Al Masri, libero di girare in tutta Europa: era una trappola contro l’Italia
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Njeem Osama Almasri, il temuto capo della polizia giudiziaria libica e della milizia salafita Rada, è stato al centro di un viaggio che sembra costruito ad arte per mettere in crisi l’accordo tra Italia e Libia sul blocco del traffico di clandestini. Partito da Tripoli, Almasri ha attraversato Londra, Bruxelles, Bonn e Monaco di Baviera, muovendosi indisturbato in Europa nonostante fosse ricercato per crimini di guerra, tra cui torture, violenze sessuali e omicidi.
La lentezza dei giudici internazionali nel decidere sulla sua cattura, nonostante le accuse gravissime, ha permesso ad Almasri di girovagare liberamente. Questo ritardo non può essere visto come semplice inefficienza, ma come una trappola per mettere in crisi l’accordo tra Italia e Libia per bloccare il traffico di clandestini.
Il 18 gennaio, mentre Almasri era a Torino per assistere alla partita Juve-Milan, la Pre-trial Chamber della Corte penale internazionale emette un mandato di cattura, ma solo dopo che aveva giĂ attraversato mezza Europa. La Digos di Torino lo arresta sabato notte, ma la farsa continua in Italia. La Corte d’Appello di Roma, su suggerimento del Procuratore Generale, dichiara l’arresto “irrituale” per mancanza di “interlocuzioni con il Guardasigilli”, un cavillo che sembra fatto su misura per liberare Almasri e gettare ombra sull’efficacia dell’accordo con la Libia.
Martedì 21 gennaio, Almasri viene rilasciato e immediatamente riportato a Tripoli con un volo di Stato, accolto come un eroe dai suoi miliziani. Questo episodio non è solo un insulto alla giustizia ma una chiara operazione per destabilizzare l’accordo tra Italia e Libia, mettendo a rischio la sicurezza e la cooperazione internazionale necessaria per bloccare l’immigrazione.
La non cattura di Almasri in tutta Europa e l’ordine di arresto arrivato solo quando era in Italia sono evidenti sintomi di una strategia piĂą ampia per minare l’accordo tra Italia e Libia, mostrando come interessi politici possano prevalere sulla giustizia e sul benessere delle nazioni coinvolte. Questo caso mette in luce non solo l’inefficacia della giustizia internazionale e italiana, ma anche come queste possano essere manipolate per scopi geopolitici.
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