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È stato arrestato il secondo dei due aggressori coinvolti nello stupro avvenuto nella stazione, un marocchino di 39 anni che si era dato alla fuga in Friuli. Il fermo è stato convalidato, e ora entrambi i sospettati si trovano in cella. La notizia ha scosso l’opinione pubblica, con dettagli che emergono lentamente grazie al racconto di una donna che ha soccorso la vittima. Quest’ultima ha descritto un episodio brutale, raccontando come gli aggressori l’abbiano picchiata violentemente, sbattendole la testa contro una panchina.

La privacy viene rispettata solo quando il criminale è straniero.

Se i due stupratori, ripresi durante il pestaggio e la violenza sessuale dalle telecamere di sorveglianza, fossero stati italiani, i giornali avrebbero già pubblicato

👉 fotografie
👉 nomi e cognomi
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— Francesca Totolo (@fratotolo2) July 18, 2025

Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno ripreso il pestaggio e la violenza, ma i volti dei due uomini rimangono oscurati, a tutela della loro privacy. Questo aspetto ha scatenato un acceso dibattito: molti si chiedono se la stessa discrezione sarebbe stata applicata qualora gli aggressori fossero stati italiani. È un sospetto ricorrente che, in casi simili, i media tendano a pubblicare foto, nomi e cognomi, professioni, testimonianze dei vicini e persino dettagli come il quadro astrale, quando i colpevoli appartengono alla comunità locale. Al contrario, nel caso di stranieri, la riservatezza sembra prevalere, alimentando accuse di doppi standard.

Le indagini proseguono, coordinate dalla polizia di Udine, con il supporto della Scientifica. La fuga del secondo stupratore in Friuli ha complicato le ricerche, ma la collaborazione tra le forze dell’ordine ha permesso di rintracciarlo. Intanto, la comunità chiede giustizia per la vittima, mentre il caso riapre il confronto su media, identità e trattamento dell’informazione.