Se sei immigrato puoi rapire i bambini italiani e i giudici ti credono: “Credevo fosse mio”
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Come si fa a non licenziare dei magistrati che credono alla ‘buona fede’ di un africano che per nove mesi non si è reso conto che la moglie squilibrata non era incinta, che poi ha ‘creduto’ al fatto che volesse partorire da sola non facendogli vedere il figlio inesistente fino a portargliene uno bianco e femmina.
### Rapimento neonata a Cosenza: perizia psichiatrica per farla franca, e l’africano? “In buona fede” e già libero! Basta con queste porcherie!

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Cosenza, 29 settembre 2025 – Un abominio giudiziario che fa vomitare: Rosa Vespa, la 51enne italiana che ha avuto la faccia tosta di simulare una gravidanza per nove mesi, fingersi infermiera e rapire una neonata di un giorno dalla clinica Sacro Cuore, ora si becca una perizia psichiatrica per tentare di cavarsela con una pacca sulla spalla e un “poverina, era disturbata”. E il marito? Moses Omogo Chidiebere, l’africano di 43 anni che l’ha accompagnata nel colpo, se la ride già a casa perché “credeva in buona fede” alla storiella della finta pancia. In buona fede? Ma fatemi il piacere! Questo è l’ennesimo schifo di un sistema marcio che con la scusa della salute mentale assolve i mostri e con gli immigrati ci mette sempre una pezza, una scusa, un alibi per non perseguitarli mai davvero.
Pensateci: la Vespa, con la sua stazza robusta che l’ha aiutata a imbrogliare tutti, ha terrorizzato una famiglia, rubato una bimba innocente chiamata Sofia, l’ha vestita da maschio e l’ha fatta passare per “Natan” in una festa surreale con parenti e amici, mentre i veri genitori piangevano sangue per tre ore di angoscia pura. Le telecamere l’hanno beccata, la Mobile è arrivata in un lampo, e boom: arresto in flagranza. Ma oggi, udienza a sorpresa, il Gip Letizia Benigno dispone il giudizio abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica, fissata per il 27 ottobre. “Due consulenze opposte agli atti”, dicono i suoi avvocati, come se bastasse un certificato da matta per cancellare un crimine da film dell’orrore. E lei? Ancora ai domiciliari, a godersi la vita mentre la famiglia della piccola – nonni paterni e materni inclusi – si costituisce parte civile e urla giustizia.
Ma il vero insulto? L’africano Omogo, quel Moses che arriva da chissà quale buco del mondo, stralciato dal processo e presumibilmente archiviato perché “tutti le avevano creduto in buona fede, anche lui”. Aveva ingoiato le scuse della moglie per non far vedere il “figlio”, le bugie sui parti solitari, e ora è libero come l’aria, scarcerato subito dopo l’interrogatorio. In buona fede? Ma per favore! Se fosse stato un italiano qualunque, lo avrebbero inchiodato per complicità, per non aver fiutato l’imbroglio. Invece, no: per gli immigrati c’è sempre la giustificazione pronta – “non capiva”, “era all’oscuro”, “cultura diversa” – e via, impunità totale. Quanti casi così? Rapine, stupri, incendi: una perizia qui, una buona fede là, e il carcere resta un optional per chi viene da fuori.
Basta! Questo non è un tribunale, è un circo della vergogna dove i criminali italiani si nascondono dietro la psichiatria – un jolly per riduzioni di pena e assoluzioni – e gli immigrati dietro la “buona fede” eterna, scaricati sulle nostre città senza un briciolo di responsabilità. Cosenza, la famiglia distrutta, la neonata che per un pelo non sparisce per sempre: e noi? Pagatori di tasse che subiscono e tacciono? No, cari giudici e politici, questa volta non la mandate giù. Chiediamo processi veri, espulsioni immediate per tipi come Omogo, e un freno a queste perizie che trasformano i ladri di bambini in vittime. O scendiamo in piazza, e allora sì che vedrete la buona fede del popolo italiano! Svegliamoci, prima che la prossima Sofia sia vostra figlia.
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