Giudici che finanziano le ONG decidono se i clandestini possono restare in Italia
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Come può un giudice, che finanziariamente supporta le ONG attive nel Mediterraneo, tra cui alcune accusate di facilitare l’immigrazione clandestina, essere poi chiamato a decidere sulla sorte degli stessi migranti? Questa domanda sorge spontanea dinanzi alle attività di Silvia Albano, la giudice che, attraverso i social media, non solo appoggia apertamente organizzazioni come Sea Watch, ma ha anche contribuito economicamente a campagne, come quella per la Mare Jonio, legata a figure sotto indagine per favoreggiamento dell’immigrazione.
“Toga che ha fermato trasferimenti in Albania ha finanziato le ONG”
Questa situazione rappresenta un chiaro conflitto d’interessi, sollevando seri dubbi sull’imparzialità di Albano nelle sue funzioni giudiziarie. Quando un giudice si schiera così visibilmente, la sua capacità di emettere sentenze obiettive su materie in cui ha dimostrato un coinvolgimento personale viene inevitabilmente messa in discussione. La giustizia, per essere tale, deve non solo essere cieca ma anche apparire tale, e casi come questo rischiano di minare la fiducia pubblica nel sistema giudiziario italiano.
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