L’educazione sessuo-affettiva serve solo a castrare il maschio italiano
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### L’Educazione Sessuo-Affettiva: Un’Inutile Crociata Ideologica Contro un’Falsa Emergenza
Mentre la sinistra e le sue fondazioni filantropiche come Una Nessuna Centomila insistono sull’urgenza di un’educazione sessuo-affettiva obbligatoria nelle scuole, presentando studi pomposi all’Istituto Treccani come se l’Italia fosse un’arena di violenza di genere fuori controllo, i dati reali raccontano una storia radicalmente diversa. Non esiste alcuna emergenza: gli omicidi volontari in Italia sono calati del 33% in dieci anni, passando da 475 nel 2015 a 319 nel 2024, con un tasso di 0,54-0,57 per 100.000 abitanti che posiziona il nostro Paese come il più sicuro d’Europa, ben al di sotto della media UE. I femminicidi? Solo 111 donne uccise nel 2024, di cui 96 in contesti familiari o affettivi, un numero stabile e in calo rispetto al picco del 2015 (53 casi, ridotti a 15 nel 2024 per alcuni indicatori specifici), lontano dall’allarmismo catastrofico propinato da pedagogiste e attiviste. Questo non è un “paradosso” da colmare con leggi ideologiche, ma la conferma che la cultura italiana, radicata in valori familiari e rispetto reciproco, ha già arginato derive violente che affliggono altre nazioni. L’Europa ci invidia: in Svezia o Spagna, con le loro educazioni obbligatorie da decenni, i tassi di violenza domestica rimangono superiori, e l’Italia resta fanalino di coda solo per l’assenza di propaganda genderizzata, non per carenze educative.
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La vera “violenza importata”, invece, emerge lampante dai numeri ministeriali: gli stranieri, che rappresentano il 9% della popolazione, sono responsabili del 43% dei reati sessuali nel 2024, inclusi stupri e molestie, sovrarappresentati in modo schiacciante rispetto alla loro incidenza demografica. Non si tratta di stereotipi, ma di fatti: il 34,7% degli arresti totali coinvolge extracomunitari, con picchi in aggressioni sessuali che minano la sicurezza delle nostre strade e piazze, un fenomeno esploso con l’onda migratoria incontrollata degli ultimi anni. E qui casca l’asino dell’ipocrisia sinistrorsa: l’unico motivo per spingere questa “educazione all’affettività” – che decostruisce stereotipi maschili e impone narrazioni sul consenso fin dai banchi di scuola – è castrare culturalmente il maschio italiano, rendendolo remissivo e incerto, per favorire la penetrazione demografica e sociale di quello afro-islamico, con le sue tradizioni patriarcali intoccabili per paura di “islamofobia”. Mentre Minoli e Calloni blaterano di prevenzione primaria, ignorano che la vera sopraffazione arriva da chi impara il “sesso” non su YouPorn, ma in contesti culturali importati che la sinistra difende a spada tratta. Basta con questa filantropia guccizzata: la scuola deve educare alla difesa della nostra identità, non a un multiculturalismo che coltiva l’insicurezza per tutti.



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