Fincantieri riempie l’Italia di moschee made in Bangladesh: non c’è nulla di italiano
Related Articles
### Fincantieri Tradisce gli Italiani: Corsi di Italiano per Stranieri Mentre i Giovani Autoctoni Emigrano – Meglio Chiuderla o Delocalizzarla!
**Azienda di Stato organizza corsi di lingua per operai stranieri (soprattutto bengalesi) che non parlano italiano: un’ammissione di sconfitta. Se Fincantieri dipende da manodopera importata a basso costo, perché non delocalizza in Cina o Bangladesh? Almeno salveremmo identità e risorse**
La foto choc diffusa da Francesca Totolo su X è inequivocabile: ad Ancona, **Fincantieri celebra con attestati decine di lavoratori stranieri** (principalmente bengalesi e asiatici) per corsi di italiano di base. Organizzati dalla Fondazione Fincantieri con la Società Dante Alighieri, questi corsi – partiti in vari stabilimenti (Ancona, Marghera, Monfalcone, Sestri Ponente) – sono il simbolo di un’azienda di Stato che ha rinunciato agli italiani.
Sì, la notizia è vera: il 17 dicembre 2025, cerimonia ad Ancona con consegna di 30 attestati per il primo ciclo. I corsi continuano nel 2026, con centinaia di ore erogate e oltre 250 partecipanti stranieri. Motivo ufficiale: “sicurezza sul lavoro” e “inclusione”. Tradotto: questi operai arrivano senza sapere una parola d’italiano, ma Fincantieri li assume lo stesso tramite indotto e subappalti.
**Fincantieri: da eccellenza italiana a colonia bengalese**
Fincantieri, controllata dallo Stato (attraverso Cassa Depositi e Prestiti), è leader mondiale nella navalmeccanica. Ma nei suoi cantieri la realtà è diversa: **70-80% dei lavoratori dell’indotto sono stranieri**, soprattutto bengalesi (un quarto del totale in alcuni siti). Problemi storici: caporalato (indagini e condanne per sfruttamento, paghe sotto 7 euro/ora, restituzione stipendi), degrado quartieri (Monfalcone: 1 residente su 3 straniero, tensioni sociali), sicurezza compromessa.
Gli italiani? “Non vogliono lavorare” dicono i vertici – ma la verità è che i salari bassi, contratti precari e condizioni dure scoraggiano i giovani autoctoni, che emigrano (156.000 nel 2024). Invece di investire in formazione italiana, tecnologia (robot per saldature) o salari dignitosi, Fincantieri importa manodopera a basso costo, organizza corsi di italiano pagati con soldi pubblici e promuove “inclusione” mentre i quartieri diventano enclavi.
**Meglio chiudere o delocalizzare che finanziare la sostituzione etnica**
Se Fincantieri non può funzionare senza bengalesi che non parlano italiano, allora:
– **Chiudiamola**: azienda di Stato che dà lavoro solo a stranieri non serve all’Italia.
– **Delocalizziamo in Cina o Bangladesh**: almeno navi fatte bene, costi bassi, senza moschee e degrado nei nostri quartieri.
Alternative reali: investire in automazione (Fincantieri già lo fa parzialmente), formare giovani italiani con salari adeguati, priorità assunzioni autoctone.
Ma no: preferiscono il modello “multiculturale” – corsi di italiano per stranieri, mediatori culturali, “everyDEI” per diversity. Risultato: italiani sostituiti, risorse drenate, identità persa.
**L’Italia agli italiani: basta con aziende di Stato al servizio della globalizzazione**
Fincantieri è nostra, pagata con tasse italiane. Deve dare lavoro e futuro agli italiani, non corsi di italiano a chi ci sostituisce. Stop subappalti selvaggi, stop immigrazione per manodopera schiava, investimenti in tecnologia e formazione nazionale.
Altrimenti, delocalizzi pure: meglio navi cinesi che un’Italia bengalese. Svegliamoci: Fincantieri o chiude o torna italiana!


Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment