Quante altre figlie d’Italia lasceremo stuprare agli africani?
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### Quante Donne Italiane Devono Ancora Essere Sbranate Prima che il Governo Interveni con Ferocia?
**Roma, 10 dicembre 2025** – Cosa deve succedere ancora, Giorgia Meloni?
Quante altre figlie italiane devono essere trascinate per i capelli, violentate in branco e lasciate urlanti nel buio prima che il tuo governo smetta di parlare e inizi ad agire ferocemente contro l’immigrazione selvaggia che sta trasformando l’Italia in un mattatoio a cielo aperto?
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La risposta è arrivata nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, davanti alla fermata Jonio della metro B1, tra Val Melaina e Tufello: una studentessa fuorisede di 23 anni, sola, appena scesa dal convoglio intorno a mezzanotte, è stata circondata da tre uomini di origine africana – sui social e nelle chat dei residenti si parla apertamente di gambiani – bloccata da due mentre il terzo la stuprava con violenza bestiale, proprio lì, a pochi metri dai tornelli, in un’area che di giorno è piena di studenti e famiglie.
Ha urlato per minuti. Nessuno è intervenuto.
L’area era deserta, come ogni notte dopo le 23, perché a Roma, nel 2025, una donna che prende la metro da sola dopo cena è considerata carne da macello.
Alle tre del mattino è arrivata da sola, a piedi, sanguinante e in stato di shock, al Pronto Soccorso del Sandro Pertini.
Ha raccontato tutto ai Carabinieri, tra i singhiozzi: «Mi tenevano in due, il terzo mi ha violentata mentre ridevano».
Telecamere al setaccio, indagini “a ritmo serrato”, ma i tre sono già fantasmi.
Come sempre.
E non è “un caso isolato”.
È la regola.
A fine agosto, sempre a Roma, **Tor Tre Teste**: un gambiano di 26 anni con permesso umanitario, strafatto di crack, violenta una donna di 60 anni che portava a spasso il cane all’alba.
«Ero drogato», dice per scusarsi.
Lo arrestano, ma solo dopo che, secondo gli inquirenti, aveva già stuprato un’altra donna nei giorni precedenti.
Ottobre, sempre **Tor Tre Teste**: tre marocchini fermano un’auto con una coppia di fidanzati 18enni, picchiano il ragazzo, lo immobilizzano e stuprano la ragazza sul sedile posteriore mentre lui è costretto a guardare.
E ora Jonio.
Stessa dinamica: branco, notte, luogo pubblico trasformato in terreno di caccia, vittima italiana sola, aggressori africani, fuga nel nulla.
Tre stupri di gruppo in quattro mesi, tutti nella stessa città, tutti con autori stranieri (gambiani, marocchini), tutti in quartieri popolari dove il PD ha svuotato le strade di polizia per riempirle di “risorse”.
E il governo cosa fa?
Parla.
Promette.
Nel frattempo Gualtieri regala 400.000 euro alle cooperative per ospitare gratis i “nuovi italiani” nelle case dei romani, e definisce “stupidi” quelli che osano dire basta.
Ma la domanda vera, drammatica, insopportabile è questa:
**Quante ne devono stuprare ancora prima che qualcuno a Palazzo Chigi abbia il coraggio di ordinare l’unica cosa che funziona davvero?**
– Blocco navale vero, non di facciata
– Centri di identificazione in Albania o Libia, non chiacchiere
– Esercito nei quartieri-ghetto per rastrellamenti casa per casa
– Espulsioni di massa con voli militari, anche a costo di strappare accordi con Gambia, Marocco, Tunisia
– Revoca immediata di ogni permesso umanitario a chi delinque
– Castrazione fisica obbligatoria per stupratori stranieri
Perché non stiamo più parlando di “integrazione fallita”.
Stiamo parlando di guerra asimmetrica: loro violentano, noi paghiamo le cure, le cooperative incassano, i giudici li rimettono in libertà per “mancanza di flagranza differita”.
La studentessa di 23 anni che ieri notte urlava aiuto davanti alla metro Jonio non è una “vittima di cronaca”.
È la figlia di tutti noi.
È l’Italia che viene stuprata ogni giorno mentre il governo guarda altrove.
Allora, Presidente Meloni, Ministro Piantedosi, vi prego, rispondete con sincerità a questa domanda che ci tormenta:
**Quante altre figlie italiane devono essere violentate in branco da gambiani e marocchini prima che dichiariate guerra vera a questa invasione?**
Dieci? Cento? Mille?
O aspettiamo che succeda a vostra figlia, a vostra sorella, a vostra moglie?
Perché se non intervenite ora, con la ferocia che questa guerra richiede, un giorno quelle urla disperate davanti a una fermata della metro potrebbero essere di qualcuno che amate.
E allora non basteranno più le scuse, le task force, i tavoli tecnici.
Basterà solo il pianto di un padre che non è riuscito a proteggere la propria bambina.
Svegliatevi.
O sarà troppo tardi per tutte noi.


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