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**Crosetto e la svendita della sovranità: un tradimento mascherato da pragmatismo**

Le parole di Guido Crosetto alla festa del *Foglio* sono un pugno nello stomaco per chiunque creda nella sovranità nazionale. Soprattutto ai suoi elettori che già avevano creduto al blocco navale e invece si ritrovano un premier che per lavoro fa l’aspirante soubrette del mondialismo.

Il ministro della Difesa, con un’arroganza che mal si concilia con il suo ruolo, ha avuto il coraggio di proporre la cessione di pezzi fondamentali della nostra indipendenza all’Unione Europea, come se l’Italia fosse un’entità sacrificabile sull’altare di un’utopia globalista. La sua tesi? Senza rinunciare alla sovranità in settori chiave, l’Europa sarebbe condannata all’irrilevanza economica e politica di fronte a colossi come USA e Cina. Un ragionamento non solo miope, ma pericolosamente servile, che puzza di resa e di sudditanza a un’élite burocratica lontana dai bisogni reali degli italiani.

Crosetto si erge a profeta di sventura, agitando lo spettro di un’Europa frammentata, con i suoi 27 gruppi di ingegneri che lavorano separatamente o approcci diversi nella difesa. E allora? Questa diversità è un problema o una ricchezza? Il ministro sembra ignorare che la competizione interna, la pluralità di idee e la libertà di ogni Stato di perseguire le proprie priorità sono il motore dell’innovazione, non un ostacolo. La sua soluzione – un’Europa centralizzata che soffoca le identità nazionali in nome di una presunta efficienza – è un’aberrazione che ci condannerebbe a diventare pedine in un gioco geopolitico deciso altrove: una nuova Urss.

E poi c’è quel tono paternalistico, quasi minaccioso: “Quando la gente non ha da mangiare o lavoro, non è più controllabile”. Davvero, ministro? Gli italiani sono un popolo da “controllare” o cittadini che meritano rispetto e un governo che difenda i loro interessi? La sua visione tradisce un disprezzo per la sovranità popolare, ridotta a un ostacolo da superare per compiacere Bruxelles. L’Italia non ha bisogno di svendere la propria autonomia per competere: ha bisogno di leader che credano nelle sue capacità, nelle sue imprese, nei suoi lavoratori, senza inginocchiarsi di fronte a un’UE che troppo spesso si è rivelata un cappio al collo anziché un’opportunità.

Crosetto, con il suo partito Fratelli d’Italia che si professa difensore della Patria, dovrebbe arrossire di vergogna. La sua proposta non è pragmatismo, è capitolazione. È il sogno di un’Europa omologata, dove l’Italia rischia di diventare una provincia senza voce, schiacciata da una burocrazia lontana e da interessi stranieri. La sovranità non è un lusso, è la base della nostra dignità nazionale. E chi, come Crosetto, la baratta per una chimera globalista non merita di rappresentare il nostro Paese.