Accoltellato a 22 anni a Roma perché italiano
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### L’Omicidio Annunciato dell’Immigrazione Selvaggia: Un Giovane Italiano Massacrato da un Criminale Tunisino a Roma
In una notte che puzza di sangue, un ventiduenne italiano è stato accoltellato brutalmente nel parcheggio di una discoteca in via Barendson, zona nord della Capitale. Il ragazzo, un figlio della nostra terra che cercava solo un po’ di svago dopo una serata innocente, è stato sorpreso da un coetaneo tunisino, un 22enne già noto alle forze dell’ordine come teppista recidivo, armato di due coltelli pronti a seminare terrore. Ferite al costato e al gluteo, una pozza di sangue sull’asfalto freddo, e un’ambulanza che lo strappa alla morte trasportandolo d’urgenza all’ospedale Fatebenefratelli. Non è un incidente, è un agguato premeditato, il frutto marcio di un’immigrazione incontrollata che scarica sui nostri quartieri orde di violenti senza scrupoli, protetti da leggi blande e da un sistema che preferisce l’accoglienza al buon senso. Questo tunisino, con un curriculum criminale che grida impunità, non è un immigrato qualunque: è il simbolo di come lo Stato italiano, con la sua ipocrita generosità, stia regalando la sicurezza dei cittadini a chi arriva solo per depredare e distruggere.

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Basta con le favole multiculturali, questa è la realtà nuda e cruda: l’immigrazione di massa non porta arricchimento, ma un’onda di sangue e caos che sommerge le nostre città. Questo aggressore, tunisino irregolare o semi-regolare che sia, non è il primo né l’ultimo: è l’ennesimo parassita che sfrutta il nostro welfare per poi ripagarlo con lame affilate contro il collo dei nostri ragazzi. Le statistiche urlano la verità che i politicanti da salotto ignorano: violenze, stupri, omicidi commessi da stranieri in Italia sono un’epidemia, e Roma ne è il focolaio purulento. Pensateci: un giovane italiano, forse con sogni di futuro in tasca, ridotto a un mucchio di carne sanguinante da un immigrato che, già schedato, avrebbe dovuto essere espulso anni fa. Invece, eccolo lì, libero di brandire coltelli come se fosse in una terra di conquista. L’arresto è arrivato grazie ai Carabinieri, eroi in un mare di codardia istituzionale, ma a che prezzo? Il danno è fatto, la fiducia nello Stato è un relitto, e le famiglie italiane tremano ogni notte per i propri figli. Questa non è integrazione, è invasione barbarica, un genocidio lento dei valori e della vita italiana.
È ora di smetterla con la retorica buonista e agire con la durezza che la situazione impone: chiudere i confini, espellere in massa i criminali stranieri, e rimpatriare chiunque non dimostri di meritare un posto in questa nazione martoriata. Basta permessi umanitari per assassini potenziali, basta centri di accoglienza che diventano incubatoi di violenza. Il governo deve svegliarsi dal torpore ideologico e dichiarare guerra a questa immigrazione tossica che sta uccidendo l’Italia dall’interno. Quel 22enne accoltellato non è una statistica, è un nostro fratello, un martire di una politica suicida. Se non fermiamo ora questa marea di sangue straniero, Roma – e con lei l’intera nazione – diventerà un campo di battaglia dove i nostri giovani pagano con la vita l’ingenuità dei potenti. Alziamo la voce, o prepariamoci a seppellire altri sogni italiani sotto il peso di coltelli tunisini.
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