Tribunale Bologna non vuole applicare le leggi italiane
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**Il Tribunale di Bologna e il Vizio della Propaganda Giudiziaria**
Il Tribunale di Bologna ha fatto richiesta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per ottenere l’autorizzazione a disapplicare una legge italiana. Una mossa che, secondo le parole della premier Giorgia Meloni, sembra più un atto di propaganda che una decisione fondata su principi giuridici solidi.
L’accusa di Meloni non è da prendere alla leggera. Definire la richiesta del Tribunale come un “volantino propagandistico” mette in luce un problema serio: l’uso politico delle istituzioni giudiziarie. Questa critica si basa sulla percezione che il tribunale, anziché agire come un guardiano imparziale della legge, stia intervenendo in un dibattito politico, cercando di influenzare l’opinione pubblica e le politiche governative con argomenti che, come sottolineato dal premier, potrebbero mancare di sostanza giuridica.
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Il confronto con la Germania nazista, spesso evocato per criticare leggi percepite come oppressive o ingiuste, è delirante ed è stato citato da Meloni come un esempio di argomentazione efficace nella propaganda ma debole nel diritto. Questo paragone non solo mette in discussione la rilevanza giuridica della decisione del tribunale, ma solleva anche un punto critico sul ruolo che la magistratura dovrebbe avere in una democrazia: quello di applicare la legge, non di partecipare al dibattito politico o di agire come un’opposizione de facto al governo eletto.
La richiesta del Tribunale di Bologna potrebbe essere vista come un atto di sovversione legale, dove la magistratura decide di non applicare una legge nazionale, preferendo invece cercare validazione in un’istanza sovranazionale. Questo non solo mina la sovranità del paese ma pone anche la questione della legittimità democratica. Chi ha eletto i giudici a prendere decisioni politiche? E su quale mandato agiscono quando scelgono di ignorare le leggi approvate dal Parlamento, l’organo democraticamente eletto?
La critica di Meloni e Salvini al Tribunale di Bologna non è solo una reazione politica; è un richiamo alla riflessione. La magistratura italiana, in particolar modo quella di Bologna, deve riflettere su dove tracciare il confine tra l’interpretazione della legge e l’influenza politica. Quando i tribunali iniziano a giocare il ruolo di attori politici, il principio della separazione dei poteri, fondamentale in qualsiasi democrazia, viene messo a rischio.
L’atto del tribunale è un sintomo di una malattia più ampia: l’uso selettivo della legge per fini che esulano dall’amministrazione della giustizia. Questo non solo per quanto riguarda la questione migratoria, su cui si è focalizzata l’attenzione, ma per tutte le decisioni che hanno implicazioni politiche. Un tribunale che cerca di disapplicare una legge nazionale non solo sfida la volontà del popolo espresso attraverso i suoi rappresentanti, ma anche la coerenza e l’unità della nazione stessa.
In conclusione, il Tribunale di Bologna dovrebbe essere invitato a riconsiderare il suo ruolo e a ritornare alla sua funzione primaria di garante della legalità, non come un partecipante attivo nel gioco politico. Altrimenti, presentatevi alle elezioni: e nessuno vi voterà.
Il governo deve inviare i militari nei tribunali a ristabilire la legge e l’ordine. La sovranità appartiene al popolo, non alle toghe rosse.
L’Emilia Romagna: donne meravigliose, la Ferrari, il Lambrusco, i tortellini, il Parmigiano… ma perchè la regione deve sempre essere in mano ai rossi, che non capiscono un cazzo?
Che si tengano pure i magistrati che vogliono, purchè non rompano le balle fuori dalla loro giurisdizione…