Scuola impone il Ramadan a tutti gli studenti
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L’Islamizzazione Silenziosa: Da Berlino a Pioltello, Europa è sotto Attacco
Un’ombra inquietante si allunga sull’Europa, e questa volta il segnale d’allarme arriva da Berlino. La notizia, riportata per prima dalla Bild, ha dell’incredibile: una scuola della capitale tedesca ha tentato di imporre agli studenti della settima classe – ragazzini tra scuola primaria e secondaria – l’obbligo di partecipare a una cerimonia di rottura del digiuno per il Ramadan, l’Iftar. Non un invito, non un’opzione, ma un’imposizione, con tanto di orario preciso (28 marzo, dalle 17:30 alle 20:00) e una lista di cibi fornita dalla scuola. Il tutto accompagnato da una comunicazione sconcertante: “Questo incontro è obbligatorio, poiché cancelleremo un’altra lezione per questo”. Un diktat che ha scatenato la legittima rivolta di genitori e studenti, indignati da una palese violazione della laicità, principio cardine dell’ordinamento scolastico tedesco.
In Germania, come in gran parte d’Europa, la scuola pubblica deve essere un baluardo di neutralità. Nessuna cerimonia religiosa può essere imposta agli studenti. Eppure, a Berlino, si è provato a fare esattamente il contrario. “Il Natale non viene festeggiato a scuola, nemmeno la Pasqua”, ha denunciato un genitore alla Bild, evidenziando l’ipocrisia di un sistema che ignora le tradizioni cristiane, radicate nella cultura tedesca, ma pretende di obbligare i ragazzi a partecipare al Ramadan. La sua domanda finale – “Dove stiamo vivendo?” – risuona come un grido disperato, un appello che attraversa i confini e arriva fino a noi, in Italia.
Perché sì, anche qui da noi la situazione non è diversa. Basta guardare a Pioltello, in provincia di Milano, dove lo scorso anno e anche quest’anno una scuola ha deciso di chiudere per il Ramadan, suscitando polemiche roventi. Una scelta giustificata come “rispetto per la diversità”, ma che in realtà ha alimentato il sospetto di una deriva pericolosa: la sottomissione delle istituzioni laiche a logiche religiose estranee alla nostra tradizione. A Pioltello, come a Berlino, il problema è la presenza di studenti musulmani che porta all’imposizione di queste pratiche a tutti, in spregio alla libertà di scelta e alla neutralità dello Stato.
Tornando a Berlino, la reazione delle autorità è stata inevitabile. Dopo le proteste, il Senato della città è intervenuto per revocare l’obbligo, chiarendo che la partecipazione all’Iftar doveva essere volontaria e che nessuna lezione sarebbe stata cancellata. Quindi, ormai, siamo a sperare che le celebrazioni islamiche siano ‘volontarie’: l’ennesima prova di un’Europa che si piega, passo dopo passo, a un’islamizzazione strisciante.

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E come non pensare alla situazione demografica? A Berlino, come in molte città europee, la popolazione autoctona è in declino, mentre le comunità di origine straniera, spesso musulmane, crescono rapidamente. “Sembra di vivere in Turchia”, ha chiosato il genitore intervistato dalla Bild, e il riferimento non è casuale. In quartieri come Neukölln o Kreuzberg, i tedeschi sono ormai una minoranza, e la cultura islamica plasma sempre più il tessuto sociale. Una trasformazione che non avviene solo per numeri, ma anche per la compiacenza di istituzioni che, in nome del multiculturalismo, rinunciano ai propri principi.
In Italia, il parallelo con Pioltello è lampante. Anche qui si parla di “inclusione”, ma a quale prezzo? Se la laicità viene sacrificata sull’altare del politically correct, cosa resta della nostra identità? E soprattutto, chi decide quale religione debba avere la precedenza? Perché, come a Berlino, anche da noi le festività cristiane – Natale e Pasqua – sono sempre più messe in discussione, mentre altre tradizioni vengono elevate a simbolo di una presunta superiorità morale.
La domanda che aleggia su Berlino, su Pioltello, su tutta Europa è semplice ma inquietante: stiamo assistendo a una lenta erosione dei nostri valori? La laicità, la libertà individuale, il diritto di non essere obbligati a piegarsi a un credo altrui sono conquiste che abbiamo dato per scontate troppo a lungo. Oggi, davanti a casi come questi, dobbiamo chiederci se siamo ancora disposti a difenderle. O se, invece, preferiamo chiudere gli occhi, lasciando che il futuro ci travolga in silenzio.
L’unica difesa, alla fine, è azzerare l’immigrazione islamica regolare.
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