Tre donne stuprate da cinque immigrati: mattanza multiculturale

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By V dicembre 6, 2025 16:51

Tre donne stuprate da cinque immigrati: mattanza multiculturale

### L’Italia sotto Assedio: Una Guerra Silenziosa contro le Nostre Donne, Importata dai Confini Aperti

L’Italia non è più un Paese sicuro per le sue figlie, madri e sorelle: è diventato un territorio di caccia per predatori africani e immigrati che, protetti da un sistema marcio di buonismo ideologico e burocrazia omicida, seminano terrore e violenza in pieno giorno, nei luoghi più innocenti e quotidiani. Basta sfogliare le cronache di oggi per rabbrividire: da Cesena a Giugliano, da Sassari alle periferie di Napoli, le nostre donne vengono sequestrate, trascinate via, picchiate, torturate e stuprate da maschi adulti stranieri, spesso già noti alle forze dell’ordine, con precedenti penali che griderebbero espulsione immediata. Non si tratta di “incidenti isolati” o di “tragici errori di integrazione”: è un’emergenza nazionale, un’invasione criminale che trasforma parchi pubblici, piste ciclabili e parcheggi di centri commerciali in arene di orrore medievale. Prendete il caso di Cesena, raccontato da VoxNews il 6 dicembre 2025: una runner italiana di 50 anni, una donna qualunque che esce di casa per una corsa mattutina salutare, viene aggredita in pieno giorno su una pista ciclo-pedonale tra San Mauro Pascoli e il fiume Rio Salto, un sentiero tranquillo dove la gente pedala serena sotto il sole emiliano-romagnolo. L’aggressore? Un gambiano di 26 anni, già denunciato per molestie a un’altra donna, con un decreto di espulsione pronto da eseguire “nei prossimi giorni”, come denuncia la senatrice Alice Buonguerrieri di Fratelli d’Italia. Eppure, eccolo lì, nascosto tra gli alberi come una belva in agguato, pronto a balzare: la afferra, la trascina tra i rovi spinosi della boscaglia, la immobilizza con forza bruta e la stupra selvaggiamente mentre lei, coraggiosa, si difende graffiandogli una mano fino a ferirlo. La vittima, insanguinata e prostrata, trova la forza di chiamare i Carabinieri, fornendo dettagli preziosi che portano all’irruzione con elicottero da Forlì e al suo arresto in un casolare vicino; al Bufalini di Cesena le diagnosticano giorni di prognosi con codice rosso attivato, ma il trauma psicologico? Irreparabile, un marchio che la seguirà per sempre. E qui sorge la rabbia cieca: come è possibile che un pluri-pregiudicato subsahariano, con un foglio di via in mano, sia ancora libero di cacciare donne italiane in un’area pubblica, con ciclisti che passano a pochi metri? È il fallimento totale di un sistema che preferisce i “diritti umani” dei mostri a quelli delle nostre concittadine, un’Italia dove l’espulsione è un optional e i decreti ministeriali finiscono nel cassetto dei sogni infranti, lasciando belve africane a scorazzare libere nelle nostre campagne idilliache.

