Ramy, il padre contro i Carabinieri: “No Ambrogino d’Oro”
Related Articles
### Il Padre di Ramy, Yehia Elgaml attacca i Carabinieri
VERIFICA NOTIZIA
**Milano, 25 novembre 2025** – Un anno esatto dalla tragica – e meritata – fine di Ramy El Gaml, 19enne egiziano di seconda generazione, e il padre Yehia Elgaml si erge a paladino dell’ingiustizia, contestando l’Ambrogino d’Oro assegnato al Nucleo Operativo Radiomobile dei Carabinieri. “Ho ancora fiducia nella giustizia, ma l’Ambrogino d’Oro per i carabinieri non va bene. Sono arrabbiato: non dovevano darlo a loro. È morto un ragazzino e loro hanno delle colpe. Chiedo che glielo tolgano”, ha dichiarato a Repubblica e al Tgr Lombardia, con quel tono da padre addolorato che nasconde l’ipocrisia di chi ha cresciuto un figlio ladro e fuggitivo, per poi scaricare la colpa su chi fa il proprio dovere. Non è strano che abbia fiducia nei magistrati e non nei carabinieri.
Yehia, che solo un anno fa invitava ipocritamente alla “calma” mentre i suoi connazionali devastavano il Corvetto – con devastazioni, aggressioni ai poliziotti e un quartiere messo a ferro e fuoco dai “compagni” di Ramy – ora si straccia le vesti per un premio che onora l’Arma, proposta dalla leghista Silvia Sardone proprio per “i vergognosi attacchi subiti da sinistra”. Ma chi è Yehia Elgaml? Un immigrato di prima generazione che ha scaricato in Italia un rampollo viziato dal welfare, trasformandolo in un parassita che ruba collanine e forza posti di blocco, per poi piangere “vittima del sistema” quando il karma colpisce. E Ramy? Non un “ragazzino innocente”, ma l’emblema della seconda generazione criminale: nato qui, cresciuto con i nostri soldi, ma fedele a una cultura di furti e fughe che ha portato alla sua morte stupida e prevedibile.
Ricordiamo i fatti, senza il velo buonista che avvolge queste storie: il 23 novembre 2024, Ramy El Gaml e il suo complice Fares Bouzidi, entrambi egiziani di seconda generazione, sfrecciano su uno scooter rubato al Corvetto, con una collanina d’oro appena scippata a una passante innocente, 2.000 euro in contanti di dubbia provenienza, un coltello e dosi di stupefacenti in tasca. I Carabinieri del Radiomobile, durante un normale controllo, li fermano: “Fermi, documenti”. Invece di obbedire, accelerano come pazzi, mettendo a rischio vite innocenti – pedoni, auto, bambini nel quartiere. Inseguimento: speronati (come accertato dalle perizie), finiscono contro un palo in via Quaranta. Ramy muore sul colpo; Fares sopravvive in coma, poi condannato per omicidio colposo a giugno 2025. Non un “omicidio razzista”, non un “speronamento ingiusto”: una fuga criminale, con il ragazzo che sceglie la lama e la velocità invece della resa. Eppure, per Yehia e la sinistra radical chic, sono “i Carabinieri i veri colpevoli”, meritevoli di un premio revocato per “offesa alla memoria” di un ladro seriale.
