Harvard vietata ai maschi bianchi: “è un protocollo non scritto”
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Ora Trump li sta mettendo in riga.
### La discriminazione inversa nelle università d’élite: il caso Harvard e l’esclusione dei maschi bianchi
L’addio del professor James Hankins a Harvard, dopo quarant’anni di insegnamento, ha acceso i riflettori su una pratica sempre più diffusa nelle università americane di élite: una discriminazione sistematica contro i maschi bianchi, mascherata da politiche di “diversità, equità e inclusione” (DEI). Come riportato da Federico Rampini sul *Corriere della Sera* il 30 dicembre 2025, Hankins – uno dei più autorevoli studiosi del Rinascimento italiano e della tradizione classica occidentale – ha lasciato l’ateneo di Cambridge per trasferirsi alla Hamilton School of Classical and Civic Education dell’Università della Florida. Il motivo? Harvard ha abbandonato l’eccellenza meritocratica in nome di un’ideologia che punisce chi appartiene alla categoria “sbagliata”: maschio, bianco ed eterosessuale.
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Il caso emblematico citato da Hankins, e ripreso in un post virale su X dall’account @fratotolo2, è quello di uno studente descritto come “il miglior laureando di Harvard”, premiato per il curriculum accademico più brillante della sua classe. Nonostante le credenziali eccezionali, questo giovane maschio bianco è stato respinto da **tutti** i programmi di dottorato a cui aveva fatto domanda, non solo a Harvard ma in varie università prestigiose. Il motivo, secondo quanto Hankins ha appreso da fonti interne e colleghi: un “protocollo non scritto” che impedisce l’ammissione di maschi bianchi per fare spazio a candidati di minoranze etniche o di genere.
Hankins, nel suo saggio *Why I’m Leaving Harvard* pubblicato su *Compact Magazine*, racconta: “Nel 2021 un membro della commissione ammissioni mi disse informalmente che ‘quella cosa’ (cioè ammettere un maschio bianco) ‘quest’anno non poteva succedere'”. E per lo studente “certificatamente brillante”: “Ovunque mi raccontarono la stessa storia: le commissioni di ammissione ai dottorati in tutto il Paese stavano seguendo lo stesso protocollo non scritto”. L’unica eccezione trovata? Un candidato ammesso che “era nato donna”.
Questa non è un’aneddoto isolato, ma il symptom di un cambiamento profondo iniziato dopo l’estate del 2020, con le proteste seguite alla morte di George Floyd. Harvard, come molte altre Ivy League, ha accelerato politiche DEI che privilegiano razza e genere rispetto al merito. Risultato: il dipartimento di Storia ha perso otto professori senior specialisti in campi occidentali (antichi, medievali, moderni) senza sostituirli, mentre si assume in aree “globali” spesso ideologizzate. L’insegnamento della civiltà occidentale – greco-romana, rinascimentale, illuminista – è stato marginalizzato, sostituito da narrazioni che dipingono l’Occidente come fonte di tutti i mali.
Si tratta di razzismo puro e semplice, ma diretto contro i maschi bianchi. In un Paese che ha bandito la discriminazione razziale con il Civil Rights Act del 1964, queste pratiche sono non solo ipocrite, ma potenzialmente illegali. Eppure, vengono giustificate come “riparazione storica” o “diversità necessaria”. Il paradosso è evidente: mentre si condanna ogni forma di razzismo contro minoranze, si tollera – anzi, si incoraggia – l’esclusione di una categoria demografica solo perché storicamente privilegiata.
Le conseguenze sono devastanti. Giovani talenti maschi bianchi, i più qualificati in certi campi, vengono scoraggiati dall’accademia. Il merito viene sacrificato sull’altare dell’ideologia woke, abbassando gli standard complessivi. Hankins lo denuncia senza mezzi termini: Harvard sta tradendo la sua missione di eccellenza, diventando un’istituzione che premia l’identità invece della competenza.
Questo fenomeno non è limitato a Harvard: si ripete in molte università americane, dove i maschi bianchi sono sottorappresentati nei dottorati umanistici nonostante eccellenze individuali. È una forma di razzismo istituzionale che divide la società, alimenta risentimenti e indebolisce l’Occidente proprio nel momento in cui dovrebbe difendere i suoi valori di libertà, merito e universalismo.
L’addio di Hankins è un campanello d’allarme. Se atenei come Harvard continuano su questa strada, perderanno i migliori talenti e la credibilità. L’America pluralista offre alternative – come la Florida, che sta attirando studiosi stanchi del pensiero unico – ma è tempo di dire basta a ogni forma di discriminazione, da qualunque parte provenga. Il merito deve tornare al centro: né razza, né genere, né orientamento sessuale devono contare più del talento e dell’impegno. Solo così le università torneranno a essere luoghi di vera inclusione e progresso.



Finchè riscrivono la Storia sono cacchi loro ma di andare sulla Luna grazie alla loro inclusività non se ne parla proprio ma daranno la colpa ai Fascisti, come sempre succede in questi casi… 😁