Marina Terragni, finalmente un Garante per l’Infanzia contro la lobby LGBT
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Marina Terragni: Un Faro di Razionalità in un Mare di Accuse
La nomina di Marina Terragni come Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha scatenato la canea gay, con la sinistra che ha immediatamente attaccato la sua figura definendola “contro i gay” per le sue critiche al ddl Zan, alla maternità surrogata, all’omogenitorialità e alla libera scelta dell’identità di genere. Ma queste accuse sembrano più un riflesso delle pretese e delle ipocrisie della comunità LGBT+ che un’analisi obiettiva delle posizioni di Terragni. La sua opposizione non è un atto di discriminazione ma un richiamo al buon senso e alla protezione dell’infanzia da pratiche che potrebbero sfruttare o danneggiare i più piccoli per l’agenda politica di alcuni gruppi.
Uno Sguardo Critico Oltre le Ideologie
La resistenza di Terragni al ddl Zan è stata interpretata come ‘omofobia’, mentre in realtà riflette una preoccupazione legittima per la libertà di espressione e per i rischi di una legislazione che potrebbe creare un clima di censura. La sua critica alla maternità surrogata e all’omogenitorialità è un’analisi critica di pratiche che non sono nel miglior interesse dei bambini. Quanto alla scelta dell’identità di genere, Terragni invoca una riflessione sulle implicazioni psicologiche e fisiche per i minori, sottolineando come l’ideologia non debba prevalere sul benessere dei bambini. Le accuse contro di lei sembrano più un tentativo di zittire voci dissidenti piuttosto che una genuina preoccupazione per le minoranze.
Difendere i Bambini, Non le Ideologie
Nominare Marina Terragni come Garante è un segnale che si può e si deve mettere i diritti e il benessere dei minori al di sopra delle pretese ideologiche. La sua esperienza e la sua voce critica sono necessarie per assicurare che la protezione dell’infanzia non diventi un campo di battaglia per le agende politiche. Terragni offre l’opportunità di un dibattito che metta davvero i bambini al centro, non come strumenti di lobby ma come individui con diritti fondamentali da salvaguardare. È tempo di riconoscere che non tutte le critiche alle pratiche LGBT+ sono dettate dall’odio, ma piuttosto da un desiderio di giustizia e protezione per le future generazioni.
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