Prima la stupra e poi si offre di pagare la vittima

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By V novembre 26, 2025 23:25

Prima la stupra e poi si offre di pagare la vittima

### Gallarate, lo Stupratore Gambiano “Pentito” Offre Soldi alla Vittima: “Voglio Risarcirla” – Come se 20 Giorni di Trauma e un Orecchio Spaccato Si Potessero Comprare con le Elemosine dello Stato!

**Gallarate (Varese), 26 novembre 2025** – “Voglio risarcire la vittima”.
Queste sono le parole – fredde, calcolate, ipocrite – che il 35enne gambiano accusato di aver stuprato una donna italiana di 53 anni ha osato pronunciare davanti al gip Gianmarco Cantalini, durante l’interrogatorio di convalida al Tribunale di Busto Arsizio. Come se una violenza brutale, consumata all’alba in via Pegoraro mentre la poveretta andava al lavoro – trascinata in un’aiuola, picchiata fino a spaccarle l’orecchio, abusata senza pietà – potesse essere cancellata con un assegno, magari pagato con i sussidi statali che lo hanno mantenuto per 11 anni in Italia! È uno schiaffo morale, un insulto alle donne italiane che pagano il prezzo di un’immigrazione selvaggia: questo parassita.

“Mi vergogno, non so cosa mi sia scattato dentro” – ma poi tira fuori i soldi come se fosse un incidente d’auto, non un abominio che ha lasciato la vittima con 20 giorni di prognosi, orecchio lacerato e un trauma che durerà una vita. “Tutto ciò che possiede sarà messo a disposizione per riparare il danno”, blatera il suo avvocato, ma è una farsa: chi gli ha dato il diritto di calpestare la dignità di una madre, una lavoratrice onesta, solo perché era “sola per strada”?

Ricostruiamo l’orrore, passo per passo, con i dettagli emersi dalle indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Gallarate, coordinate dal pm Roberto Bonfanti: all’alba del 21 novembre, ore 5:30, una 53enne italiana – madre di famiglia, forse infermiera o operaia, che sgobba ogni giorno per mantenere i suoi – cammina tranquilla in via Pegoraro, all’incrocio con via Calabria, diretta al lavoro come migliaia di donne lombarde. Dall’ombra di un giardino sbuca lui, il gambiano 35enne – alto, robusto, con precedenti per droga che la cronaca minimizza come “piccoli” – e la assale alle spalle: un pugno violento la stende, poi la trascina dietro una siepe come una preda da macello. Lì, in pieno quartiere residenziale, la violenta con ferocia animalesca: pugni per zittirla, abusi che le spaccano l’orecchio, minacce per farla tacere. Lei urla, lotta, ma lui è più forte – 11 anni in Italia non gli hanno insegnato rispetto, solo astuzia da predatore urbano. Finito l’atto, le ruba il cellulare e fugge a piedi, ripreso dalle telecamere come un fantasma con felpa e pantaloni larghi. Un passante eroico – un gallaratese qualunque, non un “eroe” da titoli – sente le grida, chiama il 112 e indica la via di fuga: i carabinieri, in sole otto ore, lo rintracciano a casa sua, nascosto nel cassone del letto con gli stessi vestiti sporchi di lotta. Confessione immediata in caserma: “Ho sbagliato, voglio pagare”. Pagare? Con cosa, i 500 euro mensili di sussidio che lo Stato gli regala mentre le italiane come la vittima pagano le tasse per mantenerlo?

L’interrogatorio davanti al gip è un circo dell’ipocrisia: il gambiano, senza opposizione, ripete la litania del pentimento – “Mi vergogno, non so perché l’ho fatto” – e l’avvocato Ferioli anticipa il “lavoro sul fronte risarcitorio”. Il giudice convalida il fermo per violenza sessuale aggravata e lesioni, ma lo spedisce in carcere “almeno per ora” – eufemismo per dire che tra patteggiamenti e attenuanti “culturali”, tra un anno sarà di nuovo fuori, pronto a “risarcire” un’altra vittima. La donna? Ricoverata al Sant’Antonio Abate con 20 giorni di prognosi: orecchio spaccato, traumi fisici, ma il vero danno è nell’anima – notti insonni, paura di uscire sola, un marchio che nessuna cifra cancellerà. Il suo “eroe”, il passante che l’ha soccorsa, liquida modestamente: “Ho fatto quello che avrebbero fatto tutti”. Tutti? No, solo un italiano con sangue nelle vene, mentre i buonisti difendono i “poveri migranti” come questo gambiano, “integrato” da 11 anni ma fedele a una cultura che vede la donna bianca come preda gratuita.

Gallarate, perla varesina con i suoi 50mila abitanti e le sue fabbriche storiche, non merita questo schifo importato. Il gambiano – sposato con un’italiana? VoxNews lo inchioda: sì, “integrato” al punto da avere tre figli misti, un permesso regolare che lo rende “cittadino modello” mentre stupra per strada. Il sindaco Andrea Cassani (Lega) non ha peli sulla lingua: “Tutti lo avevano capito: non è venuto per pagarci le pensioni o fuggire dalla guerra, ma per farsi mantenere e stuprare una donna che potrebbe essere nostra madre o moglie”. E ha ragione: questo non è “un episodio isolato”, è l’ennesimo stupro da immigrato “integrato”, con Varese che registra +30% violenze sessuali da stranieri nel 2025 (dati provinciali), recidive al 40% grazie a pene miti e “risarcimenti” come scuse. Ricordate il tunisino di Padova che tenta di rapire una bimba di 1 anno? Foglio di via e liberi. O il branco di Tor Tre Teste: tre arrestati, due fuggiti. Qui, il gambiano confessa e offre soldi – come se 20 giorni di dolore si comprassero con elemosine!

Basta con questa farsa! Il “risarcimento” è un insulto: la vittima non vuole soldi, vuole sicurezza! Governo, agite: quote zero maschi africani e islamici, CPR pieni per predatori, remigrazione totale. Gallarate trema di rabbia: la 53enne va al lavoro ogni giorno, non per essere stuprata da un “integrato” che poi offre soldi in cambio della dignità. L’Italia si riprende la sua dignità, o finirà comprata dai carnefici!

Prima la stupra e poi si offre di pagare la vittima ultima modifica: 2025-11-26T23:25:55+00:00 da V
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