunque italiano del posto.
Il 29enne resta lì, con il volto spaccato, sangue sul marciapiede, il telefono distrutto.
Le forze dell’ordine arrivano, trovano solo le tracce del branco.
Nessun arresto.
Nessun nome.
Solo un referto medico e una città che si sveglia con la paura in corpo.

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Non è la prima volta.
Non sarà l’ultima.
Civitanova non è un caso isolato: è il laboratorio di quello che sta accadendo in tutta Italia, da nord a sud.
La seconda generazione nordafricana, quella che avrebbe dovuto essere “l’integrazione riuscita”, è la minaccia più feroce che abbiamo in casa.
Nati qui grazie ai ricongiungimenti familiari concessi a raffica, cresciuti con i nostri contributi, le nostre scuole, i nostri campi sportivi, hanno imparato una sola lezione: l’italiano è debole, si può colpire, si può umiliare, si può derubare.
E lo Stato, invece di difendere i propri figli, li protegge:
“è minorenne”,
“è nato qui”,
“ha il permesso del genitore”,
“non si può espellere”.
Risultato: alle 5.45 del mattino, quando gli italiani onesti vanno al lavoro, loro escono a picchiare italiani.
E se li prendono, tornano fuori in poche ore.

Questa non è delinquenza giovanile.
È colonizzazione.
È la sostituzione etnica armata di pugni e coltelli.
È la generazione che noi stessi abbiamo allevato con il veleno dei ricongiungimenti familiari, quella norma assurda che permette a un clandestino sbarcato ieri di portare qui moglie, figli, fratelli, cugini, zii, e creare interi quartieri dove la legge italiana non entra più.
Sono loro che comandano dopo le 20, loro che decidono chi può camminare in centro, loro che trasformano corso Umberto I in un suk dove un italiano da solo è una preda.

E domani non sarà più un 29enne con il volto spaccato.
Sarà tuo figlio che torna dalla discoteca.
Tua figlia che va a prendere il caffè.
Tuo padre che porta a spasso il cane all’alba.

La seconda generazione nordafricana non è il futuro dell’Italia.
È la sua condanna a morte, se non reagiamo subito e con la forza che serve.

Per questo dobbiamo abrogare immediatamente i ricongiungimenti familiari, quella norma criminale che ha creato questa generazione di predatori.
Non un solo altro padre marocchino, tunisino, algerino deve poter portare qui un altro figlio che domani spaccherà la faccia a un italiano.
Revoca di ogni permesso concesso tramite ricongiungimento, espulsione dell’intero nucleo familiare al primo reato grave commesso da chiunque ne faccia parte, blocco totale di ogni nuova richiesta.
Perché non è più una questione di “integrazione mancata”: è una questione di sopravvivenza.
Civitanova non è più una città italiana all’alba.
È un territorio occupato da chi noi stessi abbiamo allevato.
E se non fermeremo i ricongiungimenti familiari oggi, tra dieci anni non ci sarà più un corso Umberto I dove un italiano possa camminare senza guardarsi le spalle.
Il sangue di via Zara è l’ultimo avvertimento.
Dopo non ci sarà più tempo per piangere.
Ci sarà solo da combattere.
O da sparire.

Pestato da 8 nordafricani perché italiano: ragazzo massacrato all’alba ultima modifica: 2025-11-20T19:06:19+00:00 da V
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By V novembre 20, 2025 19:06
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