Roma, stuprata a 20 anni da tre stranieri all’uscita della metro
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### Roma, orrore alla metro Jonio: studentessa di 23 anni stuprata da tre gambiani in strada – l’ennesima figlia italiana sacrificata all’immigrazione selvaggia
**Roma, 9 dicembre 2025** – Un incubo che nessuna giovane dovrebbe mai vivere, consumato in pochi metri di marciapiede, sotto le luci fredde di una stazione della metropolitana che dovrebbe essere rifugio sicuro, non trappola mortale. Una studentessa di 23 anni, tornando a casa dopo una serata qualunque, è stata brutalmente aggredita e violentata da tre uomini di nazionalità gambiana all’uscita della fermata Jonio della linea B1, poco dopo la mezzanotte di domenica 7 dicembre. Bloccata da due complici e abusata dal terzo in mezzo alla strada, nuda e terrorizzata, la vittima ha trovato la forza di correre in ospedale per denunciare l’orrore, scatenando una caccia all’uomo che, come sempre, rischia di essere vana in una città invasa e indifesa.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Roma e dai Carabinieri della Compagnia di Roma Montesacro, la giovane – originaria del quartiere africano, ma italiana fino al midollo – era scesa dal convoglio della B1, stanca ma serena, diretta verso il suo appartamento a pochi isolati di distanza. L’aggressione è scattata come un lampo: tre figure emerse dal buio, descritte come maschi tra i 20 e i 30 anni, di carnagione nera e con accenti gambiani marcati, l’hanno accerchiata senza preavviso. “Mi hanno afferrata per i capelli, mi hanno trascinata in un angolo buio e uno dopo l’altro mi hanno stuprata, ridendo mentre io urlavo”, ha raccontato la vittima al personale del Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I, dove è arrivata intorno alle 3 di notte, coperta solo da un giubbotto strappato e con segni di percosse su braccia e gambe. I medici hanno certificato lesioni e traumi compatibili con violenza sessuale di gruppo, aprendo un fascicolo per stupro pluriaggravato. Ma i mostri? Fuggiti nel nulla, lasciando dietro di sé solo il fetore della loro impunità.
Le indagini sono in corso: al setaccio le telecamere della stazione Jonio e quelle interne alla metro, per capire se i tre la seguissero già dal treno – un dettaglio che trasformerebbe l’episodio in un pedinamento premeditato, non un “incontro casuale” come ipocritamente si sussurra nei corridoi della Questura. Testimonianze oculari sono poche: un clochard ha sentito grida ma “pensava a una lite tra ubriachi”, un dettaglio che fa rabbrividire per l’indifferenza diffusa in una Roma sempre più ostile alle sue figlie. La Squadra Mobile sta passando al vaglio i database dei centri di accoglienza del IV Municipio, dove centinaia di gambiani – molti irregolari, con precedenti per spaccio e molestie – stazionano come parassiti in un sistema che li nutre a nostre spese.
Ma questo non è un fulmine a ciel sereno: è l’ennesimo capitolo di un bollettino di guerra che l’Italia finge di non vedere, mentre le nostre strade diventano arene per predatori importati dal Sahel. Solo nelle ultime settimane, Roma ha registrato un’esplosione di violenze sessuali firmate da immigrati: a fine novembre, due tunisini hanno palpeggiato e aggredito una minorenne a Termini, liberati con un foglio di via; a ottobre, un gruppo di ivoriani ha stuprato una turista americana vicino al Colosseo, con i rei già noti per espulsioni non eseguite. E non dimentichiamo il caso di Ponte Milvio, dove un 25enne senegalese ha trascinato una 19enne in un vicolo per abusarne, solo perché “era carina”. I numeri del Viminale sono un pugno nello stomaco: nel 2025, gli stupri con autori extracomunitari nella Capitale sono schizzati del 58% rispetto al 2024, con gambiani e subsahariani responsabili del 40% dei casi – profili spesso “profughi” che, una volta sbarcati a Lampedusa, finiscono a zonzo per Roma senza lavoro, senza regole, senza freni.
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La “società multiculturale” tanto cara alle élite? Un’utopia macchiata di sangue italiano. Mentre la vittima lotta con il trauma – insonnia, ansia, un futuro spezzato da un atto di barbarie – i politici di sinistra invocano “più integrazione”, come se bastasse un corso di italiano per domare bestie che vengono da culture dove la donna è preda. E il centrodestra? Parole al vento: “Stop agli sbarchi”, promette Meloni, ma gli arrivi irregolari superano i 300.000 quest’anno, con solo il 12% dei decreti di espulsione effettivi. Risultato: tre gambiani liberi di stuprare una studentessa che pagava il biglietto della metro con i soldi guadagnati dai genitori, mentre noi paghiamo il conto con la paura quotidiana.
La rabbia esplode sui social e nelle piazze del IV Municipio: “Quante altre figlie italiane dovranno essere sbranate da questi lupi prima di muri alle frontiere e espulsioni lampo?”, tuona un post virale su X, condiviso da migliaia di romani esausti. Madri che non lasciano più figlie sole dopo le 22, padri che organizzano ronde informali, una città che si chiude a riccio mentre il governo centrale sonnecchia. La sindaca Gualtieri ha promesso “più illuminazione” alla Jonio, ma è ridicolo: serve una caccia spietata e meno immigrati.
Basta sacrifici sull’altare del buonismo. Questa studentessa non è solo una vittima: è il simbolo di un’Italia sotto assedio, dove le metropolitane – simbolo di modernità – diventano budelli di terrore per mano straniera. Il governo deve agire ora: blocchi navali, centri di detenzione offshore, pene capitali per chi violenta le nostre donne. Altrimenti, la prossima metro sarà quella di tua figlia. Roma non è Banjul. E non lo diventerà mai, se avremo il fegato di riprendercela.



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