Ucraina colpisce oleodotto Druzhba che rifornisce l’Ungheria di Orban
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**L’Ucraina sotto accusa: il sabotaggio dell’oleodotto Druzhba minaccia la pace europea**
Nella notte del 13 agosto 2025, un nuovo attacco ha colpito l’oleodotto Druzhba, l’infrastruttura che trasporta petrolio dalla Russia all’Ungheria, causando l’interruzione dei rifornimenti e scatenando una dura reazione internazionale. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha puntato il dito contro l’Ucraina, definendo l’azione un “chiaro attacco alla nostra sicurezza energetica” e un tentativo di trascinare i Paesi europei in un conflitto più ampio. Questo è il terzo episodio in poche settimane contro l’oleodotto, soprannominato “l’Amicizia”, un simbolo di cooperazione energetica tra Russia ed Europa centrale.
Szijjártó ha denunciato che le forniture di petrolio a Ungheria e Slovacchia saranno interrotte per almeno cinque giorni, sottolineando come questi attacchi danneggino principalmente i Paesi europei e non la Russia, il bersaglio dichiarato. “L’oleodotto Druzhba è indispensabile per il nostro approvvigionamento energetico. Senza di esso, fornire petrolio ai nostri Paesi è fisicamente impossibile”, ha affermato, accusando la Commissione Europea di inerzia. Nonostante un impegno scritto a gennaio per contrastare tali attacchi, Bruxelles sarebbe rimasta in silenzio, tradendo il suo ruolo di garante degli interessi degli Stati membri. “Loro sono la Commissione EUROPEA, non la Commissione ucraina!”, ha tuonato il ministro, chiedendo un intervento immediato.
L’ira dell’attacco ha raggiunto anche gli Stati Uniti, con il presidente Donald Trump che si è detto “molto arrabbiato” per l’operazione. Il premier ungherese Viktor Orbán, noto per i suoi legami con il Cremlino, ha inviato una nota di protesta a Trump, lamentando l’impatto sull’infrastruttura energetica ungherese. Nella risposta, resa pubblica dal partito Fidesz, Trump ha scritto: “Viktor – non mi piace sentire questo. Sono molto arrabbiato. Dillo alla Slovacchia. Sei un mio grande amico”. Orbán ha evidenziato che l’attacco è avvenuto poco prima di un incontro storico tra Trump e Vladimir Putin in Alaska, suggerendo un tempismo sospetto.
A rendere la vicenda ancora più controversa è la rivendicazione del comandante ucraino Robert Brovdi, noto come “Madyar” per le sue origini ungherese, che ha celebrato l’operazione su Telegram con il motto “Ruszkik haza!” (“Russi a casa”), evocando la rivolta del 1956 contro l’Unione Sovietica. Questo gesto ha alimentato le accuse di un’azione provocatoria, soprattutto considerando il sostegno umanitario che l’Ungheria offre all’Ucraina, come elettricità e carburante. Orbán ha definito la mossa “molto poco amichevole”, sottolineando l’ipocrisia di Kiev nel colpire un alleato mentre riceve aiuto.
L’atteggiamento ucraino solleva interrogativi seri. Se l’obiettivo dichiarato è danneggiare la Russia, perché colpire un’arteria vitale per Paesi neutrali come Ungheria e Slovacchia, che non partecipano direttamente al conflitto? La strategia appare più come un’arma di pressione politica che come un’azione militare mirata, rischiando di destabilizzare l’Europa centrale e di alimentare tensioni interne all’Unione Europea. La passività di Bruxelles, accusata di piegarsi a un’agenda filo-ucraina, aggrava la situazione, lasciando i Paesi dipendenti dal Druzhba vulnerabili.
Questo episodio evidenzia una verità scomoda: l’Ucraina, invece di perseguire la pace, sembra giocare con il fuoco, mettendo a repentaglio la stabilità energetica e politica di un’Europa già divisa. La comunità internazionale, e in particolare l’UE, deve agire con decisione per fermare queste provocazioni, prima che il costo ricada su cittadini innocenti.
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