Premier Giappone non firma decreti flussi: “Meglio popolazione diminuisca che importare immigrati”
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### Il Giappone di Sanae Takaichi dà una lezione all’Italia di Giorgia Meloni
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Mentre in Italia il governo Meloni continua ad aprire le porte a centinaia di migliaia di immigrati economici attraverso i “decreti flussi” – 500mila ingressi nel 2025-28, record assoluto – il nuovo Primo Ministro giapponese Sanae Takaichi sta facendo esattamente l’opposto: chiudere le frontiere a chi non serve davvero e dire con chiarezza che preferisce una popolazione che diminuisce naturalmente piuttosto che un Paese snaturato da immigrazione di massa poco qualificata.
Il contrasto non potrebbe essere più netto.
Da una parte Giorgia Meloni, che nel 2022 tuonava contro “l’invasione” e prometteva il blocco navale e lo stop all’immigrazione africana e islamica, oggi firma decreti che portano in Italia più lavoratori stranieri non qualificati che in qualunque altro momento della storia repubblicana. Badanti, braccianti, operai generici: 500.000 posti riservati a chi arriva con contratti stagionali o pluriennali, spesso senza alcuna verifica reale di competenze linguistiche o integrazione possibile. Il risultato? Città sempre più divise, quartieri ghettizzati, pressione insostenibile su servizi pubblici e un mercato del lavoro che vede gli italiani giovani esclusi perché “costa troppo” rispetto a un immigrato pagato in nero o sottopagato.
Dall’altra parte Sanae Takaichi, prima donna alla guida del Giappone, che senza giri di parole ha dichiarato: la cultura giapponese vale più della crescita demografica. Meglio una popolazione che cala lentamente (il Giappone perde circa 500.000 abitanti l’anno) che un Paese stravolto da chi non conosce la lingua, non rispetta le regole e non ha alcuna intenzione di assimilarsi. Takaichi sta alzando le tasse sui rinnovi dei permessi di soggiorno, imponendo test di lingua rigorosi, limitando gli acquisti immobiliari da parte di stranieri e spingendo su natalità e automazione invece che su importazione di manodopera a basso costo.
Il Giappone ha un tasso di criminalità tra i più bassi al mondo, una coesione sociale invidiabile e un’identità nazionale ancora intatta. L’Italia, al contrario, è diventata il laboratorio europeo dell’immigrazione incontrollata: milioni di domande di protezione internazionale dal 2014 a oggi, decine di migliaia di sbarchi ogni mese, e ora anche i decreti flussi che trasformano l’immigrazione clandestina in regolare “a posteriori”.
Meloni aveva promesso di essere la “donna del confine”. Invece è diventata la donna del record. Record di ingressi regolari, record di permessi per motivi umanitari, record di retorica muscolare accompagnata da politiche opposte.
Il Giappone dimostra che un’altra strada è possibile: dire no all’immigrazione di massa, investire sui propri cittadini, difendere la propria identità anche a costo di crescere meno in termini numerici. Takaichi non ha paura di essere chiamata “xenofoba” dai salotti europei: sa che il primo dovere di un leader è verso il proprio popolo, non verso i flussi globali.
L’Italia dovrebbe avere il coraggio di fare lo stesso: azzerare i decreti flussi per i lavori poco qualificati, reintrodurre controlli rigidi, incentivare davvero la natalità (non con bonus simbolici ma con politiche strutturali), e smetterla di trattare l’immigrazione come l’unica soluzione a problemi che abbiamo creato noi stessi con decenni di denatalità e mancata programmazione.
Fino a quando continueremo a importare manodopera invece di far nascere e formare i nostri figli, saremo sempre più poveri, meno italiani e meno sicuri.
Sanae Takaichi ha scelto. Giorgia Meloni, per ora, ha scelto l’opposto.
È ora di cambiare rotta. Prima che sia troppo tardi.



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