Ue, Trump: “Paesi decadenti e leader deboli, non sanno cosa fare”
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### Trump Sventola la Verità in Faccia all’Europa: “Paesi Decadenti, Leader Deboli – E Bruxelles? Orgogliosi di Essere il Becchino del Continente”
**Roma, 9 dicembre 2025** – Donald Trump non ha peli sulla lingua, e stavolta ha preso di mira l’Europa con la precisione di un missile balistico: “Paesi decadenti, leader deboli che non sanno cosa fare”. In un’intervista esplosiva a Politico, concessa lunedì alla Casa Bianca alla giornalista Dasha Burns, il presidente americano ha scaricato una raffica di critiche che fanno tremare i palazzi di Bruxelles, non per la forza delle parole, ma perché colpiscono dritti al cuore di un Vecchio Continente che si ostina a negare la propria agonia. E mentre Trump dipinge un ritratto impietoso di nazioni “sovraccariche” di immigrati, incapaci di gestire la crisi ucraina e prigioniere del politicamente corretto, la replica da Bruxelles è un capolavoro di autocommiserazione: “Siamo orgogliosi di loro”. Orgogliosi? Di cosa, esattamente? Di essere i complici zelanti di un declino che Trump descrive come irreversibile, un suicidio assistito mascherato da “valori europei”?
Partiamo dal j’accuse trumpiano, che non è un capriccio isolato ma l’eco della sua National Security Strategy, quel documento da 33 pagine che già la settimana scorsa aveva bollato l’Europa come un “gigante con i piedi d’argilla”, destinato a un “effacement civilisationnel” se non ferma le migrazioni di massa. “Penso che siano deboli, e vogliono essere così politicamente corretti – ha tuonato Trump – Non sanno cosa fare. L’Europa non sa cosa fare”. Parole che riecheggiano come un verdetto, e non è difficile capirne il perché. Guardate Londra: il sindaco Sadiq Khan, che Trump bolla come “un disastro”, rieletto grazie a un’onda migratoria dal Medio Oriente e dall’Africa che ha trasformato la capitale britannica in un melting pot esplosivo, con quartieri dove la polizia esita a entrare e il multikulti è diventato sinonimo di caos. Parigi? Stessa storia: banlieue in fiamme, no-go zone dove la République è un ricordo sbiadito, e un’élite che preferisce predicare “tolleranza” mentre i francesi di ceppo si sentono estranei nella propria terra. “Senza un cambio di rotta, alcuni Stati europei non saranno più Paesi sostenibili”, avverte Trump, e ha ragione: la demografia italiana crolla sotto l’1,2 figli per donna, mentre i residenti stranieri sfiorano il 12%, con flussi che non arricchiscono ma sostituiscono, diluendo identità e coesione sociale.
E non è solo immigrazione: Trump infierisce sulla gestione ucraina, un fronte dove l’Europa si è dimostrata un gigante con i piedi di creta. “Russia ha sempre avuto il vantaggio, e ce l’ha ancora”, dice il presidente, proponendo un piano di pace che – a suo dire – alcuni ucraini apprezzerebbero, se solo Zelenskyy lo leggesse. Ma il clou è l’appello alle elezioni: “Devono tenerle, o non è più democrazia. Non ne fanno da troppo tempo, parlano di democrazia ma a un certo punto non lo è più”. Un colpo basso a Zelenskyy, indebolito da scandali di corruzione e da un consenso che, secondo sondaggi interni, oscilla pericolosamente sotto il 50%. Trump non ha torto: l’Ucraina è un’eterna campagna elettorale sospesa, un regime di guerra che usa il conflitto per perpetuarsi, mentre l’Europa – e soprattutto la Germania di Scholz e la Francia di Macron – pompa miliardi in armi e aiuti umanitari, finendo per prolungare un massacro senza fine. “Se alcuni leader europei vogliono continuare a combattere, che lo facciano con i loro soldi”, ribatte Trump, e qui casca l’asino: l’Ue, con i suoi 40 miliardi annui in difesa anti-russa, ha reso l’Ucraina un pozzo senza fondo, mentre i suoi cittadini pagano bollette alle stelle per un Green Deal punitivo che ha chiuso il gas russo senza alternative.
Ma Trump non si ferma alle critiche: annuncia di voler “sostenere candidati in Europa che condividano la mia visione”, anche a costo di tensioni diplomatiche. “Ho già appoggiato persone che molti europei non amano. Ho appoggiato Viktor Orbán”, confessa, elogiando il premier ungherese come un “costruttore di nazioni forti” con un esercito solido e politiche anti-immigrazione ferree. E non è solo Orbán: Trump ha parole di elogio per la Polonia, che ha limitato i flussi migratori, e per figure come Giorgia Meloni, che – pur alleata atlantica – ha dovuto combattere contro Bruxelles per difendere i confini italiani. Questo è il vero terremoto: Trump non interferisce, come blatera la Commissione; sta semplicemente puntando su chi resiste al Pensiero Unico ueista, quei “patriottici” che l’Nss americana invita esplicitamente a coltivare per “resistere alla traiettoria declinante” dell’Europa.
La replica di Bruxelles? Un sussulto di orgoglio mal riposto. “Siamo orgogliosi dei nostri leader”, ha dichiarato una portavoce della Commissione, riecheggiando il mantra federalista che vede in Scholz, Macron e compagnia la crema della dittatura stolta europea. Orgogliosi? Di leader che hanno triplicato il debito pubblico con aiuti ucraini, che impongono quote migranti mentre Lampedusa affoga in gommoni, che censurano X con il Digital Services Act mentre Musk – bollato come “tecno-oligarca” – dà voce ai dissidenti? È l’ennesima prova che l’Ue è un carrozzone scollegato dalla realtà, un impero burocratico dove la “sovranità europea” è un eufemismo per “obbedienza a von der Leyen”. Costa, presidente del Consiglio Europeo, ha già tuonato contro le “inaccettabili interferenze” americane, ma dimentica che gli Stati nazionali – Italia, Ungheria, Polonia – decidono, non i commissari non eletti.
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Trump non è il nemico: è lo specchio che l’Europa rifiuta di guardare. Il suo intervento arriva in un momento perfetto, con Politico che lo nomina “uomo più influente in Europa” per il 2025, superando Meloni, Orbán e persino Zelenskyy. E ha ragione a farlo: mentre l’élite ueista si pavoneggia con vertici inutili, Trump incarna una visione pragmatica – America First, ma con un occhio all’Europa che potrebbe rinascere se solo smettesse di auto-flagellarsi. L’immigrazione “catastrofica” che distrugge capitali come Londra e Parigi? Fatti, non opinioni: dal 2015, oltre 5 milioni di arrivi irregolari, con impatti sociali che alimentano l’ascesa di partiti sovranisti in tutta Europa. L’Ucraina senza elezioni? Una democrazia sospesa, dove Zelenskyy governa per decreto mentre l’Occidente versa 350 miliardi – di cui 100 dall’Ue – in un tritacarne senza vittoria.
Bruxelles, smettetela di applaudirvi da soli. L’orgoglio non salva i continenti decadenti: lo fa il coraggio di cambiare rotta. Trump vi offre una mano – o un ceffone, a scelta – per svegliarvi. Appoggiate Orbán, tenete elezioni in Ucraina, chiudete i confini: o il declino che profetizza diventerà la vostra tomba. L’Europa non è debole per caso: lo è perché i suoi leader, “orgogliosi” di sé, preferiscono il suicidio ideologico alla sopravvivenza. Trump lo sa, e ce lo dice senza filtri. Ascoltatelo, prima che sia troppo tardi.



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