Mamma Pamela scrive al Papa: africani continuano ad uccidere e da lei silenzio
Related Articles
All’epoca dei fatti, da cristiana e da mamma, speravo in una Sua parola di conforto, in un incontro con Lei che purtroppo, ad oggi, non sono ancora mai arrivati.
Rimasi così male dell’assenza di quelle Sue parole in un momento per me di Grande Sofferenza.
**La Lettera di Alessandra Verni al Papa: Un Accorato Appello per la Giustizia**
Alessandra Verni, mamma della vittima degll’immigrazione Pamela Mastropietro, ha rivolto una lettera aperta a Papa Francesco, non solo per cercare conforto spirituale, ma per denunciare il silenzio assordante delle istituzioni, inclusa la Chiesa, di fronte a un crimine che ha lacerato l’Italia. Dal suo letto d’ospedale, mentre combatte contro un carcinoma alla mammella, Verni non si arrende nella sua battaglia per la giustizia.
La sua missiva è un atto d’accusa contro l’indifferenza di Papa Francesco, che in passato non ha offerto né parole di conforto né l’abbraccio fraterno che una madre in lutto avrebbe meritato. Ma non è solo il silenzio del Papa che Verni condanna; è anche il fallimento dei politici e dei magistrati nel difendere i cittadini dalle conseguenze di un’immigrazione non regolata e mal gestita.
Pamela, una giovane di appena 18 anni, fu vittima di un atto di violenza inaudita, che ha rivelato al mondo intero il lato oscuro di una politica di accoglienza che ignora la sicurezza e il rispetto per la vita umana. Verni descrive con crudo realismo l’atrocità subita da sua figlia: violenza, mutilazione, e un orrore che nessuna madre dovrebbe mai dover descrivere.
La critica di Verni si estende ai politici che strumentalizzano tragedie per guadagno politico, senza mai spingersi a riformare un sistema che ha permesso a criminali come Innocent Oseghale e i suoi complici di circolare liberamente. La madre di Pamela domanda a gran voce perché non ci sia la stessa urgenza nel proteggere le vittime come nel difendere i diritti dei detenuti, e perché i complici rimangano impuniti.
Verni accusa l’immigrazione incontrollata di essere un fattore che alimenta insicurezza e paura nella popolazione. Invita il Papa non solo a pregare, ma a usare la sua influenza per spingere verso una gestione più equilibrata e responsabile dell’accoglienza, che non comprometta la sicurezza dei cittadini italiani.
Questa lettera è un grido di allarme: un richiamo alla responsabilità per chi ha il potere di cambiare le cose. È un invito al Papa a non essere solo un osservatore silenzioso, ma un attore attivo nella lotta contro l’ingiustizia, nella protezione dei più vulnerabili e nel richiedere una giustizia che non sia solo di facciata. È un appello perché la memoria di Pamela non sia solo un ricordo di dolore, ma uno stimolo per un cambiamento radicale nel modo in cui l’Italia, e il mondo, affrontano la violenza, l’immigrazione e la giustizia.
Papa Francesco,
Le scrivo da un letto di ospedale per essere operata di carcinoma alla mammella e La prego di non rimanere ancora indifferente davanti a tanto dolore, causato dalla perdita di mia figlia.
Mi perdonerà se Le scrivo pubblicamente ma penso sia l’unico modo perché queste mie parole Le arrivino, dati anche i Suoi tanti impegni importanti per la pace e le varie ingiustizie nel mondo. Le chiedo, però, di non dimenticare anche l’ingiustizia perpetrata su mia figlia Pamela.
Spero, con questa lettera, Lei possa ascoltare il mio grido di aiuto, perché non so più a chi rivolgermi su questa terra.
Mi presento, sono Alessandra Verni mamma di Pamela Mastropietro.
Conoscerà, immagino, la tragedia di mia figlia, raccontata dal gennaio 2018, da tante trasmissioni televisive e su tante testate giornalistiche italiane e mondiali.
