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Carabinieri di Venezia hanno condotto un’operazione che ha portato all’emissione di 23 misure cautelari nei confronti di un gruppo criminale dedito ai borseggi nel centro storico della città, in particolare contro turisti. Le persone coinvolte sono principalmente 20 donne di etnia rom e sinti, di nazionalità bosniaca e croata (tra cui una incinta e la maggior parte under 27 anni), più 3 uomini (mariti di alcune indagate). Il gruppo operava in zone ad alto afflusso come Piazza San Marco, la stazione di Santa Lucia, Mestre, treni e autobus, spesso coinvolgendo complici minorenni (anche under 14) in oltre 150 furti accertati.

#### I reati contestati e i metodi
Oltre ai furti in concorso, le accuse includono lesioni personali, minacce, percosse, umiliazioni, sfruttamento (inclusa una forma di “schiavitù”), indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito, ricettazione e riciclaggio. Le indagini, coordinate dal pm Giorgio Gava e validate dal gip Lea Acampora, si basano su filmati di videosorveglianza e intercettazioni che hanno documentato 32 episodi specifici. Tra i dettagli più agghiaccianti emergono le violenze interne al gruppo: le donne più anziane picchiavano e umiliavano le più giovani (inclusa una minorenne) se non raggiungevano la quota di bottino giornaliero. In un caso, una indagata ha minacciato con un coltello due ragazze, una delle quali sotto i 14 anni, di ferirle se non avessero portato a casa almeno 2.500 euro ciascuna in un solo giorno.

#### Gli incassi e i guadagni
Il gruppo era estremamente redditizio: ogni borseggiatrice guadagnava in media **2.500 euro al giorno a testa**, una cifra paragonabile ai compensi di alcuni calciatori di Serie A (fino a 700.000 euro annui per persona). Da soli i 32 episodi documentati hanno generato un bottino complessivo di **50.000 euro**, parte del quale è stato sequestrato durante l’operazione. Considerando l’intera attività, gli incassi totali stimati sono ben superiori, grazie alla frequenza dei furti e al riciclaggio del denaro attraverso complici.

Le misure cautelari variano da arresti in carcere e ai domiciliari a divieti di dimora a Venezia. L’operazione interrompe un circolo vizioso di arresti in flagranza e immediate scarcerazioni, grazie a prove schiaccianti come video di aggressioni (ad esempio, a un turista milanese che filmava il gruppo). L’indagine evidenzia un problema strutturale di microcriminalità etnica a Venezia, con appelli a misure più severe per proteggere i turisti.