Suo figlio massacrato da 10 maranza: “Rimandiamoli a casa loro”
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### Treviso non è più Treviso: «Ora abbiamo paura per i nostri figli»
I Genitori delle Vittime Rompono il Silenzio: «Baby Gang Straniere, Telecamere, Esercito, Espulsioni – Basta Buonsimo!»
**Treviso, 11 dicembre 2025** – «Treviso era una città tranquilla, ora non lo è più. E noi abbiamo paura per l’incolumità dei nostri figli».
Parole crude, disperate, vere.
Le pronunciano i genitori dei quattro ragazzi aggrediti e massacrati venerdì 5 dicembre a Porta San Tomaso da una baby gang composta da minorenni di origine straniera.
Dieci contro quattro, tirapugni, selfie da vincitori, mascella spaccata, zigomo in titanio.
E poi il silenzio dei media, il buonismo di rito, il solito «non generalizziamo».
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Ma loro, i genitori, non ci stanno più.
Gianluca, papà di Giacomo:
«La città non mi fa sentire sicuro. Chiedo al sindaco più polizia, esercito, protezione civile, qualsiasi cosa. Telecamere ovunque, più illuminazione. Mio figlio è molto scosso, ha preso calci e pugni in testa solo per difendere i suoi amici. Non è la prima volta che succedono queste cose. A Treviso c’è stato anche un omicidio. Non dobbiamo arrivare a questo».
Roberto, papà di Matteo:
«Bisogna trattarli come adulti, visto che si sentono tali. Non è possibile che questa gente cammini a piede libero con denunce sulle spalle e continui a fare quello che vuole. Sono un gruppo che esce apposta per aggredire. Vorrei parlare con i loro genitori: sanno cosa fanno i loro figli la sera?»
La madre del ragazzo con lo zigomo ricostruito in titanio:
«Sono già stati riconosciuti da altri ragazzi: hanno foto, nomi, indirizzi. Non capisco perché lo facciano, si divertono così. Il video sui social? Oggi è tutto social, e questi sono i risultati. Treviso è sempre stata una bella città, adesso non lo è più: c’è gentaglia che spaccia, che si droga. La giustizia è troppo permissiva, dopo che hanno commesso qualcosa non gli succede nulla.
Non sono razzista, per carità, però quando succedono certe cose ti viene da dirlo: che tornino a casa loro. Questa è la nostra realtà, se ne hanno un’altra restino lì».
Treviso non è più Treviso.
E i genitori non hanno più paura di dirlo ad alta voce.
Perché quando tuo figlio torna a casa con la faccia spaccata e tu sai che i suoi aggressori sono già stati identificati ma girano ancora liberi,
il buonismo muore.
E nasce la rabbia.
Una rabbia sana, giusta, sacrosanta.
La rabbia di chi non vuole più contare i propri figli tra le vittime di una guerra che nessuno osa chiamare per nome.
Telecamere.
Esercito.
Espulsioni.
Pene certe.
I genitori di Treviso non chiedono carità.
Chiedono giustizia.
E se lo Stato continua a voltarsi dall’altra parte,
un giorno quella rabbia non si fermerà più davanti alle divise.
Perché quando una madre dice «che tornino a casa loro» dopo aver visto il figlio con la mascella in frantumi,
non è razzismo.
È istinto di sopravvivenza.
E ha ragione lei.
Sempre.


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