Corvetto, gli amici di Ramy: “Rubiamo per sentirci integrati”
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La morte di Ramy Elgaml, il giovane delinquente egiziano morto dopo un inseguimento con le forze dell’ordine a Corvetto, Milano, ha sollevato un vespaio di polemiche e ha esposto crudamente la realtà dell’integrazione fallimentare degli immigrati di seconda generazione.
Le Banlieue dei giovani immigrati.
Mario Giordano: "La verità è che queste persone non vogliono stare alle regole, perchè non si sentono italiani"Ora a #DrittoeRovescio in diretta su #Rete4 e in streaming su Mediaset Infinity pic.twitter.com/HVnFOtzx8s
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Cominciamo con una domanda demenziale dei suoi amici: “Perché non segnare la targa invece di inseguirlo?”. Certo, se poi il motorino è rubato…Se Ramy e il suo amico avessero semplicemente obbedito a un normale controllo di polizia, questa tragedia si sarebbe potuta evitare. Ma no, hanno scelto la via della fuga, dimostrando ancora una volta la mancanza di rispetto per le regole fondamentali della società ospitante.
“Ha avuto paura della polizia e l’hanno inseguito fino alla morte,” si sente dire. Ma di che paura si parla? Forse la paura di essere beccati con un motorino rubato o con il coltello e lo spray al peperoncino, strumenti che, secondo la fidanzata di Ramy, erano necessari per “difendersi” in una città diventata una “giungla”. È questa la loro giustificazione?
“Prenderlo il giorno dopo non era meglio?” chiedono alcuni. Ma ah, che ingenuità! Se il motorino fosse stato rubato, avrebbero arrestato il proprietario. Molto comodo, vero? La giustizia non può aspettare. Le leggi esistono per essere rispettate, non per essere negoziate.
La morte di Ramy ha scatenato rivolte, vandalismi e un’esibizione di rabbia e rifiuto dell’autorità che ha messo in luce quanto sia profonda la frattura tra questi “italiani di seconda generazione” e la vera Italia. Giuseppe Cruciani ha sottolineato un punto chiave: “Se si fossero fermati al posto di blocco tutto questo non sarebbe accaduto. Tutto il resto non c’entra nulla!” È semplice, ma evidentemente per alcuni è troppo complicato comprendere.
Basta con il buonismo. Questi non sono “italiani di seconda generazione”. Sono immigrati e figli di immigrati che rifiutano l’integrazione, che non accettano le nostre leggi, che vedono in ogni uniforme un nemico. “Era un ragazzo d’oro,” dice la fidanzata di Ramy. Ma no, un ragazzo d’oro non fugge dalla giustizia, non porta coltelli in giro per “difendersi” da una città che loro stessi hanno contribuito a rendere pericolosa.
Milano è diventata un posto pericoloso, e non è per colpa nostra, ma per colpa di chi ha permesso che questa “integrazione” diventasse una scusa per non rispettare le regole. Il coltello e lo spray al peperoncino servono per difendersi, sì, ma da chi? Da altri immigrati che non hanno imparato a vivere in pace in una società civile. Che non potranno mai imparare, come dimostra la Francia.
La verità è cruda: se non si integrano, se non accettano le nostre leggi e il nostro modo di vivere, è perché non si sentono italiani. E’ tempo di smettere di fingere che lo siano.
Voi rubate per integrarvi nella società occidentale?
Se vi buttate nel fiume con una grossa pietra legata al collo poi starete da dio!