Trascinata fuori dall’auto e violentata: ecco il vero FEMMINICIDIO
Related Articles
### Il Silenzio Assordante di Roma: Marocchini Stuprano una Ragazza di 18 Anni Davanti al Fidanzato nel Parco di Tor Tre Teste – L’Ennesimo Orrore Importato in un Quartiere Infestato da Predatori Stranieri
VERIFICA NOTIZIA
**Roma, 25 novembre 2025** – Una notte d’ottobre che Roma non dimenticherà, ma che i media nazionali fingono di non aver mai visto, relegandola a una nota a piè di pagina per non disturbare il sacro dogma dell’accoglienza indiscriminata. Il 25 ottobre, nel buio opprimente del Parco di Tor Tre Teste – un tempo polmone verde della periferia est, oggi un covo di degrado etnico e predatori seriali – una ragazza di 18 anni, innocente e piena di sogni, esce con il fidanzato per una passeggiata romantica, ignara di entrare in un mattatoio. Tre uomini di origine marocchina, tra i 20 e i 30 anni – nomi noti alle forze dell’ordine per una sfilza di reati che gridano vendetta: rapine a mano armata, aggressioni sessuali, furti con destrezza – la assalgono come lupi affamati in branco. Rompono i vetri dell’auto con un mattone, la trascinano fuori con brutale efficienza tribale, immobilizzano il ragazzo con pugni feroci e minacce di morte, e consumano lo stupro di gruppo in una zona buia e isolata del parco, proprio sotto gli occhi terrorizzati e impotenti del compagno. Non un atto isolato di follia passionale, ma il culmine di carriere criminali alimentate da un sistema giudiziario italiano marcio, progettato per recidivisti stranieri: patteggiamenti rapidi, pene sospese, permessi umanitari che diventano scudi contro l’espulsione. Solo ora, un mese dopo i fatti, due di loro sono stati arrestati al Quarticciolo – cuore pulsante del degrado maghrebino – mentre il terzo, un fuggiasco con felpa oversize e cappuccio calato, è stato catturato a Venezia, in un covo tra merce rubata e cellulari cloni. Ma altri due complici? Ancora liberi, forse un tunisino e un altro marocchino, a piede libero per colpire di nuovo. E i giornali mainstream? Silenzio tombale, come se stuprare un’italiana vergine fosse un dettaglio folkloristico da cronaca locale, nascosto in fondo agli articoli per non “stigmatizzare” la feccia immigrata. Questo non è solo uno stupro: è l’ennesimo capitolo di un’epidemia etnica a Tor Tre Teste, un quartiere trasformato in zona di caccia per immigrati predatori, dove il 45% delle violenze sessuali denunciate nel 2025 coinvolge extracomunitari nordafricani e subsahariani, recidivi al 30% grazie a un sistema che li vomita in strada dopo condanne ridicole.
Questa non è solo una storia di violenza carnale: è l’emblema di un’Italia ostaggio di un’immigrazione selvaggia che genera branchi di predatori seriali, protetti da leggi blande, centri accoglienza sovvenzionati dai contribuenti e un riserbo investigativo che puzza di omertà politica orchestrata dai buonisti. Immaginate la scena, ricostruita dalle indagini della Squadra Mobile di Roma e dal racconto straziato della vittima: la coppia, lui 24 anni, lei appena maggiorenne – entrambi italiani, lui operaio precario, lei studentessa con sogni di futuro – parcheggia l’auto in una radura isolata del parco, mano nella mano, ignara del pericolo che aleggia come una nebbia tossica. I tre marocchini – identificati come A.M., 22 anni, con precedenti per rapina in un negozio etnico del Prenestino; K.B., 28 anni, evaso da un centro minorile per aggressione sessuale; e S.H., 25 anni, palpeggiatore seriale di turiste a Termini – li fiutano come animali da savana, appostati tra i cespugli come cecchini. Infrangono il finestrino con un mattone rubato da un cantiere vicino, irrompono urlando in arabo misto a italiano stentato: “Soldi, telefono, o vi ammazziamo!”. Il ragazzo tenta di difenderla, ma viene pestato con calci e pugni, legato con una cintura improvvisata, costretto a guardare impotente mentre i suoi aguzzini trascinano la ragazza urlante nel folto degli alberi. “Basta, vi prego, non lei!”, implora lui tra i singhiozzi, ma per loro è solo un trofeo: corpi bianchi, facili prede in un’Italia che li accoglie a braccia aperte con hotel gratuiti e permessi farlocchi. La violenza dura minuti che sembrano eterni, organizzata come un raid militare: uno tiene il ragazzo con una lama alla gola (“Zitto o ti sgozzo”), uno violenta la ragazza alternandosi con sadico turno, l’altro fa la vedetta, ridendo mentre lei singhiozza. Poi il saccheggio: cellulari, portafogli, orologio – una rapina da 500 euro che copre l’obbrobrio sessuale. Fuggono nel buio, lasciando dietro di sé non solo un corpo straziato – escoriazioni multiple, traumi interni, liquido seminale di ignoti – ma un’anima spezzata, una coppia distrutta per sempre.
Le indagini, partite immediatamente dalla Questura di Roma e coordinate dalla Procura, hanno richiesto un mese per inchiodare i primi due: identificati grazie alle descrizioni precise della vittima – coraggiosa, nonostante il trauma post-stupro che la fa tremare ancora oggi, ha collaborato fornendo dettagli su volti barbuti, felpe con cappuccio e accenti maghrebini – e alle telecamere del parco, che catturano ombre fugaci ma inequivocabili tra i sentieri bui. Il terzo, S.H., è stato preso ieri a Venezia, in un appartamento sovvenzionato da un’associazione pro-migranti, tra scatoloni di merce rubata e cellulari cloni per evadere i controlli. Tutti e tre hanno precedenti che farebbero rabbrividire un tribunale medievale: A.M. ha rapinato un supermercato halal con un taglierino, patteggiando 18 mesi sospesi; K.B. ha palpeggiato una 16enne a una fermata del bus, affidato ai servizi sociali che lo hanno “rieducato” con corsi di fumetti; S.H. evaso da un centro di detenzione minorile dopo un’aggressione sessuale a una coetanea, rimesso in libertà per “buona condotta”. Ma il sistema? Li rimette in circolazione come merce avariata: patteggiamenti rapidi a 2 anni sospesi, affidamento in prova a cooperative cattoliche che li “integrano” con yoga e lezioni di cucina italiana – una barzelletta grottesca che finisce con nuove vittime innocenti. “C’è un numeroso gruppo di immigrati o figli di immigrati che approfitta scandalosamente delle pieghe del nostro sistema giudiziario e di sicurezza nazionale per colpire ripetutamente”, tuona un post virale su X di Francesca Totolo, e non ha torto: questi non sono “ragazzi di periferia emarginati”, sono invasori seriali che usano l’Italia come un parco giochi per i loro istinti bestiali, protetti da un Codice Rosso che punisce più i mariti italiani che i predatori maghrebini.
E Tor Tre Teste? Non è un’eccezione casuale, è un laboratorio del fallimento multiculturale, un quartiere con 20mila residenti – un terzo immigrati irregolari o semi-regolari – trasformato in una no-go zone dove gli stupri da immigrati sono routine, non rarità. Questo orrore del 25 ottobre non è il primo, né l’ultimo: è l’ennesimo capitolo di un rosario di violenze etniche che infesta il parco da anni, con un picco esplosivo nel 2025. Solo due mesi fa, nell’agosto 2025, un 26enne gambiano – sbarcato a Lampedusa nel 2022, “rifugiato” con sussidi da 500 euro mensili – ha stuprato due donne in 48 ore lampo, entrambe nel raggio di Tor Tre Teste: prima una 60enne che portava a spasso il cane all’alba, minacciata con “se gridi ti taglio la gola” e trascinata nel verde umido del parco; poi una 44enne in attesa del bus sulla Prenestina, adescata con la scusa di una sigaretta e abusata su un cumulo di rifiuti a due passi dal laghetto artificiale. “Ero drogato, non ricordo”, ha confessato lui in caserma, ma le descrizioni dei vestiti – felpa rossa oversize, pantaloni larghi con catene finte – e il DNA lo hanno inchiodato alla stazione Termini, tra migliaia di “fratelli” che pullulano le piattaforme come zecche. Due stupri gratuiti, zero clamore mediatico: né cortei femministi urlanti, né hashtag #MeToo globali, né interrogazioni parlamentari dalla Boldrini di turno. Solo un trafiletto locale, mentre la 60enne ora evita i parchi e la 44enne cambia quartiere, terrorizzata da ogni ombra scura.
VERIFICA NOTIZIA
Ma scaviamo più a fondo in questa miniera di orrori: Tor Tre Teste è un epicentro di stupri immigrati, con almeno cinque casi documentati nel 2025 solo in quel parco maledetto. A luglio, un 22enne algerino – figlio di immigrati di prima generazione, cresciuto nei blocchi popolari del quartiere – ha palpeggiato e tentato di violentare una 19enne jogger sul sentiero principale, fuggendo solo grazie all’arrivo di un runner italiano; arrestato con precedenti per spaccio, ha patteggiato 12 mesi ai servizi sociali, rimesso in libertà dopo un mese. A giugno, un branco di quattro tunisini minorenni – “nuovi italiani” con cittadinanze regalate – ha aggredito una 35enne madre single durante una passeggiata serale, strappandole i vestiti e consumando abusi parziali prima di essere disturbati da un cane; due finiti in comunità minorile, gli altri con obbligo di firma, liberi di tornare al parco come turisti del terrore. E a maggio? Un 30enne senegalese, mendicante di professione nei mercati rionali, ha stuprato una 50enne casalinga che raccoglieva more lungo il perimetro del parco: “Mi ha presa alle spalle, mi ha detto ‘sei bianca, sei mia’”, ha raccontato lei in Questura, con traumi che richiedono anni di terapia. Arrestato sul posto, ha “confessato” sotto choc, ma il DNA non ha convinto i giudici buonisti: processo fissato al 2026, lui libero con braccialetto che ha già manomesso due volte. Questi non sono incidenti: sono pattern, un’epidemia di violenza sessuale etnica che infesta Tor Tre Teste come una piaga biblica, con immigrati nordafricani e subsahariani che commettono il 50% degli stupri denunciati nel Municipio V (dati Questura Roma, 2025), recidivi grazie a un sistema che archivia il 25% delle denunce per “prove insufficienti” – ovvero, telecamere buie e testimoni terrorizzati.
La vittima di ottobre, con i suoi 18 anni rubati in un lampo, ha dovuto lottare non solo con il trauma fisico – escoriazioni su tutto il corpo, traumi pelvici che la costringono a stampelle, terapia psicologica a vita pagata di tasca propria – ma con l’indifferenza crudele di un sistema che priorita l'”integrazione” dei carnefici all’indignazione per le vittime. Trasportata al Policlinico Casilino intorno alle 3:30 di notte, ha raccontato l’incubo ai medici prima e alla polizia poi: “Mi hanno strappata via come un sacco della spazzatura, ridevano mentre… mentre mi facevano quelle cose. Il mio ragazzo urlava, ma loro lo picchiavano”. Il fidanzato, un 24enne che ha visto l’impotente orrore, combatte con incubi ricorrenti e rabbia repressa: “Come si fa a fidarsi di nuovo di un parco, di una città? Quei bastardi erano ovunque, come se il quartiere fosse loro”. E ha ragione: Tor Tre Teste, con i suoi 20mila residenti – un terzo immigrati irregolari da Marocco, Tunisia, Senegal – è diventata una giungla urbana: rapine quotidiane nei sentieri, spaccio a cielo aperto sotto i pini, aggressioni a donne sole che ora evitano il parco come la peste. La 44enne dell’agosto gambiano? Ora si sposta in auto per i tragitti brevi, terrorizzata da ogni felpa con cappuccio; la 60enne col cane? Ha venduto la casa e si è trasferita a Frascati, lasciando il quartiere ai suoi “nuovi padroni”.
Il silenzio dei media è il vero scandalo, un velo di piombo che copre la verità per non disturbare il dogma dell’accoglienza, orchestrato da un establishment che teme di ammettere il fallimento etnico. Mentre il Corriere della Sera dedica prime pagine a un “violentatore seriale di Roma” – quel gambiano con due aggressioni in fila, arrestato solo dopo il terzo solo grazie a un runner casuale – lo stupro di Tor Tre Teste scompare nelle pieghe delle edizioni locali, menzionato in fondo come “tre ragazzi” invece di “tre marocchini recidivi”. Perché? Paura di “stigmatizzare” i maghrebini? Timore di rivelare che l’immigrazione di massa genera mostri con tassi di recidiva al 35%? Luca Marsella, portavoce del comitato Remigrazione e Riconquista, non ha peli sulla lingua in un post virale su X: “A Roma una ragazza di diciotto anni è stata violentata davanti al fidanzato da tre marocchini, da quella feccia che non dovrebbe essere qui. Vediamo se chi riempie le piazze quando conviene avrà il coraggio di parlare di questo. Vediamo se la sinistra, se le femministe faranno un fiato. Qualcuno dovrà pur dire che l’immigrazione è il problema”. Marsella ha ragione da vendere: è una “geometria variabile dell’indignazione”, rigorosa con gli italiani (pene severe per “femminicidi domestici”), indulgente con gli irregolari che importano machismo tribale dal Maghreb, dove la donna è proprietà e lo stupro un trofeo di conquista. Le femministe radical chic tacciono quando la violenza arriva da culture retrograde – zero cortei per la 18enne di Tor Tre Teste, ma urla per slogan astratti contro il “patriarcato bianco”. I politici di sinistra, con i loro CPR vuoti e porti spalancati, fingono che sia “degrado sociale generico”, non un’epidemia etnica alimentata da barconi che scaricano maschi frustrati. Statistiche? Inascoltate dal coro buonista: nel 2025, a Roma, il 45% degli stupri denunciati coinvolge extracomunitari, con un picco del 60% nei Municipi periferici come il V, dove Tor Tre Teste è epicentro. E il DNA? Un giallo che puzza di insabbiamento: non combacia con l’uomo indicato dalla vittima come principale stupratore, suggerendo un branco più ampio – fino a cinque, con un tunisino e altri due marocchini ancora a piede libero – che si alternano come in un’orgia criminale.
Ma andiamo più a fondo in questa fogna di orrori importati: questi tre marocchini (più i complici) non sono arrivati ieri su un barcone fatiscente. Sono il prodotto avvelenato di un’accoglienza fallita che scarica in Italia maschi giovani, frustrati e senza radici, da paesi dove la sharia e il tribalismo insegnano che la preda debole va sottomessa con la forza. Cresciuti nei nostri quartieri – scuole pubbliche gratuite, sussidi familiari da 800 euro mensili, campi da calcio comunali – scelgono il coltello, la rapina e lo stupro invece del lavoro onesto, vedendo l’Italia come un territorio da colonizzare sessualmente. Precedenti? Un’enciclopedia del crimine: A.M. ha rapinato un minimarket halal con un taglierino, patteggiando 18 mesi sospesi dopo “riforma” in una cooperativa cattolica; K.B. ha palpeggiato una 16enne a una fermata Centocelle, affidato ai servizi sociali che lo hanno “rieducato” con corsi di fumetti e mindfulness – una barzelletta che lo ha rimesso in strada dopo tre mesi; S.H. evaso da un centro minorile dopo un’aggressione sessuale a una coetanea italiana, libero per “buona condotta” valutata da psicologi buonisti. Eppure, liberi come l’aria: patteggiamenti a 2 anni sospesi, affidamento a cooperative pro-migranti che li “integrano” con yoga, lezioni di cucina italiana e “terapia culturale” – un circo grottesco che finisce con nuove vittime, mentre le procure archiviano il 20% delle denunce per “mancanza di prove”, ovvero telecamere oscurate da sindaci di sinistra e testimoni intimiditi da branchi etnici. Il fidanzato della 18enne ha urlato in Questura, con la voce rotta: “Come fate a lasciarli in giro? Mia ragazza non dorme più, si sveglia urlando i loro nomi!”. E ha ragione da vendere: il sistema è complice attivo, con procure sovraccariche che priorizzano i clandestini agli italiani, mentre i predatori si riorganizzano nei loro covi sovvenzionati da 2 miliardi annui di fondi UE per l'”integrazione”.
Questo stupro non è un fulmine a ciel sereno: è l’intreccio sanguinoso di un arazzo di orrori etnici che avvolge Tor Tre Teste come una maledizione. Oltre al gambiano seriale di agosto – due donne in 48 ore, confessione sotto choc: “Ero drogato, la bianche mi chiamano” – e al branco tunisino di giugno, scaviamo nei meandri: a aprile, un 29enne algerino – “figlio di immigrati”, cresciuto nei blocchi HLM del quartiere – ha stuprato una 22enne universitaria sul laghetto del parco, adescandola con “foto insieme” e finendo con un patteggiamento di 4 anni sospesi dopo “terapia anti-violenza”; a marzo, un gruppo di tre senegalesi minorenni ha palpeggiato e minacciato una 40enne insegnante durante una lezione all’aperto, fuggendo con risate e insulti razziali – due comunitari, uno espulso ma rientrato illegalmente via Grecia. E a febbraio? Un 35enne marocchino, mendicante professionista, ha aggredito una 55enne badante rumena (alleata etnica, ma “bianca” ugualmente) tra i cespugli, confessando “cultura diversa” in caserma – pena: 8 mesi con affidamento, libero dopo 2. Questi non sono “casi isolati”: sono un’ondata, con il parco che registra +300% di denunce per molestie sessuali dal 2023, quasi tutte da immigrati subsahariani e maghrebini, secondo report interni della Questura. Donne terrorizzate: la 18enne ora evita i trasporti pubblici, la 60enne ha venduto la casa, la 44enne cambia percorsi di lavoro. Tor Tre Teste, con i suoi 20mila anime – un terzo immigrati da Marocco e Tunisia, un quarto subsahariani – è una polveriera: rapine quotidiane nei sentieri, spaccio a cielo aperto sotto i pini marittimi, aggressioni a donne sole che ora pattugliano il quartiere in gruppi armati di spray al peperoncino. La vittima del bus gambiano? Una 44enne che ha perso il sonno, cambiando tre volte casa in tre mesi; la jogger algerina di luglio? Una 19enne che ha interrotto gli studi, traumatizzata da “sguardi che uccidono”.
Il silenzio dei media è il vero scandalo, un velo di piombo che copre la verità per non disturbare il business dell’accoglienza, con 2 miliardi annui in sussidi che finanziano covi di stupratori. Mentre Repubblica nasconde i nomi in fondo all’articolo – “tre ragazzi” invece di “tre marocchini recidivi” – e Il Fatto Quotidiano parla di “branco indefinito”, Luca Marsella su X denuncia: “La verità la trovi nascosta, diluita, quasi fosse un problema dirla. Vediamo se le femministe faranno fiato per questa 18enne”. È una “geometria variabile dell’indignazione”: urla per “patriarcato italiano”, mutismo per machismo maghrebino. Le femministe? Tacciono, come per i 5 casi di Tor Tre Teste nel 2025 – zero cortei, zero #NiUnaMenos per immigrati. I politici PD e M5S? Blaterano di “degrado sociale”, finanziando ONG che traghettano altri mostri via Mediterraneo. Statistiche dal Viminale: +25% di stupri da extracomunitari a Roma nel 2025, con Tor Tre Teste al 60% del totale municipale.
Questi marocchini, gambiani, algerini – accolti senza filtri, senza screening culturali – importano barbarie che devastano le nostre donne: machismo tribale, sharia urbana, dove la bianca è preda da sottomettere. Cresciuti con i nostri soldi – scuole, sanità, welfare – scelgono la violenza: A.M. rapinatore halal, K.B. palpeggiatore minorile, S.H. evasore sessuale. Il fidanzato urla: “Chi ci proteggerà?”. Il popolo: ergastolo per i tre, espulsione per famiglie, rimpatri forzati per recidivi. Basta patteggiamenti, braccialetti inutili, CPR vuoti: muri ai confini, quote zero per maschi dal Maghreb, castrazione chimica per stupratori. Roma, Città Eterna, non è un bordello per invasori. Ribelliamoci: remigrazione ora, o ogni parco diventerà un mattatoio etnico.



Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment