Consigliere Mattarella ammette complotto anti-Meloni ma il presidente lo difende
Related Articles
# Perché Garofani non si dimette? E se Mattarella lo rassicura, non rischia l’accusa di complicità?
**Roma, 19 novembre 2025** – A ventiquattro ore dall’ammissione che ha fatto tremare i palazzi del potere, Francesco Saverio Garofani, consigliere di Sergio Mattarella per gli Affari di Difesa al Quirinale, è ancora al suo posto. Nessuna dimissione, nessuna scusa formale, solo un’alzata di spalle: “Erano solo chiacchiere tra amici”. Ma in un’Italia dove le parole pesano come atti istituzionali, queste non sono chiacchiere da bar, bensì confessioni che puzzano di complotto eversivo. E mentre il Presidente della Repubblica lo rassicura con un “stai sereno”, una domanda sorge spontanea: Mattarella, coprendo il suo fedelissimo, non si espone al rischio di passare da garante della Costituzione a complice di un piano anti-Meloni?
“Erano solo chiacchiere tra amici”
Francesco Saverio Garofani, consigliere del Quirinale ed ex deputato del Pd. pic.twitter.com/eADFVhUces
— Francesca Totolo (@fratotolo2) November 19, 2025
La miccia si è accesa ieri, con le rivelazioni di *La Verità* che hanno portato alla luce dialoghi intercettati – o almeno così riportati – in cui Garofani, ex deputato Pd e veterano della sinistra cattolica, ventilava l’idea di una “grande lista civica nazionale” per drenare voti al centrodestra e innescare uno “scossone provvidenziale” contro il governo Meloni. Non fantasie da osteria, ma auspici espressi in un contesto semi-pubblico, durante una cena con “amici” che, guarda caso, includevano figure di peso come l’ex ministro renziano Francesco Rutelli. Oggi, in un’intervista al *Corriere della Sera*, Garofani ammette tutto, ma lo derubrico a “chiacchierata in libertà tra amici”. Amareggiato e “spaventato dalla violenza dell’attacco”, si dipinge come vittima di un complotto mediatico: “Sono stato usato per colpire il presidente”. E il Quirinale? Invece di una smentita punto per punto, scarica la colpa sul “ridicolo” Belpietro, senza mai negare i fatti.
È qui che entra in scena Francesca Totolo, scrittrice e collaboratrice de *Il Primato Nazionale*, che sui social non le manda a dire. In un post fulminante pubblicato questa mattina – “Erano solo chiacchiere tra amici. Francesco Saverio Garofani, consigliere del Quirinale ed ex deputato del Pd” –, Totolo allega un’immagine emblematica e scatena un’onda di reazioni: oltre 600 like, 160 repost, commenti che gridano “Dimissioni immediate!” e “Vergogna al Colle!”. Utenti come @miki27882627674 tuonano: “All’anima delle chiacchiere! In pratica conferma quanto detto al ristorante… Il Colle, invece di chiedere le dimissioni, fa una nota ridicola”. E @Enrico492933469 non risparmia nessuno: “Se al consigliere Garofani piace elargire falsità contro il Centrodestra… è meglio che si dimetta subito seguito dalle dimissioni del Presidente Mattarella!!”. Un coro bipartisan – o meglio, trasversale al fronte anti-establishment – che riecheggia il refrain: queste non sono “merende innocue”, ma tradimenti istituzionali.
Pochi minuti dopo, Totolo torna alla carica con un altro post: “Per un’intera giornata chiunque osasse prendere sul serio il retroscena veniva bollato come nemico delle istituzioni democratiche. Qualcuno ha già chiesto le dimissioni di Francesco Saverio Garofani per quelle ‘chiacchiere tra amici’?” e linka proprio l’approfondimento de *Il Primato Nazionale* che smonta la narrazione quirinalizia. L’articolo, intitolato “Garofani e le ‘chiacchiere tra amici’: così il Quirinale confessa senza smentire”, dipinge un quadro impietoso: Garofani, con il suo curriculum da ex presidente della Commissione Difesa alla Camera (sotto i governi Pd), non è un burocrate neutrale, ma un militante del centrosinistra nostrano, “progressista cattolico” che ha diretto testate come *Avvenire* e *Europa*. Nominato nel 2022 nonostante le perplessità di Fratelli d’Italia – che lo bollò come “politicizzato” –, continua a influenzare le decisioni del Supremo Consiglio di Difesa, sussurrando strategie per “fermare la Meloni”.
Ma il colpo di grazia è il “stai sereno” di Mattarella, rivelato proprio dall’intervista di Garofani. Il Presidente, che dovrebbe incarnare l’imparzialità assoluta, corre a consolare il suo consigliere, difendendolo con una nota ufficiale che attacca i “nemici delle istituzioni” senza mai entrare nel merito. Come nota *Il Primato*, è una “confessione senza smentita”: il Quirinale ammette i fatti, li minimizza come “informali”, ma non chiede un passo indietro. Perché? Perché Garofani non è un estraneo: è un “uomo di Mattarella”, un fedelissimo dal 2018, parte di quella rete di “poteri forti” che – secondo l’articolo – decide i destini dei governi non nei saloni ufficiali, ma nelle cene private, nei corridoi del potere. “Chiacchiere” che evocano i vecchi vizietti del “doppio livello”: in pubblico, neutralità; in privato, trame per un “governo di scopo” o una “grande coalizione” anti-destra.
E se Garofani non si dimette? Se persiste nel suo ruolo, protetto dal Colle, la domanda è inevitabile: Mattarella non diventa complice? Coprire un consigliere che auspica la caduta di un governo eletto dal popolo non è solo una svista: è un endorsement implicito a un’agenda eversiva. In un Paese con una storia di golpe striscianti – dal 2011 con Monti alla “spallata” renziana del 2018 –, tollerare simili “chiacchiere” mina la fiducia nelle istituzioni. Bignami ha già invocato smentite; Meloni, nell’incontro di ieri al Quirinale, ha forse chiarito le cose? Ma il silenzio di Garofani parla più di mille parole. Se è vero che Mattarella lo ha rassicurato, il Presidente rischia di passare alla storia non come arbitro super partes, ma come regista ombra di un complotto che odora di alto tradimento costituzionale.
La rete ribolle: da @GuglielmoBask (“Bei consiglieri, caro Mattarella, scelti proprio bene”) a @FabioZfz9 (“Il vizietto di Alto Tradimento dei pyddyny di tramare per far cadere governi”), è un urlo collettivo per la verità. Non si tratta di dietrologie, ma di accountability: un consigliere che trama contro il governo deve dimettersi, punto. E un Presidente che lo copre? Deve spiegare, o rischia di cadere con lui. Altrimenti, le “chiacchiere tra amici” diventeranno il nuovo “sparecchiavo” della Repubblica: una scusa per non cambiare mai nulla, mentre il potere resta nelle mani di chi lo ha sempre avuto. Mattarella, la palla è nel suo campo. Dimissioni o dimissioni: la scelta è sua, ma il popolo osserva.



Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment