La mamma di Pamela: politici complici degli immigrati che uccidono le nostre figlie

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By V novembre 18, 2025 14:39

La mamma di Pamela: politici complici degli immigrati che uccidono le nostre figlie

Spesso, se il carnefice è un immigrato clandestino, alcune istituzioni hanno paura di parlarne e di scendere in piazza in solidarietà delle vittime. Il motivo è che andrebbero contro quei delinquenti scappati da altre Nazioni e, quindi, salterebbe la loro complicità morale con tali individui. Una complicità volta solo al potere, ai soldi e forse a qualche voto in più. Questo riflette una cultura più ampia di avversione verso le vittime di serie B e di mancanza totale di empatia, dove le vere responsabilità vengono oscurate. Lasciando la famiglia a soffrire ulteriormente.

# L’eredità di Pamela Mastropietro: l’immigrazione regolare islamica che ci uccide le figlie – azzeriamola subito, prima che il sangue delle nostre strade diventi un fiume!

A otto anni dall’orrore che ha spezzato Pamela Mastropietro – la 18enne romana macellata in un bosco di Macerata da un nigeriano regolare accolto in hotel e centri accoglienza dopo essere sbarcato da una nave ong, il cui corpo smembrato gridò vendetta contro un’accoglienza cieca e complice – arriva l’intervista esclusiva su *Il Primato Nazionale* che squarcia il velo di silenzio: Alessandra Verni, la madre di Pamela, non ha dimenticato, e con voce rotta dal dolore tuona l’urgenza di una remigrazione totale, un “reset” che non è vendetta, ma sopravvivenza. “Mia figlia è morta per mano di un immigrato che non doveva essere qui”, dice Verni, ricordando quel 30 gennaio 2018 quando il mondo scoprì l’atrocità: Pamela, fuggita da una comunità terapeutica, uccisa e fatta a pezzi da Innocent Oseghale, un “ospite” sbarcato con le ondate islamiche e subsahariane che l’Italia accoglie con tappeto rosso. Oggi, nel 2025, Alessandra non parla solo di lutto: denuncia un sistema che continua a importare mostri, con ricongiungimenti familiari afroislamici che moltiplicano clan non integrati, e un’immigrazione regolare che finge civiltà ma semina cadaveri.

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L’articolo, un pugno allo stomaco, ripercorre il calvario: Oseghale, quel macellaio spacciatore, non era solo – era il frutto di politiche suicide che aprono le porte a migliaia di islamici “regolari”, visti di lavoro, asili umanitari e ricongiungimenti che creano famiglie aliene, educate in moschee parallele dove la sharia è norma e la donna italiana è preda. Verni, con la forza di una madre che ha visto la figlia in un sacco della spazzatura, chiede: “Quante Pamela ancora?”. L’immigrazione africana non è multiculturalismo, è colonizzazione letale – azzeriamola, stop ai ricongiungimenti che importano interi villaggi, rimandiamoli tutti indietro. E ha ragione: dal 2018, l’Italia ha registrato un’esplosione di femminicidi e violenze da immigrati africani e islamici, da Rimini a Palermo, dove coltelli halal squarciano gole di adolescenti.

Basta con questa ipocrisia che ci sta dissanguando! L’immigrazione regolare islamica non arricchisce: genera ghetti dove la nostra legge è carta straccia, e le nostre figlie finiscono smembrate per un “sogno italiano” altrui. Azzeriamola immediatamente: stop totale a visti, ricongiungimenti familiari, permessi umanitari che aprono le porte a potenziali Oseghale. Remigrazione forzata per tutti i non integrati, espulsioni lampo senza appello. Investiamo nelle nostre Pamela vive, non nei loro carnefici importati.

### Sintesi Ampia dell’Intervista ad Alessandra Verni, Madre di Pamela Mastropietro

L’intervista esclusiva rilasciata da Alessandra Verni al *Primato Nazionale* (pubblicata il 17 novembre 2025) è un documento crudo e commovente, che mescola il dolore personale di una madre con una denuncia tagliente contro il sistema giudiziario, mediatico e migratorio italiano. A quasi otto anni dall’omicidio brutale della figlia Pamela – la 18enne romana stuprata, uccisa e smembrata il 30 gennaio 2018 a Macerata dal nigeriano clandestino Innocent Oseghale – Verni non cerca consolazione, ma verità e azione. Il suo racconto, intriso di rabbia trattenuta e di una determinazione ferrea, si articola su più piani: la cronaca degli eventi, le ombre irrisolte dell’indagine, le ferite inflitte dalla società e dalle istituzioni, e un appello per un cambiamento radicale.

#### Il Ricordo del Dramma e le Ferite Aperte della Famiglia
Verni ripercorre con lucidità agghiacciante gli ultimi giorni di Pamela, una giovane fragile in lotta con la dipendenza da eroina, fuggita da una comunità terapeutica a Corva (Ancona) per cercare aiuto a Macerata. Lì incontra Oseghale, un immigrato irregolare già espulso per spaccio e destinatario di un decreto di rimpatrio, che la violenta, l’accoltella 14 volte, la uccide e ne fa a pezzi il corpo, abbandonandolo in due trolley in un bosco. “Mia figlia è morta per mano di un immigrato che non doveva essere qui”, afferma Verni, sottolineando come Oseghale – condannato all’ergastolo dopo sei gradi di giudizio, inclusi tre in Cassazione – non agì da solo. L’intervista evoca immagini strazianti: il corpo smembrato trovato da un passante, le intercettazioni ignorate, le connivenze con la mafia nigeriana non indagate. Verni critica l’archiviazione frettolosa delle posizioni di presunti complici, inclusi elementi locali e figure legate allo spaccio: “È fondamentale che le autorità riaprino le indagini sui complici e su chi protegge questi individui”. Evoca il suo viaggio al carcere di Ferrara, dove ha affrontato Oseghale vestita con una maglietta che raffigurava il corpo smembrato di Pamela e i suoi capelli: non per perdonarlo, ma per estorcergli confessioni. “Nulla deve essere tralasciato: questo caso è un unicum nella criminologia degli ultimi 50 anni”.

Il dolore familiare è palpabile: Verni descrive la “colpevolizzazione secondaria” subita dalla famiglia, ghettizzata dalla stampa e dalle istituzioni per non “alimentare razzismo”. L’omicidio fu oscurato mediaticamente dalla sparatoria di Luca Traini (che ferì sei africani in risposta), e i sei immigrati feriti scomparvero dalle cronache, mentre Pamela divenne “la ragazza che si era fatta di crack”. “Quando il carnefice è un immigrato clandestino, le istituzioni temono di parlarne per non contrastare ‘quei delinquenti scappati da altre Nazioni'”, denuncia Verni, rivelando una “cultura più ampia di avversione verso le vittime di serie B e di mancanza totale di empatia”.

#### Critiche al Sistema: Giustizia, Media e Politica
Verni non risparmia nessuno: la Procura di Macerata è accusata di superficialità, con esposti familiari ignorati e un dissequestro dell’appartamento di via Spalato che le permise di trovare oggetti personali di Pamela (come una scatola con il suo nome) non repertati. Si interroga su come Oseghale, privo di risorse, abbia avuto due avvocati di fiducia, sei o sette consulenti e un ricorso straordinario in Cassazione: “Chi lo ha protetto?”. La politica è un bersaglio: l’immigrazione irregolare, soprattutto africana e nigeriana, è vista come una “colonizzazione letale”, con ricongiungimenti familiari che importano clan interi e permessi umanitari concessi a raffica. Verni critica il “buonismo” che privilegia i diritti degli immigrati su quelli delle vittime italiane, e denuncia come l’odio verso Traini (condannato per “odio razziale”) abbia seppellito il dolore di Pamela. “La sinistra e le transfemministe boicottano voci come la mia”, dice, riferendosi alle contestazioni alle presentazioni del libro *Le vite delle donne contano* di Francesca Totolo, dove era testimonial: “Gli sforzi per silenziare le voci delle vittime perpetuano la cultura della violenza. Le nostre esperienze devono essere ascoltate”.

#### Impegno e Progetti: Dalla Rabbia alla Rinascita
Nonostante il lutto, Verni ha trasformato il dolore in azione: ha fondato un’associazione per la difesa personale delle donne, organizzato una manifestazione a Roma con altri familiari di vittime, e aderito al progetto “Bosco Rosso” come testimonial, per rendere i parchi sicuri contro spaccio, aggressioni e violenza. “È una rinascita per me e per Pamela”, spiega, anche se lamenta la mancanza di supporto istituzionale e la difficoltà a mobilitare persone – a differenza di casi con “potere mediatico”. L’associazione rappresenta un “farò” concreto: corsi di autodifesa, sensibilizzazione e lotta contro la rassegnazione a una “consuetudine” di violenza. Verni esorta la comunità: “Continuiamo a chiedere verità e giustizia. Le vite delle donne contano”.

#### Tono, Emozioni e Messaggio Finale
Il tono dell’intervista è un misto di dolore sordo e rabbia controllata: Verni parla con una dignità ferita, alternando lacrime represse a chiamate all’azione decise. Emerge un senso di abbandono – “Soffriamo in silenzio, ghettizzati” – ma anche una forza resiliente, forgiata dal lutto. Il messaggio centrale è un monito: riaprire le indagini, combattere l’immigrazione incontrollata (soprattutto africana e nigeriana), e smascherare la “complicità morale” che protegge i carnefici. “Quanti Pamela ancora? Non possiamo permettere che il silenzio perpetui la violenza”. L’intervista non è solo un ricordo: è un appello per un’Italia che protegga le sue figlie, prima che il prossimo bosco diventi un cimitero collettivo.

La mamma di Pamela: politici complici degli immigrati che uccidono le nostre figlie ultima modifica: 2025-11-18T14:39:51+00:00 da V
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