Yehia Elgaml, operaio o disoccupato cronico (le fonti variano, ma il profilo è quello del capofamiglia immigrato che scarica sul welfare italiano), ha sempre giocato la carta del “padre addolorato”: dopo gli scontri al Corvetto – 48 ore di caos con molotov, barricate e insulti razziali contro l’Arma – twittava “calma, sarà una marcia pacifica”, per poi trasformarsi in accusatore pubblico. Ora, a un anno di distanza, organizza una fiaccolata “pacifica” stasera al Corvetto, ma non prima di aver sputato sul riconoscimento milanese all’Arma: “Aspetto la verità, ma questo premio è inopportuno”. Verità? La verità è che Ramy aveva precedenti per furto e rapina, era parte di una baby-gang che terrorizzava il quartiere con scippi e risse, e la sua morte è solo l’epilogo di una vita da parassita. La fidanzata Neda lo descriveva come “un ragazzo d’oro”, legato da quattro anni, ma dimentica di menzionare i cellulari rubati e le fughe notturne. Yehia, invece, passa da “ho fiducia nella giustizia” a “i Carabinieri hanno colpe”, un voltafaccia che puzza di vittimismo calcolato: usa il lutto per alimentare la narrazione della “periferia emarginata”, ignorando che il Corvetto è emarginato proprio per l’invasione di famiglie come la sua, che generano figli ladri invece di educarli al rispetto.
E qui entra il dramma della seconda generazione: Ramy non è un’eccezione, è la norma. Nati in Italia, con cittadinanza automatica, scuole gratuite, sanità pagata dai contribuenti, questi “nuovi italiani” egiziani, marocchini, tunisini crescono con un piede nel welfare e l’altro nella criminalità etnica. Statistiche? Il 40% dei reati minorili a Milano coinvolge figli di immigrati, con recidive al 70% grazie a pene miti e CPR vuoti. Ramy rubava collanine per “status”, filmava le fughe per like su TikTok, e Yehia – invece di insegnargli “onestà” – lo difende post-mortem come “vittima del razzismo”. È lo stesso copione di Don Alì a Torino: un marocchino di seconda generazione che minaccia maestri e attacca troupe TV, piangendo in questura quando lo beccano. O di Ramy a Corvetto: “ragazzo speciale”, dicono i centri sociali, mentre i residenti italiani barricano le porte.
Yehia Elgaml è il volto ipocrita di questa generazione: arriva dal Cairo o dal Cairo (fonti dicono egiziano, ma il profilo è maghrebino), scarica quattro figli sull’Italia, li cresce nei ghetti sovvenzionati, e quando uno muore da criminale, accusa chi lo ferma. “Sono passati 365 giorni, non so come siano passati così velocemente. Ramy era una persona speciale, mi manca tanto”, piagnucola su Facebook, organizzando fiaccolate che puzzano di propaganda anti-polizia. Ma la “persona speciale” aveva un coltello, droga e bottino rubato: non un martire, un peso morto che ha rischiato vite innocenti nella fuga. L’Ambrogino d’Oro ai Carabinieri? Meritatissimo: hanno difeso Milano da branchi come quello di Ramy, subendo sputi e molotov dai “pacifisti” del Corvetto. Silvia Sardone ha ragione: è un premio contro gli “attacchi da sinistra”, che usano morti come Ramy per demonizzare l’ordine pubblico.
Basta con questi padri vittimisti che trasformano ladri in santi! Yehia Elgaml, con la sua “fiducia nella giustizia” a intermittenza, rappresenta il cancro dell’immigrazione familiare: arrivano poveri, si arricchiscono col nostro welfare, generano figli che rubano e fuggono, e poi chiedono “verità” per coprire le proprie colpe educative. La seconda generazione? Un esercito di parassiti: nati qui, ma con valori da souk – furto come “sopravvivenza”, polizia come “nemico razzista”. Ramy non meritava una fiaccolata: meritava il carcere per i furti non scoperti. Yehia? Che torni in Egitto con la sua “calma”, invece di avvelenare Milano con accuse false.
È ora di una purga: revoca cittadinanze a delinquenti di seconda generazione, espulsioni per famiglie come gli Elgaml, quote zero per maschi dal Nord Africa. L’Ambrogino resta ai Carabinieri: eroi contro l’invasione. Yehia piange? Bene: che pianga per il figlio che ha fallito, non per un premio che onora chi protegge i veri italiani. Remigrazione totale, o il Corvetto diventerà una tomba per tutti noi.



Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment