San Raffaele, assunti tramite coop infermieri che non conoscevano nemmeno l’italiano
Related Articles
### San Raffaele, il Prezzo del “Risparmio Sporco”: Infermieri Immigrati a Basso Costo Somministrano Dosi Letali – Perché Preferire Mani Straniere all’Intelligenza Artificiale che Salverebbe Vite?
All’ospedale San Raffaele, sono stati assunti tramite una cooperativa infermieri che non conoscevano nemmeno l’italiano, mettendo a serio rischio anche i pazienti più fragili, quelli in terapia intensiva. pic.twitter.com/45sXJ1cEuW
— Francesca Totolo (@fratotolo2) December 10, 2025
**Milano, 10 dicembre 2025** – Un ospedale che dovrebbe essere fiore all’occhiello della sanità italiana, il San Raffaele di Milano, ridotto a un casinò mortale dove pazienti fragili in terapia intensiva rischiano la vita per un “risparmio” da quattro soldi. Tra il 5 e il 7 dicembre, nei reparti di Medicina ad alta intensità, cure intensive e Admission Room – affidati a una cooperativa esterna per tappare buchi di personale durante le feste – infermieri immigrati, assunti a basso costo e incapaci di parlare un italiano decente, hanno confuso farmaci, decuplicato dosi e creato un caos che ha costretto a bloccare accessi dal Pronto Soccorso e trasferire pazienti critici altrove. Un’infermiera non ha riconosciuto l’amiodarone, somministrandone 500 mg invece di 50 mg – dieci volte la dose prescritta – a un paziente in arresto cardiaco, rischiando di ucciderlo. E per cosa? Per preferire manodopera straniera a basso costo, spesso priva di formazione adeguata, invece di investire in robotica e intelligenza artificiale che potrebbero automatizzare prescrizioni, monitorare dosi e prevenire errori umani. Questo non è “accoglienza”: è un omicidio colposo legalizzato, un affronto ai pazienti italiani che pagano tasse per morire avvelenati dal buonismo economico. Basta con questi manager e cooperative che scelgono il profitto sulla vita: è ora di processi e di un cambio di rotta verso la tecnologia che ci renderebbe un Paese all’avanguardia, non un lazzaretto low-cost!
I dettagli, emersi da email interne circolate tra medici e confermati dall’indagine dell’ATS Milano disposta dalla Regione Lombardia, sono un incubo da film horror sanitario. Nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, al terzo piano dell’Iceberg – il padiglione high-tech del San Raffaele – un infermiere al primo turno, proveniente da una coop esterna e privo di affiancamento, non sapeva dove trovare i farmaci, non caricava esami ematici sul sistema SAP e sbagliava la ventilazione meccanica NIV. “Errori irrecuperabili sono dietro l’angolo, è solo questione di tempo”, scriveva un medico in una mail disperata ai colleghi, mentre un’altra infermiera – con barriere linguistiche evidenti, come denunciato da Francesca Totolo su X – confondeva nomi di preparati e dosi: amiodarone somministrato a 200 ml/h invece di 20 ml/h, un errore che prolunga l’infusione da 1 ora a 12 ore, rischiando overdose letali su pazienti fragili. Risultato? Reparti in tilt, unità di crisi attivata, nuovi ingressi bloccati e pazienti spostati d’urgenza. L’ex amministratore delegato Francesco Galli si è dimesso all’unanimità dal CDA del Gruppo San Donato, ma troppo tardi: l’assessorato al Welfare Guido Bertolaso ha espresso “massima preoccupazione” e ordinato l’indagine ATS per “ricostruire criticità organizzative”. I NAS sono intervenuti per verificare procedure e sicurezza farmaci, mentre la Procura indaga su eventuali omissioni dolose. Ma il vero colpevole? Non un “errore umano”: una scelta ideologica e economica che privilegia infermieri immigrati a basso costo – spesso da paesi extra-UE, pagati 8-10 euro/ora contro i 20-25 di un italiano formato – invece di robot e AI che potrebbero scannerizzare prescrizioni, calcolare dosi in tempo reale e allertare errori con precisione chirurgica.
Questo scandalo non è un fulmine a ciel sereno: è il sintomo marcio di un’Italia che, per “risparmiare” (e ingrassare cooperative rosse), sacrifica la qualità della cura. Il San Raffaele, accreditato con il SSN e fiore all’occhiello lombardo, ha affidato reparti ad alta complessità a una coop esterna contro il parere dei medici interni, che avevano avvertito: “Infermieri inesperti, turni senza affiancamento, barriere linguistiche”. E chi sono questi “infermieri”? Come denuncia Totolo, assunti tramite coop che non verificano nemmeno la conoscenza dell’italiano, mettendo a rischio pazienti in terapia intensiva – quelli con cuori deboli, polmoni artificiali, vite appese a un filo. Un medico ha descritto “carrelli coi farmaci disastrati nei corridoi”, un’altra infermiera che “si allontanava dal reparto senza ripresentarsi”. Risultato? Situazioni “ad elevatissimo rischio”, come ammettono le mail interne. E mentre Bertolaso promette “trasparenza”, la politica litiga: il PD difende le coop come “risorse per la sanità”, la Lega accusa “scelta scellerata per low-cost straniero”. Ma nessuno tocca il nodo: perché non investire in tecnologia? Robot come il Da Vinci per chirurgia o AI come IBM Watson per diagnostica – già testati in Lombardia – potrebbero automatizzare il 40% delle somministrazioni, riducendo errori del 70% secondo studi McKinsey. Invece, si preferisce manodopera immigrata a basso costo: 300.000 arrivi irregolari nel 2025, molti finiti in sanità per tappare buchi, con formazione superficiale e barriere culturali che costano vite. A Torino, un caso simile a novembre: infermiere filippino confonde insulina, paziente in coma. A Roma, dosi sbagliate da badanti ucraine in RSA. È un pattern: profitto su pazienti, tasse italiane buttate in formazione linguistica inutile.
Chi è responsabile? I manager come Galli, dimissionato ma con paracadute dorato; le coop che incassano appalti da 50 milioni annui senza controlli; i politici PD che spingono “accoglienza low-cost” mentre l’Italia ha un PNRR da 200 miliardi per innovazione digitale in sanità – soldi che finiscono in sussidi, non in robot che salvano errori umani. Immaginate: un sistema AI che legge prescrizioni in tempo reale, calcola dosi con algoritmi e blocca somministrazioni errate – come il software MedWatcher già in USA, riducendo incidenti del 60%. Invece, no: si assume chi non capisce “amiodarone” da “amoxicillina”, rischiando overdose su nonni e bambini. Questo è eugenetica soft: i ricchi vanno in cliniche tech, i poveri muoiono per “risparmio etnico”.
Basta con questa follia. Chiediamo: audit nazionali su tutte le coop sanitarie, divieto assunzioni immigrate senza certificazione C1 italiano e formazione triennale, e 10 miliardi del PNRR deviati in robotica medica – droni per consegne farmaci, AI per monitoring vitali. I pazienti del San Raffaele non sono cavie: sono nostri cari. Fermate questo omicidio colposo low-cost, o la prossima dose decuplicata sarà su vostro figlio. L’Italia non è un call-center indiano: è una nazione che merita tecnologia, non tragedia.


Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment