Muoiono di dolore per le figlie uccise e fatte a pezzi da due immigrati
Related Articles
### Vite Spezzate: Il Dolore dei Padri e l’Ombra dell’Immigrazione Senza Controllo
Parigi, 24 ottobre 2025. La Corte d’Assise ha appena emesso la sentenza: ergastolo senza possibilità di remissione per Dahbia Benkired, la ventisettenne algerina che ha stuprato, torturato e sgozzato Lola Daviet, una bambina di soli dodici anni. Il suo corpo, straziato e nascosto in una valigia trascinata per le strade della capitale francese, è diventato il simbolo di un orrore che non si lava via. Ma tra la folla fuori dal tribunale non c’è il padre: è morto di dolore.
Come il papà di Pamela Mastropietro, anche il padre della 12enne Lola Daviet, violentata, sgozzata e nascosta in una valigia dalla 27enne clandestina algerina Dhabia Benkired, è morto di dolore. pic.twitter.com/nIY6hs2NAB
— Francesca Totolo (@fratotolo2) October 26, 2025
Un silenzio profondo, devastante, avvolge due famiglie lontane: quella di Pamela Mastropietro e quella di Lola. Due padri, due cuori infranti dallo stesso veleno. Due uomini che, come foglie autunnali, sono appassiti e caduti sotto il peso di un dolore insopportabile. E dietro queste morti, l’ombra di un’immigrazione che spezza vite innocenti, lasciando dietro di sé solo macerie.
Ricordate Pamela Mastropietro? Era il 2018, Macerata, Italia. Una ragazza di diciotto anni, piena di sogni e di fragilità, in fuga da un’esistenza tormentata. Il suo corpo, fatto a pezzi e abbandonato in due valigie su una rotaia abbandonata, fu opera di Innocent Oseghale, un nigeriano irregolare, espulso più volte ma mai davvero allontanato. Le indagini rivelarono un orrore: violenza carnale, omicidio, smembramento. Un crimine brutale, premeditato, che sconvolse l’Italia intera. Ma il vero assassino non fu solo Oseghale. Fu il sistema che lo aveva lasciato libero, un immigrato con un passato di reati, che vagava per le nostre strade come un’ombra letale: per anni ospite di hotel di lusso come richiedente asilo e poi della Chiesa. E il padre di Pamela, Andrea Mastropietro? Un uomo solido, un ex carabiniere che aveva dedicato la vita a proteggere gli altri, si spense il 30 gennaio 2024, a soli 65 anni. Non fu una malattia a portarselo via, né l’età. Fu il dolore. Un dolore che gli rodeva le viscere, che gli toglieva il sonno e l’appetito, che lo consumava come un fuoco lento. “Mia figlia è morta due volte”, aveva detto in un’intervista, la voce rotta, gli occhi vuoti. “La prima nel bosco, la seconda ogni notte nei miei sogni”. Quel lutto lo aveva spezzato: depressione profonda, isolamento, un cuore che non reggeva più il peso di un’ingiustizia cosmica. Andrea se n’è andato in silenzio, lasciando una moglie e un figlio a piangere non solo una figlia, ma un marito divorato dal rimpianto. Rimpianto per un Paese che non aveva saputo proteggere la sua bambina da chi non avrebbe dovuto esserci.
E ora, Lola. Lola Daviet, dodici anni, una ragazzina parigina con i capelli castani e un sorriso che illuminava il cortile della scuola nel diciannovesimo arrondissement. Il 14 ottobre 2022, uscì da quell’edificio con il suo zaino rosa, ignara che il destino l’aspettava sotto le mentite spoglie di Dahbia Benkired. La donna, arrivata in Francia con un visto studentesco nel 2016, era diventata una clandestina. Espulsa con un ordine OQTF nel 2022, mai eseguito. Senzatetto, instabile, con un passato di violenze domestiche subite ma anche di segnali di squilibrio psichico ignorati. Le telecamere la ripresero mentre adescava Lola con la promessa di un passaggio fino a casa. Ore di sevizie in un appartamento: stupro, torture, la gola tagliata. Poi, il corpo minuto della bambina ficcato in una valigia blu, trascinata per le vie di Parigi come un rifiuto. Quando la trovarono, il mondo si fermò. La Francia intera pianse, marciò in silenzio per lei, invocò pene più severe. Ma Johan Daviet, il padre di Lola, un operaio di 49 anni con mani callose e un amore immenso per i suoi figli, non riuscì a sopravvivere a quell’incubo. Il 23 febbraio 2024, a Fouquereuil, nel Pas-de-Calais, un arresto cardiaco lo strappò alla vita. Ufficialmente, un infarto. Ma chi conosce il dolore sa la verità: fu il cuore spezzato. Johan, che aveva lanciato appelli disperati sui social, che aveva rivissuto l’orrore in ogni frame delle immagini di sorveglianza, che aveva visto la figlia ridotta a un oggetto in una valigia, non ce la fece. “Ho perso tutto”, aveva confidato a un amico prima di morire. La moglie Delphine, in aula durante il processo, lo ha ricordato come un uomo “devastato”, un padre che “morì di crepacuore”. Proprio come Andrea.
