Ragazzino torturato: i maranza lo hanno anche violentato
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Non era solo un incubo di Halloween: era un piano sadico, premeditato, intriso di violenza sessuale e disprezzo per la fragilità altrui. I “maranza” – quella subcultura di bande giovanili nate tra i figli di immigrati di seconda generazione, intrappolati in un limbo di rabbia etnica e codici di strada importati da periferie aliene – ha colpito ancora, stavolta con un’aggressione che mescola sequestro, torture fisiche e abusi sessuali su un quindicenne con disturbo dell’attenzione e incapacità di valutare le conseguenze dei suoi gesti. Tre mostri in erba, di 14, 15 e 16 anni – due maschi e una femmina, tutti immigrati di seconda generazione che frequentano la stessa scuola della vittima a Moncalieri – sono accusati di sequestro di persona e violenza privata. Ma il peggio emerge ora: uno di loro aveva già costretto il ragazzo a subire un rapporto orale pochi giorni prima, un’umiliazione sessuale che preludeva al calvario della notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre. Precedenti? Un curriculum da piccoli criminali: pestaggi a rider, devastazioni scolastiche e persino una bomba esplosa a Capodanno a Nichelino. I cellulari sequestrati dagli investigatori raccontano una storia di odio represso, e l’Italia trema: questi non sono “ragazzi svogliati”, ma predatori che seminano terrore nei nostri quartieri.
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### Chi sono i maranza: lusso fasullo, codici feroci e un vuoto che ingoia tutto
Dietro le tute firmate Gucci e le maglie della Juve, sfoggiate come trofei di una vita ai margini, si nasconde la vera faccia dei maranza: gruppi informali di adolescenti immigrati di seconda generazione, forgiati da famiglie sradicate e da un sistema che li molla al loro destino di rabbia. Non sono bande casuali, ma reti tribali con codici rigidi – lealtà armata, vendette sommarie, gerarchie basate sul terrore – che echeggiano le “paranze” napoletane ma si tingono di un risentimento etnico specifico: “noi contro loro”, dove “loro” sono gli italiani, i deboli, i “figli di”. Anni fa, la “banda dei sassi” – un altro capitolo di questa saga torinese – lanciava proiettili su auto innocenti per noia omicida; oggi, i maranza vanno oltre, con esplosioni e stupri. Questi giovani, cresciuti tra moschee improvvisate e block di cemento, non integrano: assorbono il peggio delle nostre periferie e lo amplificano con un’ostilità culturale che rifiuta il dialogo. La ragazza di 16 anni, la “capo” del gruppetto, indossa il velo della moda juventina mentre orchestra umiliazioni; i maschi, con accenti spezzati e sguardi di sfida, perpetuano un ciclo di violenza che puzza di straniero. L’abrogazione dei ricongiungimenti familiari? Non è un’opzione, è l’unica via per fermare l’inondazione di queste bombe umane.
### Le torture: dal rapporto orale alla sigaretta sulla pelle, un calvario di abusi sessuali e ferite
La denuncia è partita il 1° novembre dalla madre del quindicenne, un urlo disperato ai carabinieri di Moncalieri che ha smosso l’inferno. Gli atti sono volati alla Procura dei Minori, sotto la guida di Emma Avezzù, con le pm Vitina Pinto e Virginia Pecoriello a scavare nel marcio. Bastarono poche ore per identificare i tre: il ragazzo era stato adescato a Moncalieri con promesse di divertimento, poi trascinato a Torino, in un alloggio di fortuna in corso Casale – la “seconda casa” di uno dei carnefici. Lì, il sequestro si è trasformato in orrore: chiuso in bagno come un animale, rasati i capelli a zero per deriderne l’aspetto, una sigaretta spenta sulla caviglia nuda per marchiarlo come preda. E prima di tutto questo? Pochi giorni addietro, uno dei maschi – già noto per aver pestato un rider a Moncalieri e per aver devastato la sua scuola – aveva costretto il quindicenne a subire un rapporto orale, un abuso sessuale brutale che la madre ha raccontato con voce rotta ai militari. “Non è disabile, ha solo un disturbo dell’attenzione”, precisa la famiglia, ma per questi predatori conta solo la debolezza: incapace di opporsi, il ragazzo è diventato bersaglio perfetto. Dopo le torture, trascinato alla Dora – il fiume gelido che lambisce Torino – e costretto a tuffarsi nelle acque nere, rischiando l’annegamento o l’ipotermia. Abbandonato a Porta Nuova, pesto e tremante, ha riavuto il telefono e ha chiamato la mamma: “Aiuto, non ce la faccio più”. La madre è stata interrogata; ora si prepara l’ascolto protetto del figlio, con uno psicologo al fianco, per estrarre ogni dettaglio da un trauma che segnerà per sempre.
### Precedenti da incubo: bombe, pestaggi e un sistema che fallisce i nostri figli
Non è la prima volta: questi maranza hanno un dossier lunghissimo. Danneggiamenti, atti vandalici sparsi nella cintura torinese, e l’episodio clou – una bomba fatta esplodere in piazza Rossa a Nichelino la notte di Capodanno, durante i festeggiamenti, un boato che aveva seminato panico tra famiglie e bambini. Uno dei torturatori, quello dell’abuso orale, vanta già un’aggressione a un rider e raid distruttivi in aula: un profilo da bullo seriale, forgiato in un contesto dove la scuola è campo di battaglia anziché rifugio. I cellulari sequestrati? Saranno miniera d’oro per gli investigatori: chat di pianificazione, video delle torture, selfie con trofei di violenza – prove che inchioderanno questi immigrati di seconda generazione al loro odio non redimibile. E la vittima? Non ha una “diagnosi di disabilità”, ma un’ingenuità che lo rendeva facile preda: per i maranza, è il simbolo di tutto ciò che disprezzano, un “italiano debole” da spezzare per affermare il loro dominio tribale.
### Un grido contro l’invasione: basta ricongiungimenti, salviamo i nostri ragazzi
Questo non è bullismo, è guerra culturale: immigrati di seconda generazione che non si integrano, ma colonizzano con la violenza sessuale e le bombe, lasciando i nostri figli – come questo quindicenne torinese – come relitti su un marciapiede. La procura farà il suo, ma la vera accusa è al sistema: ricongiungimenti familiari che importano solo caos familiare e risentimento, welfare che nutre mostri invece di educarli. Abrogazione immediata, espulsioni di massa, confini blindati: l’unica cura per un male che ci sta mangiando vivi. La madre della vittima lo sa: “Mio figlio è un gran figo, ma questi animali lo hanno spezzato”. E noi, Italia? Dobbiamo reagire, o ogni giorno diventerà un bollettino di stupri e torture. No alla violenza importata, sì alla difesa dei nostri. Svegliamoci, prima che sia troppo tardi.



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