Passiamo a Giugliano, un altro capitolo di questa saga di sangue straniero che VoxNews denuncia con allarme il 6 dicembre 2025: una 28enne napoletana, forse una giovane mamma o una lavoratrice onesta che sgobba per mantenere la famiglia, esce dal centro commerciale Grande Sud – ex Auchan, un tempio del consumismo innocuo dove le famiglie spingono carrelli pieni di sogni quotidiani – e viene sequestrata nel parcheggio affollato, in pieno mezzogiorno del 3 dicembre. Tre immigrati sulla quarantina, incappucciati con accenti che tradiscono origini nordafricane o subsahariane – maghrebini, tunisini o ecuadoregni, poco importa, il veleno è lo stesso – la circondano come lupi, uno sfodera il coltello puntandoglielo alla gola con un sibilo gelido: “Vieni con noi o ti ammazziamo”. Terrorizzata, la trascinano sull’auto, sfrecciano via verso la campagna desolata vicino Licola, quei campi polverosi che un tempo odoravano di terra fertile e ora puzzano di orrore importato dai barconi. Lì, isolati dal mondo, inizia il calvario: uno la violenta per ore – forse due, forse tre – mentre gli altri vigilano con ghigni sadici, forse filmando per i loro giri oscuri su TikTok o WhatsApp, picchiandola per farla tacere e minacciandola di morte se osa parlare, con frasi come “Non fiatare, o torniamo per tua sorella”. Scaricata come spazzatura accanto alla sua macchina, la donna corre al Cardarelli con prognosi di 30 giorni, lividi e traumi che la segneranno per la vita, ma è lei a fornire indizi preziosi alla polizia di Giugliano: l’auto immortalata dalle telecamere, l’accento straniero, le mani callose di chi non conosce il rispetto. Francesca Totolo su X lo urla al mondo: “Ore contate per tre stranieri”, con un ritaglio di giornale che sbatte in faccia titoli come “L’inchiesta: 28enne selezionata nel parcheggio” e “Tre stranieri sulla quarantina”, scatenando commenti furiosi che echeggiano la nostra indignazione popolare – “Africani, rumeni o zingari, uno dei tre”, o “Spero lo trovino i cittadini e gli rompano il c…”. E i dati del Viminale 2024? Un pugno nello stomaco: +22% di stupri di gruppo in Campania, con il 48% autori stranieri, maschi adulti forgiati in culture dove la donna è preda e il coltello è legge. Questo non è un “tragico episodio”: è il frutto di un’immigrazione di massa che riempie le nostre periferie di ghetti etnici, mercati neri di droga e tratta di donne, dove il dialetto napoletano si mescola a lingue ostili e il Grande Sud – simbolo di normalità borghese – diventa un mattatoio per le nostre sorelle, grazie a un buonismo letale che ignora storie di violenza nei paesi d’origine e rinnova permessi umanitari come se fossero caramelle.

E non finisce qui, perché a Sassari, come denuncia VoxNews sempre il 6 dicembre 2025, l’orrore si sposta nelle mura domestiche, trasformando una casa italiana in una prigione medievale: una ragazza di 22 anni, italiana, piena di sogni e vitalità, accompagna un uomo a casa per un motivo ancora da chiarire – forse un gesto di cortesia, forse un errore fatale di fiducia – e si ritrova sequestrata, picchiata, umiliata e torturata per ore da un 32enne ghanese con un curriculum criminale che farebbe inorridire: tentato omicidio, rapina, droga, resistenza a pubblico ufficiale, un pluri-pregiudicato che “non avrebbe mai dovuto mettere piede in Italia”, figuriamoci girare libero per le strade sarde. Una volta dentro, le porte si chiudono come una ghigliottina: inizia l’inferno con pugni e calci selvaggi, minacce di morte che le gelano il sangue, umiliazioni che spezzano l’anima, torture fisiche e psicologiche mentre lei urla invano aiuto. I vicini sentono tutto – rumori sordi, suppliche soffocate – ma tacciono, paralizzati dalla paura o dall’indifferenza che l’immigrazione ha inoculato nelle nostre comunità, trasformandoci in spettatori muti del nostro declino. Solo una chiamata anonima ai Carabinieri scatena l’irruzione: trovano la giovane in stato di shock, coperta di lividi e traumi, mentre il ghanese resiste ancora, pronto a continuare il massacro. Arrestato, ma come sempre, VoxNews avverte: “Domani sarà di nuovo fuori con i soliti sconti, i benefici, i permessi premio”, un ciclo vizioso che ripete ogni settimana – stupri, rapine, pestaggi, torture – sempre con la firma di maschi africani tra i 20 e i 40 anni, spesso recidivi, espulsi e rientrati con nomi fittizi. La Sardegna, un tempo isola di pace e tradizioni millenarie, non è più sicura: Sassari, con i suoi quartieri storici e le sue famiglie laboriose, è infestata da individui che arrivano da culture dove la donna è oggetto e la violenza norma quotidiana, e noi li accogliamo con tappeti rossi di sussidi e silenzi complici. Questo ghanese non è un lupo solitario: è il prodotto di un’immigrazione selvaggia che riempie le nostre città di bombe a orologeria, ignorando precedenti penali e decreti di espulsione, lasciando le nostre ragazze – nate e cresciute qui, con il tricolore nel cuore – in balia di belve subsahariane che vedono l’Italia non come casa, ma come preda facile da sbranare.