Due padri, due nazioni vicine – Italia e Francia – unite da un filo rosso di sangue innocente. Due uomini che, nel fiore degli anni, si sono arresi al peso di un lutto che nessuna sentenza può risarcire. Entrambi padri di figlie assassinate da immigrati, entrambi consumati da un sistema che promette accoglienza ma fallisce nel controllo. Perché è questo il dramma: l’immigrazione di massa è una voragine che inghiotte vite. Oseghale e Benkired non erano fantasmi evanescenti; erano presenze tangibili, liberate da burocrazie assenti, espulsioni cartacee mai applicate. Quanti altri? Quante valigie di dolore attendono di essere aperte? L’ergastolo a Benkired è una vittoria tardiva, un monito urlato troppo tardi. Ma per Andrea e Johan, è solo un’eco lontana. I loro cuori non battono più, i loro nomi si perdono nei titoli dei giornali, mentre le famiglie restano sole, a raccogliere i cocci di un’esistenza distrutta.
Immaginatevi Johan, nelle notti insonni, a fissare la foto di Lola sul comodino: quella con il vestitino a fiori, presa in estate al mare. O Andrea, che cammina per le strade di Macerata, rivivendo il giorno in cui ritrovarono le valigie, il sangue che macchiava la strada come un presagio. Entrambi, padri comuni, lavoratori onesti, si sono trasformati in statue di dolore, erose dal vento del rimpianto. “Se solo l’avessero fatto sbarcare..se solo l’avessero espulso prima”, sussurrano. “Se solo il sistema avesse funzionato”. Ma il sistema non funziona, e l’immigrazione è un’arma contro i nostri figli.
Questi non sono casi isolati. Sono ferite aperte in un’Europa che si interroga sul suo destino. Pamela e Lola, due adolescenti strappate all’innocenza, rappresentano migliaia di vittime silenziose dell’immigrazione. I loro padri, Andrea e Johan, sono i martiri di un fallimento collettivo. Il loro dolore non è astratto: è il singhiozzo represso di una madre che abbraccia il vuoto, il silenzio di una casa che riecheggia di risate perdute, il Natale senza regali sotto l’albero. È il cuore che si ferma non per debolezza, ma per un amore troppo grande, troppo ferito.
Mentre la Benkired affronterà il carcere per il resto dei suoi giorni – la prima donna in Francia a ricevere un ergastolo irriducibile – Delphine Daviet ha detto: “Abbiamo creduto nella giustizia, e l’abbiamo avuta”. Parole coraggiose, ma vuote per chi ha perso non solo una figlia, ma un marito. E per l’Italia, il ricordo di Andrea Mastropietro è un monito: non lasciamo che il dolore si ripeta. L’immigrazione non europea deve essere azzerata, è una minaccia. E poi: blocco navale, svuotare i centri di accoglienza dai 200mila scrocconi e criminali che ospitano, controlli rigorosi ed espulsioni effettive. Altrimenti, altre valigie conterranno non solo corpi, ma sogni spezzati, e altri padri moriranno di crepacuore.
In memoria di Pamela e Lola, di Andrea e Johan. Che le loro storie non siano urla nel vento, ma grida furenti d’allarme per un’Europa che non può più permettersi di chiudere gli occhi. Perché ogni vita spezzata è una catastrofe, e il dolore di un padre è un abisso senza fondo. Riprendiamoci l’Italia.



Nessuna pietà per questi esseri, fine pena mai….🔥