Cittadini linciano stupratore africano appena rilasciato
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Porto Torres, domenica scorsa, aveva molestato, afferrato per i capelli e palpeggiato una ragazzina di 14 anni: fermato, era stato rilasciato con il solo obbligo di firma
👉 ancora in giro per Porto Torres, il 26enne algerino con precedenti ha poi rischiato il linciaggio:… pic.twitter.com/LXTGQk6Nvp
— Francesca Totolo (@fratotolo2) December 11, 2025
### Porto Torres, il Linciaggio che Sconvolge: il 26enne Algerino Molestatore di una 14enne Massacrato in Pieno Centro – Ma Era Già Libero, e Ora la Rabbia dei Cittadini Sfida lo Stato
**Porto Torres, 11 dicembre 2025** – Da predatore a preda: in un vortice di rabbia popolare che ha sfiorato la tragedia, un 26enne algerino – già noto alle forze dell’ordine per spaccio di stupefacenti e con un decreto di espulsione non eseguito – è stato aggredito e pestato selvaggiamente martedì 10 dicembre nel cuore di Porto Torres, solo quattro giorni dopo aver molestato una ragazzina di 14 anni in via Sassari. Il giovane immigrato, che domenica scorsa aveva afferrato per i capelli la minorenne, immobilizzandola per palpeggiarla in pieno giorno davanti a un’edicola affollata, è stato riconosciuto e circondato da un gruppo di cittadini furiosi: pugni, calci, urla di “Pedofilo!” e “Vattene dalla nostra città!”, fino a rischiare un vero linciaggio. Solo l’intervento tempestivo dei Carabinieri della locale Stazione ha evitato il peggio, identificando e disperdendo la folla inferocita mentre l’algerino, sanguinante e con ferite multiple ma non gravi, veniva portato in ospedale. Ma la domanda che riecheggia tra i vicoli turritani è una sola: perché era ancora libero? Perché un molestatore seriale, con documenti irregolari e un passato da tossico, gira impunito dopo un obbligo di firma ridicolo, pronto a colpire di nuovo? Questo non è solo un episodio di “giustizia sommaria”: è l’esplosione di una rabbia popolare repressa da un sistema che protegge i carnefici e condanna le vittime a vivere nel terrore. Quante 14enni dovranno ancora fuggire urlando prima che lo Stato intervenga con espulsioni vere, non con foglietti burocratici?
Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri e confermato da *L’Unione Sarda* e *Sassari Oggi*, l’aggressione è avvenuta intorno alle 18:30 di martedì 10 dicembre in piazza Cristoforo Colombo, crocevia affollato del centro storico di Porto Torres – a due passi dal porto dove l’algerino era stato fermato una settimana fa per documenti falsi. Il 26enne, descritto come un giovane di carnagione scura con accento marcato e aria “predatoria”, era già stato identificato domenica 7 dicembre grazie alle telecamere di videosorveglianza: quel pomeriggio, intorno alle 13, si era avvicinato alla 14enne – una studentessa sassarese in visita alla nonna – con un “saluto innocente” che si era trasformato in incubo. L’ha bloccata con un approccio insistente, afferrandola per i capelli per immobilizzarla e tentando di palpazione intima, infilando la mano verso il reggiseno mentre lei scalciava terrorizzata. “Mi ha tirata come un animale, non riuscivo a respirare”, ha raccontato la ragazzina ai genitori, sconvolta e con segni sul cuoio capelluto che hanno richiesto medicazioni al Santissima Annunziata di Sassari. Lei è riuscita a divincolarsi e a correre verso un negozio vicino, dove una commessa ha allertato i soccorsi; i genitori hanno sporto denuncia immediata, e le immagini delle telecamere hanno inchiodato l’aggressore: un algerino irregolare, già espulso ma rientrato clandestinamente, con un curriculum che include detenzioni per hashish e furti minori. La Procura di Sassari ha aperto un fascicolo per tentata violenza sessuale su minore, ma la misura cautelare? Solo l’obbligo di firma quotidiana in Questura, con divieto di allontanarsi da Porto Torres. Un timbro su un foglio, e via libera per continuare a passeggiare tra le nostre strade.
Martedì, però, la ruota è girata. L’algerino, forse ignaro della sua notorietà virale sui social (i genitori della vittima avevano postato la descrizione, diventando virale con migliaia di condivisioni), è stato riconosciuto da un gruppo di giovani – tra cui amici della 14enne – mentre bighellonava in piazza Colombo. “L’abbiamo visto e abbiamo perso la testa: per quello che ha fatto a lei, meritava peggio”, confida uno dei partecipanti al pestaggio, contattato da *La Nuova Sardegna*. Circondato in pochi secondi, è stato accerchiato da una decina di persone: ceffoni, pugni al volto, calci alle gambe, urla di “Fuori dai coglioni!” e “Pedofilo di merda!”. Lui, atterrito, ha cercato di fuggire barcollando, ma la folla lo ha raggiunto: “Lo tenevamo fermo per non farlo scappare, ma qualcuno ha iniziato a colpirlo forte”, racconta un testimone oculare. Ferite al volto, labbra spaccate, ematomi multipli: non gravi, ma sufficienti a mandarlo al Pronto Soccorso del Paolo Dettori, scortato dai Carabinieri che hanno disperso la ressa prima che degenerasse in dramma. L’episodio è stato filmato da cellulari – ironia della sorte, come lui aveva quasi fatto con la vittima – e ora circola su X e Facebook, con commenti che oscillano tra “Giustizia popolare fatta” e “Basta violenza, ma lo Stato dorme”. I militari hanno identificato sette partecipanti al pestaggio, indagati per lesioni aggravate in concorso, ma la solidarietà è palpabile: “Abbiamo protetto le nostre figlie, lo Stato non lo fa”, dice un padre locale.
Ma questo non è “un regolamento di conti”: è l’urlo di una comunità esausta, tradita da un sistema che scarica immigrati irregolari nei nostri porti – Porto Torres ne vede centinaia al mese dal Mediterraneo – e li rimette in libertà con un buffetto. L’algerino, sbarcato probabilmente a Lampedusa con un “permesso umanitario” che maschera un passato criminale, era già stato fermato per documenti falsi e spaccio, eppure l’espulsione è rimasta carta morta: solo il 12% dei decreti viene eseguito, secondo il Viminale. E intanto, la 14enne? Traumatizzata, non esce più sola: “Ha incubi, piange di notte, teme di rivederlo”, confidano i genitori. Questo linciaggio non è giustizia: è il fallimento dello Stato, che costringe i cittadini a farsi giustizia da soli mentre vescovi e ONG urlano “razzisti!” contro chi osa difendersi.
La reazione politica è unanime e furiosa. Il sindaco di Porto Torres, Massimo Mulas, ha annunciato “controlli rafforzati” e “collaborazione con la Procura per pene certe”, ma la Lega locale tuona: “Basta obblighi di firma: espulsione immediata per chi tocca le nostre bambine!”. Fratelli d’Italia, con il consigliere regionale Roberto Ferreli, va oltre: “Il governo Meloni deve accelerare sui rimpatri, o le piazze diventeranno forche”. E i cittadini? Sui social, un coro: “Abbiamo fatto quello che lo Stato non fa: proteggerlo da se stesso, prima che uccidesse”. Ma attenzione: questo è un punto di non ritorno. Se il sistema continua a liberare mostri con un timbro, la prossima folla non si fermerà davanti ai Carabinieri.
Porto Torres non è un far west: è una città italiana che chiede protezione, non complicità. Questo algerino non è un “povero immigrato”: è un predatore seriale che ha quasi distrutto un’infanzia. Espelletelo ora, o la prossima “missione punitiva” finirà in tragedia. L’Italia non è un campo di concentramento per i suoi cittadini: è casa nostra, e la difenderemo – con la legge, o senza.


I magistramikia che a Milano non vogliono vedere gli stupratori negri, li ci vedranno eccome benissimo, chi ha pestato il beduino riZorZA
Ma vakkankulo va
sardi…shardana…brigata Sassari…così si fa…okkoddio…
Hanno fatto strabene, peccato che gliene abbiano date troppo poche! La gente si sta svegliando, episodi come questo linciaggio ce ne saranno ancora tanti, e questo finché lo stato non si deciderà a cambiare rotta.