Maranza assaltano locale: siamo i padroni dell’Italia
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L’Italia sotto assedio: i maranza di seconda generazione e la loro guerra dichiarata
Italia, 10 giugno 2025 – L’Italia è in ginocchio, travolta da un’ondata di violenza e arroganza orchestrata da quelli che avrebbero dovuto essere i “nuovi italiani”: gli immigrati di seconda e terza generazione, i cosiddetti maranza. Altro che folklore da social, questi giovani, spesso figli di migranti, si comportano come padroni di un Paese che disprezzano, trasformando piazze, lidi e città in teatri di guerra. L’ultimo episodio al Grecale Beach Club di Vallecrosia è l’ennesima prova di una deriva inarrestabile: un gruppo di maranza ha assaltato il locale, lanciando tavolini, insultando i titolari e spruzzando spray al peperoncino contro lo chef. “Non è più tollerabile”, grida il titolare, dando voce a un’Italia esasperata, ostaggio di bande che si sentono intoccabili.
Vallecrosia: il far west dei maranza
Ieri pomeriggio, il Grecale Beach Club di Vallecrosia è diventato teatro di una scena da film western. Un branco di maranza, descritti come adolescenti violenti e presuntuosi, ha preso d’assalto il lido, “impossessandosi” delle cabine e scatenando il caos quando i titolari hanno osato chiedere loro di andarsene. La risposta? Insulti, lanci di pietre, minacce e un gesto vile: uno di loro ha spruzzato spray al peperoncino contro lo chef. Le telecamere di sorveglianza hanno catturato tutto, smascherando una realtà che non può più essere ignorata. “Non se ne può più. Questi arrivano pensando di fare quello che vogliono, si sentono padroni e vengono solo a dare fastidio”, denuncia il titolare, la cui rabbia è quella di chi si sente abbandonato. Non è un caso isolato: “Già una settimana fa avevamo sporto denuncia per un furto in hotel, eppure la situazione continua. Mi chiedo allora cosa si debba fare per risolvere la questione in maniera concreta: sia io che gli altri esercenti ci siamo scocciati di questa situazione”.
Un’epidemia di violenza
Vallecrosia è solo l’ultimo tassello di un mosaico di caos. Da Milano a Monza, da Como a Brescia, i maranza stanno conquistando il Nord Italia come un esercito senza regole. Con rasature fresche, zaini tarocchi e trap a tutto volume, si muovono in branco, pronti a scatenare risse per uno sguardo o una parola. A Monza, risse con machete e aggressioni a ragazzini hanno costretto il consiglio comunale a riunirsi d’urgenza. A Peschiera del Garda, il 2 giugno, hanno trasformato una gita in una guerriglia, fermati solo dagli ultrà dell’Hellas Verona in uno scontro che sa di guerra culturale. A Vallecrosia, hanno dimostrato di non temere né la legge né il buonsenso. “Questi ragazzi si sentono padroni dell’Italia e fanno ciò che vogliono – continua il titolare – e quel che è peggio è che si sentono legittimati a fare quello che gli pare”. Questa legittimazione nasce da un sistema che li coccola, li giustifica e li lascia impuniti, alimentando la loro arroganza.
Don Alì e la sfida di Verona
Il fenomeno ha trovato un simbolo in Don Alì, pugile torinese di origini marocchine, autoproclamatosi leader dei maranza. Dopo l’umiliazione di Peschiera, dove gli ultrà veronesi hanno disperso le sue bande, ha lanciato una sfida: un raduno l’11 giugno davanti alla stazione di Verona per “cercare” gli avversari. “Li faremo sparire come gli Articolo 52”, ha promesso, riferendosi al gruppo milanese anti-maranza ridotto al silenzio. Con la sua retorica da influencer di strada, Don Alì incarna l’arroganza di una generazione che non chiede, ma pretende, e che usa la violenza come biglietto da visita. La sua chiamata alle armi è un affronto non solo agli ultrà, ma a tutti gli italiani, percepiti come deboli e incapaci di reagire.
L’arroganza dei padroni
“Non è assolutamente la prima volta che queste cose si verificano. Sono persone che vengono solo a creare un danno, e arrivano con un’aria presuntuosa come se fosse loro tutto dovuto. E questo non fa altro che farli sentire ancora più onnipotenti”, denuncia il titolare del Grecale. Questa presunzione è il cuore del fenomeno maranza: si sentono intoccabili, protetti da un sistema che li dipinge come “vittime” invece di carnefici. Le loro azioni – furti, rapine, risse, aggressioni – non sono bravate, ma una strategia per imporre il dominio. A Vallecrosia, hanno trasformato un lido in un campo di battaglia; a Milano, controllano interi quartieri; a Verona, sfidano gli ultrà con proclami sui social. Il messaggio è chiaro: l’Italia è loro, e chi si oppone paga.
Un’Italia tradita
I maranza non sono un problema di ordine pubblico: sono una minaccia esistenziale. Questi giovani, spesso nati in Italia, non hanno alcun rispetto per la nostra cultura, la nostra storia, il nostro senso di comunità. Al contrario, la disprezzano, vedendola come un ostacolo alla loro conquista. Il fallimento dell’integrazione è sotto gli occhi di tutti: invece di cittadini, abbiamo allevato predatori che sfruttano la debolezza di un Paese paralizzato dal buonismo. “Bisogna intervenire in maniera concreta, far capire che certi atteggiamenti non sono accettabili”, implora il titolare del Grecale. Ma le denunce non bastano, i Daspo urbani sono cerotti su una ferita aperta, e le forze dell’ordine sembrano impotenti di fronte a un fenomeno che si autoalimenta.
È ora di dire basta
L’Italia non può continuare a essere ostaggio di chi la vuole distruggere. Servono misure drastiche: espulsioni immediate per i delinquenti, pene severe, controllo del territorio senza sconti. Basta con le giustificazioni, basta con il mito dei “giovani in cerca di riscatto”. I maranza sono carnefici, organizzati e consapevoli, che sfruttano le crepe di una società troppo permissiva. Il raduno di Verona sarà un banco di prova: se le autorità non lo soffocheranno sul nascere, l’Italia manderà un messaggio devastante: siamo un Paese senza spina dorsale, pronto a cedere. Gli italiani devono svegliarsi: non stiamo perdendo solo la sicurezza, ma la nostra identità. I maranza non sono il futuro: sono il nostro incubo. È tempo di reagire, prima che sia troppo tardi.
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