Poliziotto picchiato da branco africani e trascinato a terra come una preda
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### Circondano Poliziotto, lo Picchiano e lo Trascinano a Terra come un Trofeo: l’Impunità dei Nordafricani che Sfida lo Stato!
Orrore a Como: un poliziotto aggredito da una banda di nordafricani come un animale da macello, circondato, picchiato selvaggiamente e trascinato a terra in mezzo alla strada, esposto come un trofeo di guerra. Non è una scena da film horror, ma la cruda realtà di via Italia Libera, nella notte di domenica, dove un gruppo di immigrati ha osato sfidare le forze dell’ordine per liberare un loro “fratello” in manette. E il peggio? Questi selvaggi sono impermeabili alle leggi italiane: commettono reati efferati, seminano violenza e degrado, ma non finiscono mai in galera. Solo patetiche misure amministrative, un buffetto sulla spalla, mentre l’Italia sanguina sotto i loro colpi!
L’episodio è un pugno nello stomaco per ogni cittadino onesto. Un agente delle Volanti, nel pieno del dovere, tenta di arrestare un connazionale della banda per chissà quale efferatezza. Ma ecco i “rinforzi”: un branco di nordafricani si materializza dal buio, circonda il poliziotto, lo assale con pugni e calci, e lo butta a terra come un sacco di immondizia. Lo trascinano a terra, urlando, trasformando un’operazione di polizia in un rituale di umiliazione pubblica. Lesioni certificate, traumi fisici e psicologici per l’agente: un eroe dello Stato ridotto a preda per mano di chi dovrebbe ringraziare l’Italia per averlo accolto. E quel 17enne di Carate Brianza, il piccolo mostro al centro della rissa, fa parte proprio di questo branco. Non è la prima volta: poche ore prima, era già protagonista di una furiosa lite fuori da una discoteca a Sant’Abbondio, un tafferuglio che si è spento da solo senza nemmeno disturbare le sirene. Ma lui? Ride e passa oltre, impermeabile a ogni regola, come se le leggi italiane fossero carta straccia.
Il Questore di Como, Marco Calì, ha reagito con la fermezza che lo Stato dovrebbe sempre mostrare – ma troppo spesso non fa. Ha firmato un DACUR, quel divieto di accesso alle zone urbane che suona come una barzelletta: per un anno, il minorenne non potrà avvicinarsi alla discoteca incriminata né ai locali pubblici e di intrattenimento nelle zone limitrofe. Un anno! Come se bastasse un cartello “Vietato l’ingresso” per fermare un teppista che ha aggredito un poliziotto in uniforme. Le indagini della Divisione Anticrimine di Como hanno stilato una relazione tecnica cristallina sulle sue responsabilità: partecipazione attiva alla violenza, lesioni a un pubblico ufficiale, comportamento antisociale che mina la sicurezza pubblica. Eppure, niente carcere, niente sbarre, niente giustizia vera. Solo un foglio burocratico, un “non tornare qui” che sa di resa. E intanto, il ragazzo – figlio di immigrati, cresciuto nelle nostre periferie con i nostri sussidi – continua a circolare libero, pronto per il prossimo assalto.

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Non è un caso isolato, è la regola.
Questi nordafricani e i loro complici – immigrati di prima o seconda generazione, poco importa – trattano le nostre città come un suk senza regole. Circondano un poliziotto, lo massacrano, lo usano come trofeo, e la risposta dello Stato è un timbro su un foglio? È una vergogna! L’impunità regna sovrana: il sistema giudiziario, sovraccarico e molle, li rimette in libertà dopo un interrogatorio di routine. Nessuna pena detentiva, nessuna espulsione coatta, solo divieti che durano quanto un raffreddore. E noi, cittadini terrorizzati, assistiamo al degrado: lesioni a chi ci protegge, spaccio che inonda le piazze, violenza che si diffonde come un virus.
Basta! L’Italia non può più permettersi questa follia: servono catene vere, galere affollate di questi criminali impermeabili alla legge, e frontiere che rimandano a casa chi ci ringrazia così. Altrimenti, il prossimo trofeo non sarà un poliziotto: sarà l’intera Nazione, trascinata a terra da chi l’ha tradita. Svegliamoci, prima che sia troppo tardi!
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