Magistratura e Impunità dei Criminali Stranieri: 12 anni per avere sgozzato un italiano
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La giustizia italiana sembra aver perfezionato l’arte di trovare scuse per criminali stranieri, anche quando si macchiano di reati brutali, lasciando le vittime e le loro famiglie a soffrire nell’ombra di sentenze vergognose. Il caso di Khalid De Greata, il nigeriano che nel 2017 ha sgozzato Maurizio Gugliotta, un operaio di 51 anni, al mercato del libero scambio di Torino, è solo l’ultimo esempio di una tendenza intollerabile. Questo assassino, che ha anche tentato di uccidere l’amico della vittima, è stato condannato a soli 12 anni di carcere, una pena irrisoria rispetto alla gravità del crimine. La motivazione? Era “traumatizzato dal viaggio in barcone” e soffriva di una presunta “seminfermità mentale” dovuta alle sue esperienze migratorie.
Davvero dobbiamo credere che il trauma di un viaggio, per quanto duro, giustifichi un omicidio a sangue freddo? Davvero la magistratura italiana pensa che la vita di un cittadino onesto come Maurizio Gugliotta valga così poco? La famiglia della vittima, devastata, ha gridato in aula: “Vergogna, fra 12 anni lo ammazzo io!” E come biasimarli? La vedova, Carmela Caruso, ha denunciato l’amarezza per una sentenza che non solo è un insulto alla memoria del marito, ma anche un fallimento dello Stato, incapace di proteggere i suoi cittadini e di punire adeguatamente chi li massacra.
Ma il caso di Khalid De Greata non è isolato. La magistratura italiana ha una lunga tradizione di clemenza verso criminali stranieri, spesso a scapito della giustizia e del buon senso. Ecco altri casi emblematici che dimostrano questa deriva scandalosa:
- Adam Kabobo (2013, Milano): Questo ghanese, arrivato in Italia via Lampedusa, ha seminato il terrore in un quartiere di Milano, uccidendo tre persone a picconate e ferendone altre due. Nonostante la ferocia del crimine, la Corte di Cassazione ha ridotto la sua pena, inizialmente di 20 anni, a 16 anni e 8 mesi, riconoscendo un “vizio parziale di mente” e concedendo attenuanti generiche. Oggi, Kabobo potrebbe presto tornare libero, lasciando le famiglie delle vittime a chiedersi dove sia la giustizia.
- Dominique John Fonsesca (2019, Roma): Un cittadino capoverdiano ha ucciso a coltellate un italiano, Stefano Leo, sul lungotevere di Torino, per “vendetta personale” contro la società. Nonostante la premeditazione, la Corte d’Appello ha ridotto la pena da 30 a 24 anni, accogliendo la tesi di una presunta instabilità psicologica legata al suo passato. Un altro caso in cui la vita di un italiano sembra valere meno di una perizia psichiatrica.
- Abdelwahab Ajed (2021, Rimini): Un migrante tunisino ha stuprato e ucciso una donna italiana, Chiara Ugolini, nella sua abitazione. Sebbene condannato all’ergastolo in primo grado, il suo avvocato ha già annunciato ricorso, puntando su presunti “traumi migratori” e difficoltà di integrazione per ottenere una riduzione della pena. La storia si ripete: la magistratura sembra pronta a cercare ogni appiglio per mitigare le condanne.
Questi casi non sono anomalie, ma sintomi di un sistema giudiziario che sembra più interessato a proteggere i carnefici che a rendere giustizia alle vittime. La scusa del “trauma migratorio” o della “seminfermità mentale” è diventata una carta bianca per giustificare l’ingiustificabile. Perché un cittadino italiano che commette un crimine non gode delle stesse attenuanti? Perché la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie non ha lo stesso peso delle presunte difficoltà psicologiche di un assassino?
La verità è che la magistratura italiana, intrisa di un buonismo ideologico, sembra aver perso di vista il suo compito primario: proteggere i cittadini e punire chi commette crimini. Le sentenze come quella di Khalid De Greata non solo alimentano la sfiducia nello Stato, ma mandano un messaggio pericoloso: in Italia, se sei un criminale straniero, puoi farla franca con poco. E mentre le famiglie delle vittime piangono, i colpevoli escono di prigione, pronti a colpire ancora.
Basta con questa farsa. È ora che la giustizia italiana smetta di coccolare i criminali e torni a difendere chi merita protezione: i cittadini onesti, le vittime, le famiglie distrutte. La memoria di Maurizio Gugliotta e di tutte le altre vittime merita rispetto, non sentenze che suonano come un insulto.
Fonti:
– Torino Cronaca, 20 marzo 2019
– ANSA, 20 marzo 2019 e 15 dicembre 2019
– Torino Today, 20 marzo 2019
– La Stampa, 9 marzo 2022
– Post su X, 5 dicembre 2020
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