Pamela era una ragazza di 18 anni, quando fu strappata alla vita da una violenza e una disumanità inaudita, a dir poco demoniaca, che nessun essere umano può immaginare. È stato definito un unicum nella storia degli ultimi 50 anni della criminologia mondiale.
Era una ragazza piena di vita, mia figlia, giovane, bella, socievole, simpatica, altruista, solare, dolce, sensibile, tanto che aiutava sempre chi era in difficoltà e non si tirava mai indietro davanti alle ingiustizie. Aveva delle fragilità, come possiamo averle tutti quanti noi, ma era sempre determinata, tanto che si stava riprendendo la vita in mano.
Pamela è stata violentata, picchiata, drogata, uccisa con 2 coltellate, fatta a pezzi, disarticolata chirurgicamente, scuoiata, tolti degli organi, decapitata, tagliati i seni, lavata con la candeggina e messa in 2 trolley lasciati sul ciglio di una strada, a Macerata (città di Maria).
Non ci furono manifestazioni di femministe o di certi partiti politici che, come vediamo spesso in televisione, si avvicinano alle tragedie solo per un loro resoconto politico quando invece la violenza riguarda tutti e non dovrebbe dividere, ma unire le persone perché non avvenga più.
Servono certezze di pena, senza sconti, serve che le vittime vengano tutelate, rispettate, ascoltate ed aiutate.
Le chiedo di non dimenticare perché, mentre alcuni potenti cercano giustizia per i detenuti, c’è anche una giustizia che dobbiamo alle vittime e alle loro famiglie.
Dopo cinque gradi di giudizio è stato condannato solo Oseghale, mentre gli altri complici sono liberi di continuare a delinquere, violentare e uccidere.
Nonostante le tante archiviazioni, ho sempre cercato aiuto dalle varie istituzioni, anche da quelle del luogo dove vi fu il martirio di mia figlia, per far aprire delle indagini verso i complici di Oseghale o per fare una commissione d’inchiesta, ma senza avere nessun riscontro positivo e dando così, a mio avviso, più potere a chi compie queste violenze inaudite. Inoltre, confermando, ancora di più, la convinzione che dietro l’efferato omicidio di Pamela, ci sia qualcosa di più grande che molte persone, anche potenti, non vogliono far uscire fuori.
Voglio essere sincera con Lei e Le confesso che, all’epoca dei fatti, da cristiana, da essere umano e da mamma, speravo in una Sua parola di conforto, in un Suo abbraccio fraterno, in un incontro con Lei che purtroppo, ad oggi, non sono ancora mai arrivati.
Rimasi così male dell’assenza di quelle Sue parole in un momento per me di Grande Sofferenza.
Il 10 maggio 2023, venne a mancare anche il papà di Pamela per il forte dolore e ora, nonostante io debba combattere anche contro il figlio di quel dolore che ha trafitto con le lame il mio cuore, io non mi fermo. Nonostante mi abbiano diagnosticato il tumore al seno, continuerò sempre a cercare e gridare Giustizia per Pamela, perché non avvenga più una violenza così orribile, perché già una vittima è troppo, perché ogni loro ferita è anche nostra.
Il 23 agosto 2024, giorno in cui la mia bambina avrebbe compiuto 25 anni, ho scritto una lettera al carnefice di mia figlia per chiedergli un incontro in carcere. Credo che guardare negli occhi chi ha causato tanto male, possa essere d’aiuto per trasformare questo dolore in qualcosa di costruttivo e di non distruttivo.
Vorrei cercare di fargli capire le conseguenze delle sue scelte sbagliate, della distruzione che provoca la mancanza di rispetto, del dolore che mi ha condannata a portare per tutta la vita.
Spero che da questo incontro possa emergere un barlume di umanità e di verità che possa portare ad una profonda riflessione. Non cerco vendetta ma verità, giustizia e pace. Non voglio essere schiava della rabbia e del suo male.
Le chiedo, con la Sua Autorità e per ciò che rappresenta sulla terra, di non restare indifferente e di intercedere, con le istituzioni e con la magistratura, affinché venga fatta piena giustizia per Pamela. Le chiedo di intercedere perché i suoi complici e chiunque li protegga, vengano portati davanti alla legge.
La società civile è in pericolo e il silenzio di chi dovrebbe agire non fa altro che aggravare la situazione, alimentando violenza su violenza, paura su paura. Ci sono persone potenti, uomini privilegiati, che proteggono chi non dovrebbe neppure essere qui in Italia, forse lo fanno per scopi di potere, ferendo però così un Paese che, per la sua storia e la sua stupenda cultura, rischia di cadere in un baratro senza fine.
Non parlo solo come madre ma anche come donna che chiede giustizia non solo per mia figlia, ma per tutte le vittime coinvolte in violenze inaudite da parte di chi non avrebbe dovuto avere la possibilità di far loro del male.
Ogni storia di violenza è un grido che ci chiede di non restare indifferenti e un motivo per lottare affinché tragedie simili non si ripetino più. Le nostre istituzioni e la magistratura hanno il dovere morale di garantire sicurezza, tutela e giustizia a tutti noi cittadini.
Hanno il compito di punire, in modo esemplare e senza sconti di pena chi compie questi crimini atroci. La giustizia non può essere lenta o indulgente. Le decisioni che prendono non riguardano solo la legge, ma anche la vita reale delle persone.
È troppo facile additare, discriminare, dimenticare e trascurare le vittime e le loro famiglie è molto più difficile pensare e immedesimarsi: “E se fosse successo a me?”.
Per questo è essenziale ricordare queste storie, non solo per onorare la memoria delle nostre vittime, come anche la storia ci insegna, ma anche per sensibilizzare la nostra società, affinché si possa fare tutto il possibile per prevenire che altre famiglie vivano lo stesso dolore.
Non posso più piangere in silenzio. Voglio che la mia voce, e la voce di Pamela, vengano ascoltate. La Verità deve emergere, e la Giustizia deve essere fatta, anche sulla Terra.
Sono consapevole del Suo appello costante all’accoglienza, ma ciò che vedo ogni giorno è un’accoglienza fuori controllo, non equilibrata. Molti di coloro che arrivano nel nostro Paese con i barconi, come i carnefici di mia figlia, non desiderano integrarsi, non vogliono rispettare la nostra cultura, la nostra gente, il nostro vivere civile, la nostra religione.
Lo dichiarano loro stessi, lo vediamo con i nostri occhi nelle strade e nei resoconti delle trasmissioni televisive e testate giornalistiche.
È giusto accogliere chi veramente ha bisogno, ma è anche giusto che chi viene accolto porti rispetto e senso di dovere civico a chi li sta ospitando altrimenti, come stiamo vivendo tutti, non c’è equilibrio più in nulla con il rischio, anche di una guerra civile.
Questo porta a un senso di smarrimento e di insicurezza tra coloro che, come me, desiderano vedere un futuro in cui tutte le comunità possano convivere in armonia.
Le chiedo di ascoltare le parole di una madre che, nonostante tutto, continua a lottare per il Rispetto, l’Amore e la Giustizia di sua figlia Pamela.
Con Fede,
Alessandra Verni
Secondo me la risposta sarà “Cara figliola, hai ragione ma sai quanto incassiamo per ogni baluba? Stai tranquilla, tua figlia è senz’altro in paradiso e noi siamo così generosi da non mandarti la fattura…”
Quello vestito di bianco che comanda la chiesa (non riesco a usare un altro termine) ha esplicitamente detto cheI MIGRANTI (IRREGOLARI) SONO DONI!
Siamo oltre il termine “risorse” care alla sinistra!
Cosa si puo’ aspettare cara signora da questa gente che predica nelle chiese!
MI dispiace tanto per sua figlia!