Maranza vogliono uccidere i ragazzi davanti alle scuole
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### La generazione dell’odio: i figli dell’immigrazione massacrano gli italiani davanti alle scuole, è tempo di remigrazione totale
L’Italia è sotto assedio nelle sue stesse strade, periferie, sottopassaggi e persino davanti alle scuole: una guerra silenziosa condotta dai figli dell’immigrazione di massa, quella seconda generazione cresciuta con i nostri sussidi, le nostre scuole e le nostre opportunità, che ha scelto di ripagarci con un odio razziale viscerale, coltellate e pestaggi gratuiti. Non sono “ragazzi in difficoltà” o “vittime della società”, come ciancia il buonismo ideologico: sono predatori organizzati, spesso intrisi di un risentimento anti-italiano che vede nei nostri giovani una preda da umiliare, ferire, forse uccidere.
A Sesto San Giovanni, nel primo pomeriggio del 18 dicembre, un ragazzo di 18 anni è stato accoltellato da tre soggetti di origine nordafricana proprio nei pressi dell’Istituto De Nicola, fuori da una scuola, in pieno giorno. Un’aggressione violenta per una lite banale, che ha lasciato il giovane ferito e la comunità sconvolta. Il sindaco Roberto Di Stefano, parlando da padre prima che da primo cittadino, ha espresso massima solidarietà alla vittima e ai familiari, definendo l’episodio “gravissimo e inaccettabile”: “Siamo stufi di raccontare situazioni di questo tipo, con baby gang, maranza e gruppi di violenti che trasformano le nostre città in luoghi di regolamenti di conti. Se qualcuno crede che in Italia tutto sia permesso, si sbaglia di grosso”. E ha ragione: auspica arresti immediati e certezza della pena, senza i soliti rilasci lampo che rendono vana ogni giustizia.
Poche ore prima, a Milano, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre, un altro giovane di 21 anni è stato circondato da un branco di “maranza” in via Ovada, quartiere Barona: bastonate feroci, coltellate multiple alla testa, al torace e alle braccia. Ora lotta tra la vita e la morte al Policlinico, derubato di tutto. I responsabili? Ancora liberi.
E ancora: a Treviso, nel sottopassaggio della stazione, un 26enne italiano massacrato senza motivo da tre giovani nordafricani, con pugni e insulti razziali – una vera “caccia all’italiano”.
Non dimentichiamo l’orrore di Isernia, dove un immigrato ha compiuto atti osceni davanti alla vetrata di un asilo nido, profanando un luogo di innocenza pura sotto gli occhi potenzialmente dei bambini più piccoli.
Questi episodi non sono coincidenze: sono il frutto marcio di decenni di immigrazione incontrollata, ricongiungimenti familiari indiscriminati e integrazione fallimentare. La seconda generazione, nata o cresciuta qui, non è emarginata: è spesso privilegiata rispetto a molti italiani, eppure sceglie la violenza tribale, l’odio etnico, il disprezzo per la nostra civiltà. Davanti alle scuole, nei sottopassaggi, per le strade: attaccano i nostri figli perché italiani, perché “infedeli”, perché simbolo di un Paese che li ha accolti e che vorrebbero sottomettere.
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I buonisti continuano a parlare di “rieducazione”, “inclusione” e “progetti sociali”. Ma quante coltellate devono ancora piovere sui nostri ragazzi prima di capire che l’integrazione è impossibile con culture radicalmente ostili? È tempo di remigrazione radicale: non basta espellere i singoli delinquenti. Bisogna azzerare i ricongiungimenti familiari, revocare permessi e cittadinanze acquisite per catene migratorie, rimpatriare interi nuclei che generano violenza e odio. Chi delinque, anche se nato qui da genitori stranieri, deve perdere ogni diritto di restare: via con la famiglia, senza appelli.
Chiudiamo le frontiere una volta per tutte, imponiamo tolleranza zero, restituiamo l’Italia agli italiani. Altrimenti, saremo noi a dover emigrare dalle nostre città, lasciando che baby gang e maranza trasformino scuole e strade in territori di conquista. La misura è colma: remigrazione ora, o addio alla nostra nazione. I nostri figli non possono più vivere con la paura.


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