Elezioni Regionali 2025: la democrazia rappresentativa è morta
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**Venezia, Napoli, Bari – 24 novembre 2025**
Esiti scontati:
– Veneto: Alberto Stefani (destra) 60,2 %
– Campania: Roberto Fico (centrosinistra) 58,1 %
– Puglia: Antonio Decaro (centrosinistra) 66,4 %
Nessuno stupore. I sondaggi lo ripetevano da un anno. Le urne hanno soltanto timbrato l’inevitabile.
Il dato politico autentico, invece, è un altro: **affluenza definitiva al 43,51 %**, la più bassa di sempre per elezioni regionali a turno unico.
– Veneto: 44,64 % (-16,5 punti rispetto al 2020)
– Campania: 44,06 % (-11,5 punti)
– Puglia: 41,83 % (-14,6 punti)
Nei grandi capoluoghi il crollo è ancora più violento: Napoli 39,59 %, Taranto 33,59 %, Bari 42,31 %.
### Un presidente eletto dal 25-27 % degli aventi diritto
Stefani governa quasi 5 milioni di veneti con i voti di circa 1,9 milioni di persone.
Decaro amministra 4 milioni di pugliesi con 1,67 milioni di sì.
Fico ha nelle mani la Campania con 2,47 milioni di consensi.
Significa che oltre il 56 % della popolazione adulta – in alcune province anche il 66 % – non ha ritenuto minimamente di doversi esprimere. Non è apatia: è rifiuto deliberato del meccanismo rappresentativo.
### La democrazia rappresentativa è morta. Nasce il tempo del cesarismo plebiscitario
Quando la partecipazione crolla sistematicamente sotto la soglia della maggioranza assoluta, la legittimità non può più derivare dal voto parlamentare o regionale delegato.
La storia insegna che, in questi vuoti di rappresentanza, emerge una sola forma di potere che conserva ancora credibilità presso le masse: **il cesarismo plebiscitario**.
Non più la mediazione lenta dei consigli, dei partiti, delle coalizioni.
Ma il rapporto diretto, immediato, quasi carismatico tra un leader nazionale e il popolo, ratificato da consultazioni di massa (referendum, plebisciti, acclamazioni) che bypassano completamente il sistema dei corpi intermedi che siano nazionali o locali. Quel corpacciono corrotto di clientelismi che ha portato individui politicamente luridi come Fico e Decaro a guidare due regioni italiane.
Oggi l’Italia è esattamente in questa fase: i partiti sono percepiti come cartelli di potere lontani, i consigli regionali come assemblee di nominati, le cui decisioni nessuno sente proprie.
Il 56 % che ieri è rimasto a casa non chiede più “migliori rappresentanti”.
Chiede di essere interpellato direttamente, senza filtri, su tutto: bilancio, sanità, grandi opere, immigrazione, energia.
Chiede, in altre parole, di trasformare il Paese in una democrazia plebiscitaria in cui il capo (nazionale o regionale) si presenta periodicamente davanti al popolo per ottenere o rinnovare la fiducia, e tra un plebiscito e l’altro governa con mano ferma, sapendo di avere dietro di sé non un Parlamento screditato, ma il popolo stesso.
### Due sole strade, nessuna via di mezzo
1. Accettare la realtà e trasformare le Regioni: il governatore viene nominato dal governo.
2. Oppure continuare la commedia delle elezioni locali a partecipazione ridicola, consegnando di fatto il potere a minoranze organizzate che governano sulla testa del 60 % silenzioso.
La democrazia rappresentativa liberale, figlia del 1948, è finita ieri sera nei seggi vuoti di Napoli, Bari e Venezia.
Il futuro, che piaccia o no, si chiama cesarismo plebiscitario: un leader forte, un popolo che dice sì o no direttamente, nessun filtro.
Le urne di queste regionali non hanno eletto tre governatori.
Hanno seppellito definitivamente un’intera epoca.
E hanno aperto, senza che quasi nessuno se ne accorga ancora, quella successiva.



Molti non votano per scelta, altri hanno la residenza ma magari sono all’estero o altrove..
Doveva vincere la destra dappertutto anche se non mantiene le promesse?