Gambiano confessa: “L’ho vista e ho deciso di stuprarla”
Related Articles
VERIFICA NOTIZIA
Lei urla, lotta, un passante la soccorre; lui fugge, ma i Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile lo stanano nascosto nel cassettone del letto a casa sua, con i vestiti ancora macchiati della violenza, fingendo di non esserci.
Arrestato per violenza sessuale aggravata e lesioni personali aggravate, confessa tra le lacrime davanti al giudice: “Ho avuto un impulso, non dovevo farlo”.
Prognosi di 20 giorni per la vittima al Sant’Antonio Abate, trauma cranico e psicologico che la segnerà per sempre; lui, meccanico “rispettabile”, con moglie italiana e tre figli “italiani”, aveva un unico precedente – detenzione di droga lieve e resistenza nel 2020, pena sospesa – e ora ammette tutto, “non sa spiegare cosa lo abbia preso”.
L’articolo su *Malpensa News* del 24 novembre 2025 lo inchioda senza pietà: il gambiano, in Italia da 11 anni, “quasi integrato”, meccanico con famiglia italiana, confessa al PM e al giudice, assistito dall’avvocato Camillo Ferioli: “Non ha minimizzato, è apparso a pezzi”.
Ma “a pezzi” è la vittima: trascinata dietro siepi, malmenata fino al sangue, stuprata in un parcheggio a due passi dal centro – zona affollata di giorno, deserta all’alba, perfetta per un predatore subsahariano che sa di agire indisturbato.
Telecamere e testimoni ricostruiscono: la colpisce, la trascina, la violenta, fugge con il telefono della donna (trovato vicino a casa sua).
Il fermo convalidato, ma lui resta in carcere – per ora – mentre la donna lotta per riprendersi una vita normale.
L’avvocato ammette: “È pronto ad accettare le conseguenze”.
Ma le conseguenze le paga lei, l’italiana di 53 anni che voleva solo lavorare.
Questo non è un “impulso”: è l’odio importato, il veleno cronico dell’immigrazione africana regolare che genera mostri “integrati”.
Undici anni in Italia, moglie italiana, tre figli nati qui – l’immagine perfetta del “migrante modello” – e stupra lo stesso.
Un precedente minore di droga e resistenza nel 2020, pena sospesa, nessuna espulsione: se lo avessimo rimpatriato allora, quella donna camminerebbe ancora serena.
Invece è l’ennesimo: da Gallarate a Caivano, da Anzio a Modena, immigrati “integrati” con famiglie italiane che palpeggiano bambine di 11 anni, perseguitano ex mogli, violentano donne al lavoro.
L’integrazione è una menzogna: puoi dare lavoro, casa, figli, cittadinanza – ma non cambierai un’anima forgiata in culture dove la donna è preda e la violenza è norma.
Questo gambiano non è un’eccezione: è la regola, il prodotto di permessi umanitari e ricongiungimenti familiari che importano clan interi, creando generazioni di “italiani” che odiano le nostre donne.
Basta con questa follia suicida! Azzeriamo l’immigrazione regolare extraeuropea: stop totale a permessi umanitari per gambiani, nigeriani, senegalesi; revoca immediata per chi ha precedenti, anche “lievi”; blocco dei ricongiungimenti familiari che moltiplicano il terrore. Espulsione al primo reato minore: droga, resistenza, molestie – aereo one-way, senza se e senza ma. Torniamo allo ius sanguinis puro: cittadinanza solo per sangue italiano, non per “tempo passato” o figli nati qui da stupratori. Gallarate non è un caso: è l’avvertimento. La donna di 53 anni non è una vittima anonima: è tua madre, tua sorella, tua moglie. Chiudiamo le frontiere all’integrazione falsa, o le nostre albe diventeranno eterni incubi di sangue africano!
Stupro Gallarate, il fermato ‘integrato’: «Sposato con un’italiana, hanno tre figli»



Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment