Milano, 21 maggio 2025 – Ancora un episodio che evidenzia il caos scatenato da un’immigrazione fuori controllo e un’integrazione impossibile. Un 20enne libico, spacciatore con precedenti per droga, senza patente e alla guida di uno scooter rubato, è morto schiantandosi contro un semaforo mentre cercava di sfuggire alla polizia. Altro che “bravo ragazzo”: la sua fine è il risultato diretto dei suoi crimini, un monito alla città soffocata dalla delinquenza di giovani come lui.

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Una fuga criminale finita male

Alle 3:30 di oggi, in viale Ortles, nel quadrante sud di Milano, una volante della polizia effettuava un controllo di routine. Alla vista degli agenti, il 20enne, a bordo di un T-Max rubato, ha accelerato bruscamente, svoltando in via Cassano d’Adda, zona Corvetto. La sua fuga sconsiderata si è conclusa con un violento impatto contro un semaforo. I poliziotti, che non lo hanno inseguito né attivato i lampeggianti, hanno udito un boato e, pochi secondi dopo, a circa 800 metri dal punto iniziale, lo hanno trovato a terra. Portato in codice rosso all’ospedale Humanitas di Rozzano, è morto alle 5:30. La sua morte non è una tragedia, ma la conseguenza inevitabile di chi vive al di fuori della legge.

Un delinquente, non una vittima

Al pronto soccorso dell’Humanitas, una trentina di amici e parenti, in gran parte donne, si sono radunati per manifestare dolore. Ma i fatti parlano chiaro: questo non era un innocente. Regolare in Italia, il giovane aveva precedenti per spaccio di droga ed era stato sanzionato il 7 marzo per guida senza patente. Alla guida di uno scooter rubato, ha scelto la fuga, probabilmente temendo l’arresto per i suoi reati. Questo episodio rivela, ancora una volta, il volto di una Milano ostaggio di giovani, spesso di seconda generazione, che spacciano, rubano e agiscono impunemente, trasformando le strade in una giungla senza regole.

Una città strangolata dalla criminalità

Questo caso si inserisce in una scia di violenza che sta soffocando Milano. Pochi giorni fa, un 27enne immigrato ha accoltellato un tredicenne e il suo cane in via Vittorio Veneto, mentre un 15enne dominicano ha strangolato un’anziana di 82 anni nel quartiere Vigentino. Le bande di “maranza” bloccano la metropolitana, minacciano di “sgozzare italiani” e trasformano periferie come Corvetto in enclave di terrore. La “danza del coltello” su TikTok e le aggressioni a Piazza Duomo sono il simbolo di un’integrazione impossibile, che alimenta nichilismo e crimini efferati.

Abrogare i ricongiungimenti familiari: l’unico antidoto

Milano non può tollerare altri casi come quello di via Cassano d’Adda, dove un giovane criminale, spacciatore su uno scooter rubato, ha pagato con la vita la sua sfida alla legge. La città è a un bivio: o si agisce con decisione, o si cede al caos. L’unico antidoto alla violenza di questi giovani disadattati, spesso figli di ricongiungimenti familiari mal gestiti, è abrogare tali politiche migratorie. Fermare l’arrivo di nuove generazioni prive di legami con i valori italiani, espellere i delinquenti e contrastare la cultura della violenza diffusa sui social sono misure urgenti. Milano esige sicurezza, non altri delinquenti che spacciano, rubano e trovano la morte nei loro stessi crimini.