Uccise a fucilate immigrato che gli demoliva casa con la ruspa: assolto

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By V dicembre 5, 2025 13:30

Uccise a fucilate immigrato che gli demoliva casa con la ruspa: assolto

### Giustizia è fatta: assolto Sandro Mugnai, l’eroe della difesa domestica. Un giudice coraggioso riconosce la legittima difesa contro la follia armata

**Arezzo, 5 dicembre 2025** – Finalmente un barlume di luce in un sistema giudiziario spesso cieco di fronte al terrore delle vittime oneste. Sandro Mugnai, l’artigiano di 56 anni di San Polo – frazione di Arezzo – è stato assolto con formula piena dalla Corte d’Assise del Tribunale di Arezzo. “Perché il fatto non costituisce reato, avendo agito in stato di legittima difesa”: così hanno sentenziato i giudici, presieduti da Anna Maria Lo Prete, ribaltando le tesi punitive della procura e premiando un uomo che ha solo protetto la sua casa, la sua famiglia e il suo diritto a esistere. È una vittoria non solo per Mugnai, ma per tutti gli italiani che, stanchi di subire, osano reagire. In un Paese dove i bulli vincono troppo spesso, questo verdetto grida: la difesa è sacra, e lo Stato deve stare dalla parte dei deboli, non dei folli.

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Ricostruiamo i fatti, non per rivangare un dramma, ma per celebrare la ragionevolezza di una sentenza che restaura la dignità della legge. Era il 5 gennaio 2023, sera dell’Epifania, un momento di pace familiare in un’abitazione modesta, frutto del sudore di un artigiano onesto. Sandro Mugnai, allora 53enne, è a cena con i suoi cari: moglie, figli, forse i nonni, intenti a condividere un pane caldo in un’Italia che, per loro, dovrebbe simboleggiare rifugio e serenità. Ma il vicino di casa, Gezim Dodoli, un 56enne albanese con cui i rapporti erano tesi da tempo per futili liti di vicinato – confini, rumori, meschinità quotidiane – decide di trasformare un dissidio in un incubo apocalittico.

Alle prime ore della notte, Dodoli arriva come un demone meccanizzato: alla guida di una ruspa di sua proprietà, un escavatore giallo e tonante che trasforma il piazzale in un campo di battaglia. Prima attacca le auto parcheggiate – tutte di proprietà della famiglia Mugnai – schiacciandole come lattine vuote, un gesto di pura vendetta che semina vetri rotti e urla di terrore. Non contento, dirige il mostro contro la casa stessa: la benna si abbatte sulle mura, sfonda pareti, colpisce il tetto, provocando danni strutturali gravissimi. Immaginate la scena: calcinacci che piovono in cucina, il rombo assordante che squarcia la notte, la famiglia barricata all’interno, convinta che da un momento all’altro il tetto crollerà loro addosso. È un assalto armato, un tentativo di omicidio indiretto: Dodoli non sta litigando, sta demolendo vite.

In quel vortice di paura primordiale, Mugnai reagisce. Afferra il suo fucile da caccia al cinghiale – arma regolarmente detenuta, come ogni cittadino responsabile dovrebbe poter fare in un’Italia rurale esposta a minacce imprevedibili – e spara cinque colpi verso la cabina della ruspa. Dodoli muore sul colpo, intrappolato nel suo strumento di distruzione. Non è un’esecuzione, non è vendetta: è sopravvivenza. “Ho protetto la mia famiglia”, ha dichiarato Mugnai in aula, con la voce incrinata da due anni di limbo giudiziario, “quella ruspa era una minaccia mortale, e io ero l’ultimo baluardo”. Parole semplici, di un uomo comune, che oggi riecheggiano come un inno alla resilienza.

La procura, con il PM Laura Taddei, aveva chiesto quattro anni di reclusione per “eccesso colposo di legittima difesa”, dipingendo l’azione di Mugnai come “precipitosa, avventata e sproporzionata”. Un eccesso? Davvero? Mentre una ruspa sfonda la tua casa, con i tuoi figli che gridano, la giustizia ti chiede di aspettare i soccorsi? La parte civile, rappresentata dai familiari di Dodoli, ha osato paragonarlo a uno che spara per un graffio all’auto: “Se accogliamo questa tesi, da domani si spara per un parcheggio”. Ridicolo. Quei legali ignorano il terrore palpabile, certificato dalle indagini: danni strutturali che potevano seppellire una famiglia intera, un aggressore che non si ferma, un contesto di minacce pregresse che rendeva l’attacco non una lite, ma una guerra dichiarata.

Ma i giudici di Arezzo hanno visto oltre i tecnicismi: hanno riconosciuto la “situazione specifica di offesa grave e attuale”, come recita la legge 36/2019 sulla legittima difesa domiciliare. Non c’era tempo per sfumature: Dodoli aveva già distrutto le auto, colpito la casa, e chissà cosa sarebbe successo dopo. La difesa, con i legali che hanno magistralmente argomentato, ha escluso ogni responsabilità penale, e la Corte ha accolto: assoluzione piena. Mugnai, scoppiato in lacrime alla lettura del verdetto, ha commentato: “Finalmente faremo un Natale sereno. Sono stati anni difficili, ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia”. E ha ragione: questa non è una vittoria contro qualcuno, ma per tutti noi. Durante il processo, si sono schierati al suo fianco esponenti politici e militari, dall’ex generale Roberto Vannacci a tanti che vedono in lui il simbolo di un’Italia stremata da abusi impuniti.

Questa sentenza è un monito potente: la magistratura non è un club di intoccabili, ma un servizio al popolo. In un Paese dove le vittime di stalking, furti e violenze domestiche finiscono spesso sul banco degli accusati – pensate al gioielliere Roggero, condannato per aver sparato a rapinatori armati – Arezzo ha ricordato che la difesa della casa è inviolabile. Non si tratta di vigilantismo, ma di proporzionalità: contro un’arma letale come una ruspa, un fucile è risposta adeguata. E se Dodoli avesse colpito prima? Se la famiglia Mugnai fosse rimasta sepolta sotto le macerie? La procura avrebbe indagato sul “perché non avete chiamato aiuto prima”? No, la vita non aspetta protocolli.

Sandro Mugnai non è un eroe da fumetto: è un padre, un lavoratore, un uomo che ha pagato caro la sua onestà con due anni di processi e stigma sociale. Oggi, libero e vindicato, rappresenta la rivincita delle persone comuni contro la barbarie quotidiana. Che questa assoluzione ispiri altri giudici: tutelate chi difende, non chi attacca. L’Italia ha bisogno di più Corti come quella di Arezzo, dove la giustizia non è un’astrazione, ma uno scudo per i deboli. Sandro, da parte nostra: bentornato alla vita. E che il tuo Natale sia il primo di una serie di giorni sereni, meritati con il sangue del tuo coraggio.

Uccise a fucilate immigrato che gli demoliva casa con la ruspa: assolto ultima modifica: 2025-12-05T13:30:43+00:00 da V
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