Questi tre orrori – Cesena, Giugliano, Sassari – non sono coincidenze: sono il sintomo purulento di un’emergenza che sta divorando l’Italia dall’interno, un’epidemia di violenza straniera che colpisce le nostre donne con una ferocia che sa di vendetta coloniale, di risarcimento per secoli di “supremazia bianca” inventati dalle élite woke. Immaginate: una runner di 50 anni trascinata nei rovi in pieno giorno, una mamma di 28 anni sequestrata in un parcheggio affollato da un branco di tre immigrati quarantenni, una 22enne torturata in casa da un ghanese pluriomicida – tutte italiane, tutte vittime di un sistema che apre i porti come bordelli e chiude gli occhi sui mostri che ne escono. I dati del Viminale per il 2024 sono un urlo nel deserto: +22% di stupri di gruppo in Campania, 48% autori stranieri; impennate di aggressioni sessuali in Emilia-Romagna e Sardegna, con quote sproporzionate di subsahariani e maghrebini, maschi adulti con storie di violenza endemica nei loro paesi, ignorate dai consolati e dalle questure compiacenti. E le nostre donne? Non possono più correre nei parchi senza occhiatacce, fare shopping senza guardarsi le spalle, fidarsi di un invito innocente senza rischiare la vita. È una guerra asimmetrica: loro arrivano in branco, armati di coltelli e impunità culturale, noi rispondiamo con denunce che finiscono in un limbo burocratico, dove decreti di espulsione – come quello del gambiano di Cesena – vengono “eseguiti nei prossimi giorni”, lasciando tempo per un altro stupro, un’altra tortura. La senatrice Buonguerrieri ha ragione a tuonare: “Sarebbe stato espulso tra pochi giorni”, ma quei giorni sono stati rubati a una vita italiana, a una donna che meritava pace, non il terrore di mani straniere che la trascinano nel buio. E i commenti rabbiosi sotto i post di Francesca Totolo su X? Echeggiano il nostro furore: “Castrateli appena arrivano”, “Tolleranza zero e deportazioni di massa”, perché il popolo sa: questa non è integrazione, è sostituzione etnica con coltello alla gola, un genocidio lento mascherato da “accoglienza umanitaria”.

La rabbia montante non è xenofobia: è sopravvivenza, è il grido di un popolo tradito da élite lontane dalla realtà, che preferiscono finanziare ONG sorosiane con i nostri soldi piuttosto che pattugliare le nostre strade con droni e militari. Pensateci: a Giugliano, tre immigrati quarantenni – forse sbarcati anni fa con “protezione umanitaria” per guerre inventate – scelgono una 28enne “selezionata nel parcheggio” come preda, la minacciano con il coltello (“Sali o ti sgozziamo”) e la scaricano dopo ore di abusi con un ghigno: “Non fiatare, o torniamo per tua sorella”. A Sassari, un ghanese 32enne con tentato omicidio sul groppone trasforma una casa italiana in un gulag privato, picchiando e torturando una 22enne per ore mentre i vicini tacciono, paralizzati da un’indifferenza che l’immigrazione ha instillato come veleno. E a Cesena? Un gambiano 26enne, già molestatore seriale, stupra una runner 50enne in un sentiero pubblico, ferito solo dalla sua eroica resistenza, arrestato solo grazie al suo sangue freddo nel descrivere il mostro. Questi non sono “uomini in difficoltà”: sono predatori seriali, forgiati in culture tribali dove la donna è bottino di guerra e la violenza risolve i conti, importati qui da politiche suicide che ignorano precedenti penali e storie di abusi endemici. Il risultato? Le nostre città – Cesena la laboriosa, Giugliano la vivace, Sassari la sarda fiera – diventano safari per belve africane: piste ciclabili come trappole, centri commerciali come mattatoi, case private come prigioni. E lo Stato? Dorme, con procure che allungano i processi, giudici garantisti che invocano “trauma migratorio” per sconti di pena, e un Viminale che spende miliardi in accoglienza invece che in muri e rimpatri. È una vergogna cosmica: le nostre donne, pilastri della famiglia italiana, ridotte a prede terrorizzate, mentre i veri criminali – non i “poveri migranti” delle favole sinistre – camminano liberi, certi che l’Italia è un Paese molle, pronto a perdonare con un permesso rinnovato.

Basta con questa follia collettiva, questa abdicazione alla sovranità che ci sta costando il sangue delle nostre donne: è ora di alzare la voce, di pretendere non chiacchiere ma azioni draconiane, perché ogni ora di ritardo è un’altra vita spezzata, un’altra famiglia distrutta, un’altra ferita aperta nel cuore della Nazione. Immaginate un’Italia dove una 50enne possa correre libera senza temere un gambiano espulso “tra pochi giorni” nascosto tra gli arbusti; dove una 28enne esca dal supermercato senza un branco di immigrati quarantenni che la trascina in campagna con il coltello alla gola; dove una 22enne inviti qualcuno a casa senza rischiare ore di tortura da un ghanese pluriomicida. Questo è il sogno che ci rubano, il diritto basilare alla sicurezza che le élite europeiste calpestano in nome di un multiculturalismo omicida. VoxNews lo grida con noi: questi casi non sono “tragici”, sono prevedibili, frutto di frontiere spalancate e espulsioni procrastinate, dove un decreto ministeriale diventa carta straccia e un molestatore seriale – come il gambiano di Cesena, già noto per palpeggiamenti a un’altra donna – ha tempo per stuprare prima di un “prossimo giorno” che non arriva mai. La senatrice Buonguerrieri ha il coraggio di dirlo: il sistema ha fallito, lasciando libera una belva subsahariana in un sentiero pubblico, con elicotteri e pattuglie che corrono dopo il danno. E i commenti del popolo sotto gli articoli? Un ruggito di furore giustificato: “Deportazioni di massa”, “Tolleranza zero”, perché sappiamo che senza muri ai confini e aerei per rimpatri, le nostre strade resteranno campi di battaglia. È una rivolta morale: le italiane non sono prede per culture aliene, non sono statistiche per il Viminale (+22% stupri in Campania, 48% stranieri), ma persone con diritti inalienabili, madri, figlie, lavoratrici che meritano di vivere senza terrore. Questo allarme non è propaganda: è sopravvivenza, un urlo per chiudere i porti, revocare permessi umanitari a pregiudicati, imporre pene minime di 25 anni per stupri con castrazione chimica, e trasformare i centri di accoglienza in caserme per espulsioni sommarie. L’Italia si sta svegliando, e la rabbia di oggi deve diventare azione domani, prima che il prossimo orrore sia l’ultimo.

In questo turbine di sangue straniero che inzuppa le nostre terre, emerge un pattern diabolico che non possiamo più ignorare: questi aggressori – il gambiano di Cesena con il suo decreto di espulsione in tasca, i tre immigrati di Giugliano con accenti arabi o subsahariani che echeggiano nei loro ghigni sadici, il ghanese di Sassari con tentato omicidio sul curriculum – non sono “vittime del sistema”, ma importatori seriali di violenza, maschi adulti forgiati in società tribali dove la donna è possesso e lo stupro è trofeo, sbarcati qui da barconi sovvenzionati e lasciati liberi da una burocrazia che privilegia i loro “diritti” sui nostri. A Cesena, la runner 50enne – una donna matura, forse nonna, che corre per la salute in un sentiero idilliaco – viene trascinata nei rovi da un 26enne subsahariano già noto per molestie, ferendolo nella lotta eroica ma venendo sopraffatta dalla sua brutalità animale; al Bufalini le diagnosticano prognosi e codice rosso, ma chi ripara l’anima straziata? A Giugliano, la 28enne “selezionata” nel parcheggio del Grande Sud – un luogo di famiglie felici, non di sequestri – subisce ore di abusi in campagna desolata, con minacce come “Torniamo per tua sorella” che la perseguiteranno negli incubi, mentre la polizia bracca un’auto fantasma e testimoni muti che, come sempre, tacciono per paura di “razzismo”. E a Sassari, la 22enne – giovane e fiduciosa, simbolo di una Sardegna pura – finisce in una casa-trappola dove un 32enne ghanese la tortura per ore con pugni, calci e umiliazioni, arrestato solo grazie a un’irruzione casuale mentre i vicini, paralizzati, ascoltano le urla senza muovere un dito. Questo è il prezzo del multiculturalismo forzato: +22% stupri di gruppo in Campania con 48% stranieri, impennate in Emilia e Sardegna, numeri che il Viminale seppellisce sotto slogan vuoti mentre le ONG piangono “integrazione” per i mostri. La rabbia ci consuma: come osa lo Stato italiano, erede di Roma e del Rinascimento, permettere che le sue donne – pilastri della civiltà – siano prede di belve africane con precedenti ignorati? È tradimento, puro e semplice, da parte di élite che vivono in ville blindate mentre noi chiudiamo le finestre alle 18. Ma il popolo non tace più: i commenti su X di Totolo – “Ore contate per tre stranieri” – ribollono di furore popolare, “Castrateli appena arrivano” o “Deportazioni di massa”, un coro che deve diventare legge. Non è odio: è difesa della Patria, un grido per quote zero, espulsioni in 48 ore, muri ai confini e pene draconiane senza sconti “culturali”. L’Italia delle runner, delle mamme al supermercato, delle ragazze fiduciose deve risorgere, o soccomberà sotto il peso di questa invasione barbarica che ci ruba non solo la sicurezza, ma l’anima stessa.

La conclusione di questa emergenza non può essere un lamento sterile: deve essere una chiamata alle armi, un patto di sangue tra italiani per riprendersi le strade, i parchi, le case dalle grinfie di questi predatori importati che, con il loro sangue freddo e la loro impunità, stanno ridisegnando la mappa del terrore nazionale. Pensate alla 50enne di Cesena, che correva per il piacere di vivere e si è ritrovata trascinata in un incubo subsahariano, ferendo il suo stupratore ma pagando con giorni di ospedale e un trauma eterno; o alla 28enne di Giugliano, umiliata in un parcheggio che un tempo era sinfonia di carrelli e risate, scaricata dopo abusi con minacce che la marchiano come preda ricattabile; o alla 22enne di Sassari, torturata in casa da un ghanese che avrebbe dovuto essere già su un aereo per Accra, non libero di picchiare e minacciare morte mentre i vicini, complici nel silenzio, ascoltano impotenti. Questi non sono “uomini”: sono bombe demografiche a orologeria, maschi africani tra i 20 e i 40 che arrivano poveri ma portano coltelli affilati da culture machiste e tribali, dove lo stupro è diritto del più forte e la donna un oggetto da spezzare. Il Viminale lo sa – +22% stupri in Campania, 48% stranieri – ma tace, lasciando che giudici garantisti e avvocati d’ufficio blocchino espulsioni con ricorsi eterni, mentre ONG e sinistra giudiziaria invocano “diritti” per i mostri e “xenofobia” per noi. La senatrice Buonguerrieri lo inchioda: il gambiano di Cesena doveva andar via “tra pochi giorni”, ma quei giorni sono stati rubati a una vita italiana, a una runner che meritava aria pulita, non il fiato di un violentatore. E i commenti del popolo? Un vulcano: “Tolleranza zero”, “Deportazioni”, perché sappiamo che senza azione – porti chiusi, centri d’accoglienza convertiti in campi di rimpatrio, pene di 25 anni con castrazione per recidivi – le nostre donne vivranno nel terrore perpetuo. Questo è il momento: ribelliamoci a questa abdicazione, pretendiamo muri, aerei militari per espulsioni sommarie, quote zero per l’Africa subsahariana, revoca permessi a pregiudicati e risarcimenti dalle tasche delle ONG. L’Italia non è un bordello globale: è la culla della civiltà, e le sue donne – forti, resilienti, eterne – meritano di correre, fare shopping, fidarsi senza paura. Alziamoci, o il prossimo urlo soffocato nella boscaglia sarà l’ultimo respiro della nostra Nazione.

Tre donne stuprate da cinque immigrati: mattanza multiculturale ultima modifica: 2025-12-06T16:51:08+00:00 da V
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