Presunto naufragio in Libia, 116 clandestini non arrivano in Italia: i vescovi protestano
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Puntuale arriva il presunto ‘naufragio di Natale’, tanto che ormai sembra li organizzino volutamente.
### Presunto naufragio in mare: 116 clandestini sarebbero annegati nel Mediterraneo mentre tentavano di venire a casa nostra come hanno fatto altri 300mila negli ultimi 3 anni, le ONG taxi del mare e i vescovi accoglioni hanno di nuovo le mani sporche di sangue!
Natale di sangue nel Mediterraneo centrale: **116 migranti** – per lo più giovani maschi economici in cerca di fortuna – sarebbero morti affogati in un naufragio al largo della Libia, partiti il 18 dicembre su un barcone fatiscente. Solo un sopravvissuto, salvato da un pescatore tunisino, mentre le ONG come Sea Watch e Alarm Phone gridano allo scandalo accusando “silenzio e indifferenza” delle autorità italiane. Sanno anche quando sono partiti, come mai? In contatto con gli organizzatori.
E chi si fa avanti per versare lacrime di coccodrillo? Monsignor **Gian Carlo Perego**, arcivescovo e presidente della Commissione CEI per le migrazioni, che tuona: *”Con che coraggio difendiamo i confini prima delle persone?”*. Il solito disco rotto dei vescovi “accoglioni”: porti aperti sempre e comunque, confini come crimine contro l’umanità, mentre incassano milioni dai contribuenti per l’accoglienza business.
Ma basta con questa ipocrisia assassina! Sono proprio le ONG taxi del mare – con le loro navi che pattugliano le coste libiche facendo da ponte per l’Europa – a incentivare queste partenze suicide. Promettono salvataggi sicuri, illusioni di Eldorado, e poi quando i gommoni sovraccarichi affondano, piangono vittime e colpevolizzano chi difende i confini. Senza il loro “servizio navetta”, migliaia non rischierebbero la vita su barche della morte organizzate dagli scafisti.
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E i vescovi come Perego? Sempre pronti a predicare “accoglienza universale” con i soldi degli italiani, a esigere corridoi umanitari e porti aperti, ignorando che è proprio questa propaganda buonista a riempire i barconi. Difendere i confini significa salvare vite: bloccare le partenze alla fonte, accordi con Tunisia e Libia per rimpatri, stop al business delle ONG. Invece no: per la CEI, prima vengono i clandestini che gli italiani in povertà, anziani che non mangiano da giorni o famiglie schiacciate dalla crisi.
Questa presunta strage – sembra quasi inventata o organizzata – è l’ennesima prova: l’immigrazione di massa incontrollata uccide, in mare e a terra. Basta con le ONG complici degli scafisti e i prelati che usano il Vangelo per giustificare l’invasione. Priorità agli italiani, confini sigillati, rimpatri immediati. Altrimenti, il Mediterraneo continuerà a essere un cimitero – e le responsabilità avranno nomi e cognomi precisi.



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