Cittadini esasperati sparano contro centro accoglienza
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### Paura e Rabbia a Moio: Quando l’Accoglienza Incontrollata Trasforma i Borghi Italiani in Zone di Guerra – Basta, Fermate Questa Invasione!
**Agropoli (Salerno), 9 dicembre 2025** – L’Italia dei piccoli borghi, quella terra di pace e tradizioni millenarie, sta diventando un campo minato per colpa di un sistema di accoglienza immigrati che ha perso ogni bussola. A Moio Alto, frazione di Agropoli, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è esplosa l’altra sera con una raffica di colpi di pistola sparati contro il Centro di Accoglienza Straordinario (CAS) per migranti, un gesto estremo che grida l’esasperazione di una comunità stremata. Non approviamo la violenza – e i responsabili devono essere puniti con la massima severità –, ma come non comprendere la disperazione di cittadini che si sentono traditi dallo Stato? Mentre un nuovo centro per 70 clandestini sta per aprire i battenti nello stesso quartiere, i residenti vivono nel terrore: “Nessuno ci ha informati, questa mancanza genera solo paura”, lamentano. È il fallimento epico di politiche buoniste che sacrificano gli italiani sull’altare di un’accoglienza senza regole, prosciugando risorse e seminando caos.
Andiamo con ordine, perché questa non è una storia isolata, ma il sintomo di un cancro che divora il nostro Paese. Domenica 7 dicembre, intorno alle 21:20, un gruppo di ignoti a bordo di un fuoristrada bianco 4×4 ha pedinato alcuni giovani migranti nordafricani che tornavano al CAS di Via Moio, gestito dalla coop Ermes Accoglienza. Appostati fuori dal cancello, hanno aperto il fuoco con una pistola.
Il messaggio è chiaro: “Basta, non ne possiamo più!”. I Carabinieri sono intervenuti subito, raccogliendo testimonianze e setacciando la zona con i RIS per le tracce balistiche. Le indagini puntano alla reazione dopo una serie di furti e violenze nei dintorni del centro addebitate ai “nuovi arrivati”. La direzione del centro tuona: “Questo odio è alimentato da pochi elementi online che infangano tutta Agropoli. Siamo sconcertati da questi individui”.
Il TAR di Salerno, il 4 dicembre, ha bloccato l’ordinanza comunale che voleva chiudere il CAS per irregolarità: spazi insufficienti, mancanza di dignità per gli ospiti. Un ricorso della coop ha ribaltato tutto, riaprendo le porte a decine di migranti in un borgo già al limite. E come se non bastasse, nello stesso Moio, un ex hotel venduto all’asta è stato trasformato in un nuovo centro per altri 70 clandestini, trasferiti da Ascea dopo la chiusura per abusi. I residenti? Informati a cose fatte, o peggio, non informati affatto. “Siamo preoccupati, nessuno ci ha detto nulla – sbottano i locali al Giornale del Cilento –. Questa opacità genera solo paura”. Il Comune ha sospeso temporaneamente l’autorizzazione, in attesa di verifiche urbanistiche e antincendio (già emerse criticità strutturali), e la Prefettura veglia per la regolarità. Ma il danno è fatto: famiglie terrorizzate, bambini che non giocano più fuori, un quartiere che si sente sotto assedio. Non si parla di proteste organizzate, ma l’aria è elettrica – e gli spari di ieri sono l’eco di un’esasperazione repressa troppo a lungo.
La violenza non risolve nulla. Ma, onestamente, chi può biasimare la rabbia di chi vede il proprio borgo trasformato in un “ostello per clandestini”? Gli italiani tirano la cinghia per tasse alle stelle e servizi al collasso. Eppure, eccoli lì: 70, forse 100 migranti in arrivo, con i relativi costi – miliardi di euro pubblici che finiscono in cooperative e affaristi, mentre le scuole locali implorano fondi e le strade sono buie come tombe. È il business dell’accoglienza 2.0: strutture aperte in fretta e furia, irregolarità coperte da ricorsi facili, e i cittadini? Lasciati a cavarsene da soli, tra furti presunti, tensioni sociali e un senso di estraneità che corrode l’anima del territorio.
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Questa storia di Agropoli non è un’eccezione: è la norma in un’Italia invasa da oltre 150mila “ospiti” in 10mila centri, tra cui 20mila presunti minori che spesso si rivelano maggiorenni con documenti falsi. Ricordate Piacenza, con l’hotel devastato e i contribuenti costretti a risarcire l’affarista? O Brescia, dove una donna è stata massacrata da un clandestino recidivo? La gente comune, quella che lavora 12 ore al giorno per mantenere la famiglia, si sente tradita: i politici promettono “stop all’invasione” ma firmano ordinanze che vengono ribaltate dai giudici, le ONG incassano sovvenzioni e i social amplificano il veleno. Non è odio razziale, è sopravvivenza: “Vogliamo sicurezza, trasparenza, rispetto per chi qui è nato e ha costruito tutto”, dicono i residenti di Moio. E hanno ragione. L’accoglienza non può essere un dogma ideologico che ignora i costi umani e economici sulle spalle degli italiani.
È tempo di dire basta, con fermezza e civiltà. Il governo Meloni deve imporre confini veri, non slogan: remigration per i clandestini, chiusura immediata di centri irregolari, coinvolgimento obbligatorio delle comunità locali in ogni decisione. Aboliamo il caos dei CAS. Condanniamo la violenza, ma ascoltiamo l’urlo esasperato di un popolo che chiede solo di vivere sereno nella sua terra. Altrimenti, la prossima raffica non sarà solo un avvertimento: sarà la scintilla di una rivolta. Svegliamoci, prima che sia troppo tardi.



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