Immigrato uccide donna davanti ai passanti e poi guarda il cadavere compiaciuto
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Femminicidio a Tolentino: L’Immigrazione Alimenta la Violenza

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Le immagini del video girato dopo il femminicidio di Gentiana Hudhra a Tolentino (Macerata) sono un colpo al cuore, un’immagine che grida giustizia e scuote l’Italia. Gentiana, 45 anni, madre di due figli, giace senza vita in una pozza di sangue in viale Benadduci, massacrata a coltellate dall’ex marito, Nikollaq Hudhra, un 55enne albanese. Lui, seduto su una panchina a pochi metri dal corpo, fissa la scena con uno sguardo vuoto, senza traccia di rimorso, come se avesse compiuto un atto dovuto. Questo non è solo un delitto passionale: è l’ennesima dimostrazione che l’immigrazione, quando non accompagnata da integrazione e rispetto delle leggi, diventa un fattore di rischio che trasforma le nostre città in scenari di violenza selvaggia, con le donne come prime vittime.
Il delitto, consumato sabato sera poco dopo le 20 in pieno centro di Tolentino, è di una brutalità che lascia senza parole. Nikollaq Hudhra, arrivato in monopattino per non essere riconosciuto, ha raggiunto Gentiana mentre si recava al lavoro come badante. Con un coltello da cucina nascosto nella tuta, l’ha colpita con almeno dieci fendenti, mirando alla schiena e al collo, per poi infierire con calci sul corpo ormai esanime. Sotto gli occhi impotenti dei passanti, ha completato il suo massacro e si è seduto, dichiarando con glaciale arroganza: “Ho fatto quello che dovevo”. Ai carabinieri, ha confessato, giustificando l’orrore con un’accusa folle: Gentiana, separata da lui dal 2021, avrebbe voluto “avvelenare i figli”. Una scusa delirante, smentita dalla vita di una donna descritta come una madre devota e una lavoratrice instancabile, che si era accollata il mutuo di casa e aveva chiuso i conti con un uomo che, secondo il suo legale, l’aveva vessata per anni.
Questo femminicidio non è un caso isolato, ma un tassello di un problema più grande che l’Italia deve affrontare senza ipocrisia: l’immigrazione che, senza adeguati controlli e percorsi di integrazione, alimenta una violenza brutale. I numeri sono inequivocabili. Secondo il report del Viminale, nei primi tre mesi del 2025, 17 donne sono state uccise in Italia, di cui 14 in ambito familiare-affettivo e 10 per mano di partner o ex. Gli stranieri, che rappresentano circa il 9% della popolazione residente (Istat), sono responsabili di una quota sproporzionata di questi crimini: circa il 25-27% dei femminicidi, secondo stime basate su dati Eures e Viminale. Nel 2024, su 99 donne uccise fino a novembre, il 16% degli autori era straniero, e casi come quello di Gentiana, dove sia vittima che carnefice sono albanesi, evidenziano come la violenza di genere trovi terreno fertile in alcune comunità immigrate. Questi dati non possono essere taciuti: non si tratta di razzismo, ma di riconoscere una realtà che mette a rischio la sicurezza di tutti.
Nikollaq Hudhra è l’emblema di questo fallimento. Bracciante agricolo, residente in provincia di Perugia, ha percorso 120 km per raggiungere Tolentino con un piano preciso: uccidere Gentiana. Ha ammesso di aver tentato altri due agguati nell’ultimo mese, falliti per caso. La premeditazione è evidente: il monopattino per passare inosservato, il coltello nascosto, l’attacco alle spalle. E la sua freddezza dopo il delitto – seduto su quella panchina, senza un’ombra di pentimento – rivela una mentalità che non ha nulla a che fare con i valori di rispetto e civiltà che l’Italia dovrebbe pretendere da chi vive sul suo suolo. La sua origine albanese non è un dettaglio irrilevante: in troppi casi, la violenza contro le donne si nutre di retaggi culturali che vedono la donna come una proprietà, un oggetto da controllare, anche a costo di ucciderla.
Gentiana Hudhra era una donna che incarnava il meglio dell’immigrazione: lavorava duro, sosteneva i figli di 21 e 23 anni, era integrata e amata a Tolentino. Aveva chiuso con un matrimonio tossico, pagando di tasca propria per liberarsi di un uomo che non accettava la sua indipendenza. Ma questo non l’ha salvata da un assassino che, come troppi, ha portato in Italia una mentalità incompatibile con la convivenza civile. La sua morte è un grido d’allarme: non possiamo permettere che le nostre città diventino campi di battaglia per vendette personali e violenze importate.
Basta con il silenzio, basta con il buonismo che ci impedisce di chiamare le cose con il loro nome. L’immigrazione non può essere un lasciapassare per chi disprezza le nostre leggi e i nostri valori. Nikollaq Hudhra non è solo un mostro: è il prodotto di un sistema che accoglie senza pretendere nulla in cambio, che lascia proliferare sacche di degrado dove la violenza contro le donne diventa routine.
..naturalmente le luride e schifose femministe…”ma lui è albanese! e lei pure!” ekkevordì? è successo in Italia quindi fa numero qui…dai segna segna…e i TG “un altro femminicidio che si aggiunge… ecc… ecc..
Tecnicamente certo lo è ma solo il cinismo di taluni soggetti sociali può strumentalizzarlo come se fosse un prodotto del tutto “Made in Italy”