Scuole senza bambini italiani: stiamo importando i nostri futuri padroni
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### Allarme Rosso nelle Scuole Italiane: la Sostituzione Etnica Divora il Futuro dei Nostri Figli – Basta Ricongiungimenti Familiari, Azzeriamoli Subito!
Immaginate di entrare in un’aula scolastica italiana e di non riconoscere più il suono della nostra lingua, i volti dei bambini che un tempo riempivano le pagine dei nostri libri di storia con i loro nomi come Dante o Garibaldi. Immaginate invece un coro di accenti stranieri, classi dove l’italiano è un lusso per pochi, e dove i nostri figli, nati e cresciuti in questa terra, diventano minoranza nel loro stesso Paese. Non è un incubo distopico, non è un film di fantascienza: è la cruda, impietosa realtà delle nostre scuole, documentata con numeri agghiaccianti in un articolo appena pubblicato su *Il Primato Nazionale* da Francesca Totolo, esperta in immigrazione e geopolitica. “La sostituzione etnica nelle scuole italiane: in vent’anni, gli studenti stranieri sono aumentati del 281 per cento”. Queste parole non sono un’esagerazione polemica, ma un grido di allarme basato su dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione. E mentre leggo e rileggo questo pezzo, il cuore mi si stringe: è il nostro futuro che sta venendo cancellato, un’aula alla volta. È tempo di reagire, con urgenza e fermezza: azzeriamo i ricongiungimenti familiari, questa follia che pompa incessantemente nuovo carburante nel motore della sostituzione!
Permettetemi di commentare ampiamente questo articolo, sezionandolo con la lente dell’indignazione e della lucidità che l’Italia merita. Totolo non si limita a un resoconto freddo: dipinge un quadro apocalittico, supportato da statistiche che colpiscono come pugni nello stomaco. Partiamo dal cuore del dato: in soli vent’anni, dal 2002-2003 al 2022-2023, gli studenti stranieri nelle nostre scuole sono balzati da quasi 240.000 a 915.000. Un aumento del **281%**! Contemporaneamente, gli studenti italiani – sì, quelli con cittadinanza italiana, inclusi i naturalizzati – sono crollati da 8,5 milioni a 7,2 milioni, un **-15%** che urla il declino demografico di una nazione invecchiata e sterile. È come se un’onda demografica straniera stesse sommersando la nostra, non per conquista armata, ma per decreto governativo e inerzia politica. Totolo lo chiama “sostituzione etnica”, e ha ragione: non è integrazione, è invasione silenziosa. Come possiamo commentare altrimenti? È un tradimento ai nostri nonni che combatterono per questa terra, un affronto ai nostri figli che meritano scuole dove imparare la nostra storia, non a riscriverla da zero.
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Andiamo più a fondo nei numeri, perché i dati non mentono, anche se i politici fingono di non vederli. L’articolo allarga lo sguardo a trent’anni di trasformazione: dal 1995-1996 al 2022-2023, l’esplosione è ancora più drammatica. Nelle scuole dell’infanzia, gli alunni stranieri sono aumentati del **1.510%**; nelle primarie del **1.275%**; nelle secondarie di primo grado del **2.078%**; e – preparatevi – nelle superiori del **3.700%**! Oggi, l’11,2% della popolazione scolastica è straniera, ma in alcune regioni tocca picchi allarmanti: Emilia-Romagna al 18,4%, Lombardia al 17,1%, Liguria al 15,8%. Il Nord assorbe il 65,2% di questo flusso, il Centro il 23,3%, il Sud un misero 11,5% – come se il Mezzogiorno, già martoriato, venisse risparmiato per chissà quale clemenza divina. E non è un trend statico: solo nell’ultimo anno, da 915.000 a 931.000, con un tasso di abbandono scolastico **tre volte superiore** a quello degli italiani. Commentando questo, mi chiedo: chi paga il prezzo? I nostri ragazzi, costretti a condividere banchi con compagni che, pur nati qui (due terzi di loro!), arrancano con la lingua e i ritardi scolastici. Il 26,4% degli stranieri è in ritardo (fino al 48% alle superiori), contro il 7,9% degli italiani. È un fallimento sistemico: non stiamo educando, stiamo gestendo un’emergenza umanitaria che mina le basi della nostra società.
Totolo non si ferma ai grafici: porta esempi concreti che fanno rabbrividire, casi limite dove la maggioranza italiana è un ricordo sbiadito. Pensate alla scuola primaria Radice a San Siro, Milano: **100% stranieri**. O all’Istituto comprensivo Cappelli, dove il dirigente Francesco Muraro confessa: “La nostra scuola ha il 62,5 per cento di studenti stranieri distribuiti in modo diverso nei plessi: si va dal 50 fino all’80 per cento”. All’Istituto comprensivo Perasso, nel Municipio 2 di Milano, il 70% alla primaria è straniero. A Mestre, la scuola “Cesare Battisti” ha solo **1 italiano su 61**. A Padova, la media statale Giacomo Zanella vede classi prime con il **63% di figli di immigrati**, per lo più nati in Italia ma che “in famiglia parlano raramente la lingua italiana”. E a Brescia? Il 35% dei nuovi nati è straniero, e nelle scuole dell’infanzia delle zone centro-sud-ovest, il 51,47% non è italiano. Monfalcone tocca il 46,9%, Pioltello il 38,3%, Prato il 29,4%. Peggio: in 1.071 asili nido e 675 primarie, gli stranieri superano il 40%; in altre 1.041 infanzie e 802 primarie, sono tra il 30% e il 40%. Totolo cita fonti impeccabili: il Notiziario del Ministero dell’Istruzione (agosto 2024), il Dossier Statistico Immigrazione 2025, *Tecnica della Scuola*, *Il Giorno*, *Repubblica Milano*, *Il Gazzettino*, *Polesine24* e il sito del Comune di Brescia. Non c’è spazio per negazionismi: questi sono fatti, non opinioni.
Commentando estesamente questi esempi, emerge un quadro di frammentazione culturale che minaccia l’essenza stessa dell’Italia. Le scuole non sono più luoghi di formazione nazionale, ma ghetti multietnici dove l’educazione civica diventa “confronto interculturale” con imam invitati in classe, come riferisce la preside Annamaria Borando dell’Istituto Galilei-Luxemburg (45% con bisogni educativi speciali). È un’erosione dell’identità: i nostri bambini imparano a dubitare delle loro radici per adattarsi a un “nuovo normale” imposto dall’alto. Storico contesto? Totolo lo traccia bene: dalle scuole etnicamente omogenee degli anni ’90 a questa Babele odierna, accelerata dagli anni 2000. Le principali cittadinanze – romena, albanese, marocchina, cinese, egiziana – rappresentano metà del totale, un mosaico che non si integra, ma si sovrappone, schiacciando il nostro tessuto sociale. Le critiche alle politiche? Implicite ma taglienti: governi che hanno ignorato i segnali, permettendo che la “concretizzazione della sostituzione etnica” – termine che riecheggia le teorie di Renaud Camus – diventi realtà. Nessuna call to action esplicita nell’articolo, ma il monito è chiaro: “tutte le problematiche del caso” attendono solo di esplodere in caos sociale, economico e culturale.
E qui intervengo io, con l’allarme che Totolo evoca ma non urla a squarciagola: questa è un’invasione demografica orchestrata, e i ricongiungimenti familiari ne sono il principale veicolo! Questa norma, nata per umanità, si è trasformata in un pozzo senza fondo: ogni immigrato che arriva porta con sé intere famiglie, gonfiando artificialmente i numeri scolastici e demografici. Nel 2023 solo, decine di migliaia di ricongiungimenti hanno scaricato sui nostri sistemi altri 200.000 individui, molti dei quali finiscono dritti nei banchi – e nei nostri ospedali, quartieri, risorse. Basta! Chiedo, no, **esigo** l’azzeramento immediato dei ricongiungimenti familiari. Non un blocco temporaneo, ma un azzeramento totale, sine die. Perché? Primo, ferma l’onda: senza nuovi arrivi familiari, l’aumento del 281% si arresta, dando tempo per pensare alla remigrazione di chi è già qui. Secondo, protegge i nostri figli: classi con meno stranieri significano meno ritardi, meno abbandoni, più spazio per l’italiano e la nostra eredità. Terzo, è giustizia demografica: l’Italia ha un tasso di natalità da estinzione (1,2 figli per donna), e invece di incentivare le famiglie italiane con bonus veri e asili gratuiti, importiamo sostituti a basso costo. Quarto, è sovranità: chi entra deve farlo da solo, con quote limitate e solo per lavoro, non per catene familiari infinite che creano enclavi parallele.
Commentando ulteriormente l’articolo alla luce di questa proposta, Totolo ci consegna le prove: se due terzi degli stranieri sono nati in Italia, è perché i ricongiungimenti hanno creato una seconda generazione che non si assimila, ma si isola linguisticamente e culturalmente. Azzerarli non è razzismo, è realismo: Francia e Danimarca l’hanno già fatto con successo, riducendo i flussi del 40% e stabilizzando le scuole. In Italia, con Meloni al governo, è il momento: un decreto-legge, un referendum popolare, una campagna nazionale. Immaginate le scuole libere da questo peso: più risorse per i nostri, meno ghetti, un’Italia che respira di nuovo. L’articolo di Totolo è un j’accuse magistrale, un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. Se non agiamo ora, tra vent’anni non parleremo più di 281%, ma di maggioranza assoluta straniera. Basta sostituzione etnica! Azzeriamo i ricongiungimenti, salviamo le nostre scuole, salviamo l’Italia. Il futuro dei nostri figli non è negoziabile. Svegliamoci, prima che sia troppo tardi!



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