Francia, condannato per blasfemia chi critica l’Islam
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La Censura Pro-Islamica in Francia: Il Caso di Bourg-en-Bresse
Recentemente, a Bourg-en-Bresse, un uomo è stato condannato per “provocazione pubblica all’odio” dopo aver affisso dei manifesti che citavano passaggi violenti del Corano. Questo caso solleva gravi interrogativi sulla libertà di espressione in Francia e su come viene gestita la critica all’Islam nel paese.
Il 18 settembre 2024, un insegnante delle scuole elementari del sud di Lione si è presentato davanti al tribunale, accusato di aver diffuso le stesse affiches. Il suo intento, secondo quanto dichiarato, era quello di “interpellarci sulla realtà violenta di certi dogmi islamici” senza voler gettare discredito sui musulmani in generale. Questo insegnante, che aveva già subito un arresto e una sospensione dal lavoro per via delle sue idee, è stato condannato a quattro mesi di prigione con sospensione della pena e una multa di 2000 euro. Il procuratore ha sostenuto che le affissioni avessero l’obiettivo di “incoraggiare il rifiuto della comunità musulmana”.
In pratica in Francia c’è il reato di blasfemia. Povero Voltaire.
Questo episodio è emblematico di una tendenza preoccupante in Francia: la censura verso chi osa criticare l’Islam, anche se con l’intento di avviare un dibattito su questioni di interesse pubblico. La libertà di espressione, un pilastro della democrazia francese, sembra essere messa in discussione quando si tratta di critiche alle religioni, in particolare all’Islam. Non si tratta di incitare all’odio ma di esercitare un diritto sacrosanto di critica, riconosciuto dalla legge francese e dalle convenzioni internazionali sui diritti umani.
A Bourg-en-Bresse, le affissioni erano state collocate in punti strategici della città, tra cui il rond-point de Tanvol e il centro commerciale Cap Émeraude, utilizzando anche i pannelli pubblicitari del circo Zavatta. Queste affiches, che ponevano domande provocatorie sull’Islam, hanno generato non solo indignazione ma anche una risposta repressiva della municipalità e delle autorità. Jean-François Debat, sindaco della città, ha definito il contenuto come un’offesa esplicita che implica che “l’Islam sarebbe una religione di odio”. Lo è.
L’azione legale contro l’insegnante è una chiara manifestazione di come la critica all’Islam venga censurata in Francia, spesso con accuse che confondono la legittima critica religiosa con l’islamofobia. Questa tendenza rischia di soffocare il dibattito pubblico, trasformando la Francia in un luogo dove la libertà di espressione è condizionata dalla paura di ritorsioni legali o sociali.
Controbilancia il fatto che io cristiano non posso aprire una chiesa alla mecca?
No, e allora andatevene affanculo…