Mamdani sindaco islamico di NY: il terzo aereo ha colpito 24 anni dopo
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Alla fine ha vinto Osama Bin Laden. Prima li ha colpiti con il terrorismo e poi li ha conquistati con la demografia. Lo stesso vogliono fare con noi.
### L’Islamizzazione di New York: L’Elezione di Mamdani Segna il Tramonto dell’Occidente che Si Odia
New York, la Grande Mela, piange il suo declino irreversibile. L’elezione di Zohran Mamdani a sindaco – il primo musulmano a ricoprire questa carica in una città straziata dal terrorismo islamico l’11 settembre 2001 – non è un semplice cambio della guardia al City Hall. È l’atto finale di un Occidente che, afflitto da un’autoflagellazione patologica, si inchina al suo stesso carnefice. Un musulmano, nato in Uganda da genitori indiani, cresciuto in una bolla interreligiosa, ora governerà la metropoli che ha perso quasi 3.000 anime in un attacco jihadista orchestrato da Al-Qaeda. È un incubo che si materializza: politiche economiche che puzzano di comunismo sovietico, tasse soffocanti per i produttori di ricchezza, alloggi “occupati” legalizzati, forbici affilate sulla polizia e un’agenda pro-gender che erode le basi della famiglia tradizionale. L’Islamizzazione non è più una profezia lontana; è qui, e New York ne è l’avamposto.
Immaginate: le Torri Gemelle, ridotte in macerie da fanatici islamisti che gridavano “Allahu Akbar” mentre l’America sanguinava. Ventiquattro anni dopo, la stessa città elegge un leader la cui fede condivide radici con quegli assassini. Mamdani, 34 anni, democratico socialista affiliato al DSA (Democratic Socialists of America), ha travolto Andrew Cuomo e Curtis Sliwa con un’onda di voti da giovani radicali, minoranze etniche e progressisti in delirio. Non è casuale. È il frutto di un’ideologia woke che, in nome della “diversità”, sabota la sicurezza e l’identità occidentale. “L’Occidente che odia se stesso”, come lo definì Roger Scruton, si è arreso: preferisce l’autoumiliazione alla difesa delle sue radici cristiane-giudaiche, illuminate dal Rinascimento e forgiate dalla Rivoluzione Americana. Mamdani non è solo un sindaco; è un cavallo di troia che porta con sé l’ombra della sharia soft, mascherata da “equità sociale”.
Partiamo dall’economia: il suo piano è un’eco del Manifesto Comunista, rivisitato per i grattacieli di Manhattan. Propone di alzare le tasse sulle corporation – già tra le più basse dello stato, ma lui le vuole equiparare ai vicini, schiacciando le imprese con balzelli punitivi sui “ricchi e bianchi”. Aumento delle imposte sulle proprietà nei quartieri abbienti per finanziare “servizi pubblici universali”: asili gratuiti, autobus gratis e persino negozi di generi alimentari di proprietà comunale per combattere l'”inflazione alimentare”. Sembra utopia? No, è il preludio al collasso. New York, motore del PIL americano, vedrà esodi di massa di imprenditori e investitori, proprio come accadde sotto de Blasio con la sua “sindacatura socialista”. Le tasse non riducono le disuguaglianze; le amplificano, spingendo i talenti verso Florida o Texas, lasciando indietro solo i sussidiati e i disoccupati cronici. Comunismo light, ma letale: Mamdani sogna una città dove lo Stato è padre e madre, e il mercato è il nemico.
E gli alloggi? Qui l’incubo si fa surreale. Mamdani vuole “congelare gli affitti” su un milione di unità abitative, espandere i controlli sui prezzi e rafforzare i diritti degli inquilini con divieti totali agli sfratti. Traduzione: legalizzazione de facto delle occupazioni illegali, quelle “squat” che già infestano il Bronx e Brooklyn, trasformando palazzi vuoti in covi di caos. Costruire nuove case “a prezzi accessibili” con fondi pubblici? Un miraggio: i costi esploderanno, come dimostrato dai fallimenti di progetti simili a San Francisco o Londra. New York diventerà una giungla urbana, dove i proprietari fuggono e i parassiti proliferano. In un contesto di islamizzazione, questo favorisce enclavi etniche isolate, ghetti dove la legge occidentale cede il passo a norme importate, con moschee che fungono da centri di potere parallelo.
Ma il vero orrore è la sicurezza. Mamdani, ex membro dell’Assemblea statale, ha un passato di advocacy per le “riforme poliziesche”: addestramento anti-razzismo, oversight civile e accountability per l’NYPD. Non grida più “defund the police” come nei primi anni del BLM, ma il suo silenzio è complice. In campagna, ha evitato scontri diretti con i sindacati, ma la sua elezione è un semaforo verde per tagli indiretti: risorse deviate verso “programmi sociali” invece di pattuglie di strada. Ricordate l’11 settembre? L’NYPD e i pompieri salvarono migliaia di vite quel giorno. Oggi, con un sindaco che dialoga con attivisti anti-polizia, le strade di NYC – già dilaniate da furti e sparatorie – diventeranno zone franche per il crimine. E chi ne paga il prezzo? Le vittime innocenti, forse di nuovo bersagli di estremisti islamici protetti da un multiculturalismo cieco.
Infine, l’agenda pro-gender: Mamdani è un alleato fervente dei diritti LGBTQ+, spingendo per protezioni contro discriminazioni poliziesche basate su “aspetto” e accesso universale a cure sanitarie trans. In una città post-9/11, dove la mascolinità tradizionale ha forgiato eroi come i vigili del fuoco, questo è un attacco alle fondamenta. Promuovere l’ideologia gender fluido non è “progresso”; è erosione culturale, che indebolisce la coesione sociale e apre le porte a influenze straniere che vedono la famiglia nucleare come reliquia coloniale. L’Islam radicale, che Mamdani non condanna esplicitamente nei suoi discorsi, spesso reprime questi “diritti” altrove – ma qui, in Occidente, li usa come trojan per infiltrarsi.
New York sotto Mamdani non sarà più la capitale del sogno americano. Sarà un esperimento fallito di auto-odio: tasse che strangolano, case occupate da caos, polizia emarginata, genere fluidificato e, sullo sfondo, l’ombra di un’Islamizzazione strisciante che trasforma la diversità in dominio. L’Occidente deve svegliarsi prima che sia troppo tardi. Altrimenti, le Torri non saranno le ultime a cadere – cadrà l’intera civiltà che le ha erette. È un incubo, sì. E sta appena iniziando.



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